Lettere in redazione
Pochi operai e artigiani nel nostro Parlamento
Nella scorsa legislatura la Camera era composta da 71 donne e 546 uomini. Se guardiamo al titolo di studio, a fronte di 439 laureati e di 167 diplomati, si avevano soltanto 7 con la sola licenza media e 1 con quella elementare. Al Senato le donne erano 45 contro 277 maschi. Anche qui la stragrande maggioranza era di laureati (228), seguita dai diplomati (89). Solo 7 senatori erano in possesso della licenza media e 3 della formazione professionale. Per Palazzo Madama conosciamo anche la professione dichiarata: impiegato dirigente (55), avvocato (46), professore universitario (37), giornalista (33), imprenditore (32), insegnante (26), pubblicista (termine piuttosto vago, 25), impiegato (22), consulente (17), funzionario di partito (17, medico (14), ingegnere (12), magistrato (10). Agli ultimi posti troviamo, ovviamente, operaio (3) e casalinga (1), mentre gli artigiani non compaiono neanche. Questo per dire che il problema della rappresentanza c’è. Prima di tutto per l’universo femminile, che è fortemente sottodimensionato e poi per le professioni più ordinarie. Ma non credo che il ritorno del proporzionale, che lei auspica, possa risolvere questi problemi. Anche perché il sistema attuale, voluto dal centrodestra alla fine della precedente legislatura, teoricamente è proprio un sistema proporzionale, seppur corretto con premi di maggioranza e sbarramenti. Casomai sarebbe più utile reintrodurre il voto di preferenza che stimolerebbe i partiti come avveniva in passato a candidature più rappresentative della società italiana. Ma anche allora, non illudiamoci, ad essere eletti erano sempre i soliti.
Claudio Turrini