Come vescovo sconsiglio vivamente qualunque persona di rivolgersi a mamma Ebe e di darle credito: ribadisco che né mamma Ebe né le associazioni da essa fondate, animate, sostenute hanno riconoscimento alcuno di tipo ecclesiale. Così mons. Mansueto Bianchi, il 10 febbraio 2007, rilasciando una chiara dichiarazione sulle vicende che anche allora coinvolsero la signora Gigliola Giorgini arrestata questo pomeriggio insieme al marito e ad altri collaboratori con l’accusa di sodalizio criminale dedito all’associazione per delinquere finalizzata all’esercizio abusivo della professione medica e alla truffa aggravata.Mons. Bianchi era appena arrivato a Pistoia (è sul territorio di questa diocesi che opera la Giorgini): prese possesso della diocesi nel dicembre 2006 e pochi mesi dopo fu costretto a intervenire come ripetutamente aveva fatto il suo predecessore Simone Scatizzi, oggi vescovo emerito – per ribadire con estrema nettezza la chiara e trasparente linea di mons. Scatizzi. In quei giorni Gigliola Giorgini era comparsi su Rete4 intervistata da un giornalista che si era finto cliente recandosi nella villa sul San Baronto.A un vescovo scrisse in quella occasione mons. Bianchi competono solo giudizi di tipo pastorale ed ecclesiale: non si può certo chiedergli di surrogare o di sostituirsi a giudizi di altra natura che, comprese le vicende giudiziarie, appartengono ad altre sfere. Tutto ciò che la signora Giorgini dice e fa, lo dice e lo fa senza riconoscimento alcuno di tipo ecclesiale. Come vescovo, anzi, sconsiglio vivamente qualunque persona di rivolgersi a mamma Ebe e di darle credito. Più volte, in quella nota del febbraio 2007, mons. Bianchi ribadì (con chiarezza e senza equivoci) che la Chiesa non ha dato riconoscimenti a questo tipo di attività e che ogni persona, in particolare le persone più fragili e più deboli, debbano prestare doverosa cautela evitando dunque di rivolgersi a santoni e simili che usano, a copertura delle loro attività, nientemeno che Gesù Cristo e la Madonna.