Vita Chiesa

Pisa festeggia mons. Plotti, arcivescovo da vent’anni

di Tommaso StrambiVenti anni. Un tempo lungo nella vita di un uomo, ma anche un piccolo segmento di fronte all’eternità. Soprattutto per un sacerdote, un uomo che ha deciso di rispondere alla chiamata del Signore e di seguirlo sulle orme degli Apostoli. Proprio come monsignor Alessandro Plotti (nella foto), arcivescovo di Pisa, che in questo fine settimana festeggia i venti anni dall’ingresso nella diocesi della Torre pendente. Era il 17 giugno del 1986, infatti, quando monsignor Benvenuto Matteucci nel corso del solenne Pontificale di San Ranieri, patrono della città, consegnò, dopo 18 anni di servizio episcopale alla Chiesa pisana, il Pastorale e la Cattedra della diocesi di Pisa a monsignor Plotti.

Un anniversario che, questo sabato alle 11, sarà ricordato durante una concelebrazione eucaristica nella Cattedrale presieduta dallo stesso arcivescovo. Con lui concelebreranno: i vescovi «pisani» Lorenzo Baldisseri (Nunzio apostolico in Brasile), Vasco Giuseppe Bertelli (emerito di Volterra), Giovanni Santucci (Massa Marittima-Piombino), Riccardo Fontana (Spoleto-Norcia) e Giovanni Paolo Benotto (Tivoli); i vescovi delle diocesi suffraganee di Pisa e il Nunzio Apostolico in Italia, Paolo Romeo.

Bolognese di nascita, comasco di formazione, studi in Lettere alla Cattolica di Milano e laurea in teologia alla Pontificia Università Lateranense come allievo dell’Almo Collegio Capranica, monsignor Alessandro Plotti fino al giugno del 1986 era stato vescovo ausiliare di Roma, al fianco del cardinale Ugo Poletti. Ma prima aveva svolto la sua azione pastorale, come vicario parrocchiale nella borgata romana di Prima Porta, come assistente spirituale e docente di Teologia alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e, successivamente, come parroco della comunità di Santa Lucia a Roma.

Da quel 17 giugno del 1986 sono passati venti anni. Anni intensi, carichi di impegni, in cui monsignor Plotti si è speso per annunciare e testimoniare a tutti, credenti e diversamente credenti, il Vangelo di Cristo. Senza mai risparmiarsi. Come attestano le oltre 50mila cresime celebrate in tutte le parrocchie della diocesi, le visite pastorali, i convegni ecclesiali, le ordinazioni presbiterali, i ritiri, i pellegrinaggi e i tanti incontri. Venti anni in cui, oltre al ruolo di Pastore della Chiesa pisana, ha ricoperto importanti incarichi nazionali (Presidente dell’Unitalsi e Vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana) e regionali (Presidente della Conferenza Episcopale Toscana). Come tutti gli anniversari, anche questo offre un’occasione per fermarsi un momento, per guardarsi indietro, ripensare a ciò che è stato, ma anche per riflettere sul ruolo del vescovo nella società contemporanea.

Eccellenza, quale crede sia stata la cifra del suo servizio pastorale e cosa rimarrà per il domani?

«Questo non lo so. È nelle mani di Dio. Comunque ritengo di aver cercato in tutti i modi di essere, intanto, presente il più possibile nei vari momenti più significativi della diocesi e della vita delle parrocchie. Qualcuno mi ha accusato anche di troppo presenzialismo, però, ritengo che il vescovo deve farsi presente anche fisicamente. Quindi ho accettato anche un ritmo di vita piuttosto accelerato. Non è più possibile che un vescovo governi una diocesi stando seduto alla scrivania. Quindi l’accoglienza, l’accessibilità, il dialogo, l’ascolto queste cose mi sembrano importanti».

Chi è oggi il vescovo nella società attuale?

«Il vescovo per sua natura è il punto di riferimento per la comunità ecclesiale. È chiaro, poi, che la comunità ecclesiale non vive per conto suo, ma vive dentro la società civile. Quindi credo che il vescovo prima di tutto deve occuparsi dei propri fedeli, delle persone che sono affidate alle sue cure, che sono i credenti. Poi è chiaro che il vescovo deve anche stimolare nei laici e nei non credenti un dialogo, un rapporto con il Vangelo, in un clima di grande libertà e di chiarezza. Quindi il vescovo ha anche un ruolo sociale di fatto. Perché deve, in qualche modo, animare sempre di più tutta la società con quei valori cristiani che sono parte integrante della nostra cultura. In un mondo che si secolarizza sempre di più, credo che il vescovo debba essere punto di riferimento nella società affinché certi valori non vengano calpestati, ma promossi come sono la vita, la dignità della persona, anche sotto gli aspetti della libertà e della giustizia».