L’aborto? «Un crimine contro la vita e un’aggressione contro la società». Benedetto XVI lo ha ripetuto pochi giorni fa parlando ai vescovi dell’America Latina. Un intervento articolato quello di papa Ratzinger che, ancora una volta, ha detto «no alla scienza che spezza la vita».Una riaffermazione forte di un valore sempre più spesso messo in discussione nella società odierna. Come dimostra anche la recente vicenda della pillola abortiva, la RU486, che ha portato l’ospedale Lotti di Pontedera sulle prime pagine della stampa nazionale. Con il ginecologo Massimo Srebot, impegnato a sostenere le ragioni del progresso della scienza, sulla base di una presupposta migliore salvaguardia della salute della donna. Un ragionamento capace certamente di far presa sull’opinione pubblica, ma come ha rilevato l’arcivescovo Alessandro Plotti, nei giorni in cui a Pontedera si attendevano le prime confezioni di Mifegyne, «sul piano etico e culturale, occorre domandarsi se l’idea di un aborto più facile non finisca per indebolire ulteriormente il principio della tutela sociale della maternità». Un problema dunque, ancor prima che sanitario, culturale. Il rischio è che da evento eccezionale l’interruzione volontaria della gravidanza diventi un sistema contraccettivo. Basta leggere il rapporto statistico dell’Istat 2005 per rendersene conto. «Se si considerano i tassi di abortività specifici per età – scrivono i ricercatori – si osserva che il valore più alto al 2002 si riferisce alla classe 20-24 anni (14,7 casi per mille donne), mentre nel 1992 questo era in corrispondenza della classe 30-34 anni (con un tasso pari a 17,5)». Nel corso del tempo dunque si è assistito a un cambiamento generale delle dinamiche all’interno delle classi d’età: «a metà degli anni Novanta i tassi di abortività delle donne giovani hanno superato quelli delle donne più mature». Se a questa lettura confrontiamo il dato dell’età media dei giovani che si uniscono in matrimonio scopriamo che questa, nello stesso periodo, si è progressivamente innalzata: dai 23-24 anni registrati agli inizi degli anni Novanta, si è passati ai 29-31 anni del 2000. Non solo. Nello stesso periodo si è assistito anche ad una riduzione del numero complessivo dei matrimoni. Una riduzione che si è fatta ancora più sensibile negli ultimi due anni. «Per quanto riguarda la nuzialità del 2004 – si legge ancora nel rapporto statistico 2005 dell’Istat – continua il calo del numero di matrimoni riscontrato l’anno precedente. Si passa infatti dai quasi 250 mila matrimoni del 2003 ai soli 206 mila del 2004, con un tasso che cala dal 4,5 al 4,3 per mille». Da ciò si deduce quindi che le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza nella maggioranza dei casi lo fanno al di fuori del matrimonio. Pertanto è lecito supporre che l’aborto sia considerato alla stregua di un sistema contraccettivo. Il rischio dunque paventato dall’arcivescovo Plotti che «un aborto più facile finisca per indebolire ulteriormente il principio della tutela sociale della maternità», è più che reale. Come evidenziano anche i dati sulle interruzioni volontarie di gravidanza elaborati dalla regione Toscana e relativi al nostro territorio. Se è vero, che a livello regionale, negli anni si è registrato un decremento del 49,84 per cento delle Ivg (nel 1980 furono 17.471, nel 2004 sono state 8.763), è anche vero che nel nostro territorio negli ultimi anni si è purtroppo assistito ad un’inversione di tendenza: dalle 924 Ivg del 2003 (528 praticate dall’Asl 5 e 396 dall’Azienda ospedaliera universitaria pisana) si è passati alle 985 Ivg del 2004 (569 all’Asl 5, 416 all’azienda ospedaliera universitaria pisana).Di fronte a questi dati diventa quindi sempre più importante, come ha affermato l’arcivescovo Plotti, «non rinunciare ad impegnarsi e a educare in alcune precise direzioni: l’accoglienza come dono di Dio di ogni vita nascente, la sua tutela soprattutto nelle circostanze più drammatiche e precarie e ad una maternità e paternità responsabili», ma anche sostenendo e potenziando le attività dei Centri di aiuto alla vita che sempre più spesso, in maniera silenziosa ma efficace, aiutano molte donne a portare a termine le loro gravidanze, sostenendole moralmente, economicamente ed anche nelle loro scelte. Un impegno e un’attenzione non solo dei cattolici, ma di tutti gli uomini di buona volontà.