Dossier

Piombino e l’Elba rischiano grosso

di Andrea FagioliPoco più di tre anni fa, nel dicembre 1999, la superpetroliera «Erika» naufragò nell’Atlantico, vicino alle coste francesi, distruggendo i fondali della Bretagna.«Quella superpetroliera – ci racconta Erasmo D’Angelis – sarebbe dovuta passare anche nel canale di Piombino. Quasi ogni giorno, in quel tratto di mare, lungo le coste di Piombino e dell’Isola d’Elba, transitano vere e proprie bombe ecologiche potenziali della portata di Erika e della Prestige».

Il perché è presto detto: perché è una delle rotte più economiche per il collegamento di La Spezia e Livorno con il Sud dell’Italia.

«Anche la Prestige, colata a picco lungo le coste della Galizia, ha transitato dalla Toscana prima di riversare in mare e nelle coste spagnole tonnellate di petrolio», spiega ancora il consigliere regionale della Margherita che per otto anni, prima di candidarsi alle elezioni, è stato presidente regionale di Legambiente Toscana mentre tuttora collabora con «Goletta Verde» ed è fra i promotori di «Festambiente», che da anni si svolge nel grossetano.«Persiste nei nostri mari, al largo dell’Arcipelago Toscano in particolare, un transito continuo e incontrollato di vere e proprie carrette del mare, superpetroliere insicure, a scafo singolo, in grado di distruggere ecosistemi e intere economie turistiche. Il mare della Toscana – lamenta D’Angelis – è, nonostante gli sforzi delle capitanerie, privo di difese e non possiamo più perdere tempo».

Ma non ci sono «solo» i rischi legati alle petroliere e agli eventuali incidenti marittimi. «Occorre evidenziare che, per le dimensioni e le caratteristiche del nostro mare, per la sua qualità e per l’importanza del turismo nella nostra economia, è assai forte – a giudizio dell’ex presidente regionale di Legambiente – l’impatto prodotto dai cosiddetti cicli operativi della navigazione: lavaggio delle cisterne, scarico delle acque di zavorra, di sentina, ecc. Gli addetti ai lavori lo definiscono inquinamento volontario, ma si calcolano in almeno 600 mila le tonnellate annue di idrocarburi che per queste pratiche finiscono nel Mediterraneo ed è come se almeno quattro superpetroliere tipo Prestige scaricassero ogni anno il loro petrolio in mare».

Tornando alla costa piombinese ed elbana, D’Angelis spiega che «nonostante un certo impegno delle capitanerie, i sistemi di monitoraggio satellitare per garantire un maggior controllo del traffico marittimo lungo quella costa non sono stati mai attivati ed è quasi impossibile il controllo di questo traffico e anche il controllo del microinquinamento sistematico per i lavaggi abusivi delle stive. In particolare, lungo la rotta che da Genova porta verso Sud, al ritorno dagli scarichi di petrolio nel porto ligure (principale porto petroli italiano con Trieste), è ormai abituale il lavaggio delle stive delle petroliere che creano piccole maree nere che non fanno notizia ma che inquinano il mare, le spiagge e tratti di costa dell’arcipelago toscano».Ma come si può aumentare il controllo del transito delle petroliere e soprattutto come vietare il transito nell’area dell’Arcipelago Toscano delle «carrette del mare» come è accaduto per Venezia e le Bocche di Bonifacio? «Innanzitutto – risponde D’Angelis – con una proposta di legge per istituire a Livorno o a Piombino un Osservatorio regionale per il controllo del transito marittimo e della navigazione del petrolio con l’uso di nuove tecnologie e del Vts (Vessel traffic sistem), il sistema di controllo del traffico navale via satellitare, l’unico in grado di permettere di avere costantemente sotto controllo navi, rotte, velocità, merci trasportate, scarichi a mare attraverso sversamenti abusivi o pulizie delle cisterne. L’obbligo del controllo satellitare delle rotte consentirebbe di monitorare con ben altra certezza sia l’avvicinamento alle coste delle imbarcazioni pericolose, sia la pessima pratica del lavaggio delle cisterne in navigazione.

L’Osservatorio prevede anche la costituzione di un tavolo regionale tra Regione, Autorità portuali, sindacati e associazioni ambientaliste, associazioni industriali, amministrazioni locali che avrà il compito di garantire intese con le capitanerie di porto per aumentare controlli sulle petroliere che transitano nell’arcipelago toscano, vigilare sull’applicazione dell’accordo nazionale siglato nel 2000 tra Ministero dell’ambiente, Unione petrolifera, Associazioni industriali. L’obiettivo è avere notizie in tempo reale sulle navi che transitano nell’arcipelago toscano e nel mare della Toscana; eliminare le carrette del mare, utilizzare vettori con doppio scafo e standard tecnologici che garantiscano sicurezza ed efficienza.

Ma se il governo nazionale non si mobilita, si muova allora la Toscana per una iniziativa internazionale per la difesa del mare. La Toscana, che ha il maggior numero di coste sul cosiddetto Santuario dei cetacei (area internazionale protetta che coinvolge tre Paesi: Italia, Francia e Principato di Monaco), diventi capofila di altre regioni e territori (Liguria, Principato di Monaco, Costa Azzurra, Corsica, Sardegna) per il varo di una base normativa sulla quale possono essere predisposte misure speciali come il divieto di ingresso di navi a scafo singolo e delle altre carrette del mare. Ma la partita si gioca anche su Bruxelles per chiedere norme più severe e soprattutto il riconoscimento del danno ambientale. Quello che è successo per il risarcimento dell’incidente della Haven è stato mortificante per il nostro Paese non solo per l’esiguità del compenso (un milione di vecchie lire a tonnellata sversata contro i duecento milioni pagati per la Exxon Valdez), ma soprattutto perchè c’è voluta un’apposita legge varata dal Parlamento che sostanzialmente consentisse di ignorare la legge sul danno ambientale pure in vigore in Italia. Insomma, il diritto alla libera navigazione del petrolio ha sopravanzato la legislazione nazionale».

Il Mediterraneo risulta essere il bacino più inquinato del pianeta per quanto riguarda il petrolio. E il mare italiano «è il più esposto ad eventuali sversamenti, sia per il volume d’importazione di greggio, che per la presenza di due porti petroli come Trieste e Genova, posti alle estremità superiori della penisola e che quindi costringono le petroliere a lunghi tragitti prima di arrivare a destinazione. Secondo dati dell’Unione petrolifera transitano nei porti italiani quasi 124 milioni di tonnellate di greggio l’anno. Ad oggi, nonostante molte associazioni da Legambiente al Wwf abbiano richiesto al Ministero dell’ambiente misure per garantire una sicurezza più elevata lungo le coste mediterranee e tirreniche nulla – dice D’Angelis – è stato fatto. Non bastano le sollecitazioni. Occorrono misure finalizzate a garantire sicurezza e a scongiurare pericoli ambientali».

Dalla Toscana in Galizia contro la marea nera

Castiglioncello, la nave dimenticata