Cultura & Società
Pino Arpioni e La Vela. Sessant’anni di campi-scuola
Un’esperienza estiva, rivolta in genere ai ragazzi o ai giovani, in cui si gioca, si riflette, si prega, si cresce insieme. Oggi quella del campo scuola è una realtà comune e diffusa: li organizza l’Azione Cattolica, li organizzano parrocchie e associazioni. A volte cambia il nome ma il concetto è simile: come le «vacanze di branco» degli scout o le «vacanze di comunità» di Comunione e Liberazione.
Ma in Toscana i campi scuola fanno pensare subito ai villaggi della «Vela» e del «Cimone», quelli dell’Opera per la Gioventù «Giorgio La Pira». Intere generazioni di ragazzi sono passati da questi luoghi, nell’arco di sessant’anni di attività. Era il 1954 quando il Villaggio Il Cimone, a Pian degli Ontani, ospitava i primi ragazzi; nel 1955 è la volta del Villaggio La Vela, a Castiglion della Pescaia. Prima ancora c’erano stati i campi al Cavo, sull’Isola d’Elba.
Una storia che si intreccia con quella di Pino Arpioni, ideatore e grande promotore dei villaggi, e che viene raccontata nel libro di Claudio Turrini «Pino Arpioni e la Vela. Sessant’anni di campi-scuola» (Edizioni Cooperativa Firenze 2000). Un grande volume (272 pagine) pieno di fotografie e documenti: uno strumento prezioso per conoscere una delle figure più limpide e belle del laicato toscano del Novecento, e una delle realtà più significative nella vita delle Chiese toscane. Un libro che ha richiesto un lavoro certosino di ricerca negli archivi dell’Opera per la Gioventù, cercando di «spogliare» la storia da aneddoti e ricordi personali, per riportarla alla sua essenzialità. Una sorta di «scheletro», spiega Turrini nella nota introduttiva, su cui ciascuno potrà appoggiare la «carne» dei ricordi personali, dando vita così a ciò che sono stati questi sessant’anni. Un lavoro di precisione che il cardinale Silvano Piovanelli, nella sua prefazione, non manca di elogiare: «ci permette – scrive – di scoprire il vero Pino. Sono grato per questa fatica che, a dieci anni dalla morte, ci permette di vedere con chiarezza il suo segreto di vita, la sua molla propulsiva».
Anche il presidente dell’Opera, Gabriele Pecchioli, sottolinea: «Con ogni probabilità molti, non solo tra i più giovani, scopriranno in queste pagine testi o vicende che non conoscevano: in fondo Pino non ha mai amato raccontare le vicende passate, se non sporadicamente e senza mai indulgere a nostalgie e, soprattutto, senza mai mettersi al centro. Ma da queste immagini, da questi volti, dalle lettere, soprattutto dei primi tempi, dai racconti, dal susseguirsi delle vicende, tutti ritroveremo le radici e il progredire di quel servizio educativo da cui abbiamo ricevuto molto, a cui siamo stati formati, in cui siamo stati responsabilizzati».
Il libro parte dalla «preistoria» dei campi: così si scopre ad esempio che già nel 1952, dopo una prima esperienza con la Giac (la gioventù di Azione Cattolica) al Cavo nell’Elba, Pino Arpioni aveva chiara l’idea di ciò che sognava di realizzare. E nel verbale di una riunione regionale della Giac si trova la prima esposizione di un progetto per «la costruzione di due villaggetti in muratura: uno all’isola d’Elba, uno all’Abetone». Un’idea che si concretizzerà negli anni immediatamente successivi, anche se la sede marina sarà spostata per vari motivi in Maremma.
Scorrendo le pagine compare presto un altro protagonista, quel Giorgio La Pira di cui oggi l’opera porta il nome: le sue visite sono tra i momenti più «forti» dei campi. E poi le presenze russe, il viaggio ecumenico a Londra, i legami con Nomadelfia. L’incontro del 1982 con Giovanni Paolo II e Madre Teresa, di cui viene riportata l’ampia cronaca che ne fece L’Osservatore Romano. E la storia continua anche dopo la morte di Pino, nel 2003, con un impegno educativo che non è certo diminuito.
Un’intera sezione poi è dedicata ai documenti e alle lettere. Come la «circolare» del 1957, in cui Pino traccia un bilancio di quanto fatto in quei primi anni: «Prima di tutto sentiamo vivo il desiderio di ringraziare il Signore per le grande grazie concesseci. Ma un grazie vivo, sincero, anche a tutti coloro che ci hanno aiutato». Senza nascondere però le difficoltà: «Umanamente parlando le cose sono andate spesso nettamente alla rovescia: i piani spesso sono stati sconvolti da una dura realtà e da imprevisti di ogni genere». Cosa fare adesso, chiede Pino ai suoi giovani: e la sua richiesta è di «un grande sforzo di pensiero, di preghiera e di azione». «Dobbiamo svegliarci – scrive ancora – , dobbiamo aiutarci: oggi più che mai c’è bisogno di una grande leva di sane coscienze giovanili. Tutti dobbiamo sentirci impegnati, tutti dobbiamo contribuire. Non dobbiamo avere paura; anche se l’immoralità fa strage in mezzo ai giovani, anche se molte trincee cadono perché mal difese a causa della troppa superficialità, fiacca, mancanza di spirito di sacrificio, anche se il senso di avventura porta ancora i giovani a fare delle tristi esperienze, non dobbiamo avere paura. Avremo momenti duri, ma avremo anche momenti belli».
Il volume, di 272 pagine e con 440 foto, può essere acquistato tramite questo sito al prezzo speciale di 20 euro (con uno sconto del 20% sul prezzo di copertina). Per l’acquisto clicca qui.
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La presentazione
Il volume verrà presentato giovedì 20 marzo 2014, alle ore 17,30, presso la sala dell’Annunciazione della Basilica della SS. Annunziata (ingresso da via Cesare Battisti, 6). Interverranno il card. Silvano Piovanelli, il prof. Piero Tani e Gabriele Pecchioli, presidente dell’Opera per la Gioventù «Giorgio La Pira». Sarà presente l’autore. Il giorno prima, mercoledì 19 marzo, Pino verrà ricordato nel novantesimo della sua nascita, durante la Messa che verrà celebrata alle 18 nella Basilica della SS. Annunziata.
L’inedito
Il volume presenta diversi testi inediti di Pino Arpioni, tra cui circolari inviate ai partecipanti ai campi-scuola fin dal 1952. Ne presentiamo un brano tratto da la circolare «Il Cavo» dell’ottobre 1954, in cui Pino spiega il significato che questa esperienza ha avuto fin dalle sue origini.
Carissimi,
dopo la pausa estiva (se così si può chiamare considerando che la causa è stata l’attività dei campi) questo semplice ma tanto caro foglietto riprende a circolare fra le nostre mani; ed è bene con questo numero, che segna l’inizio del III anno, fare un rapido esame del nostro lavoro.
Prima di tutto ringraziamo il Signore che con infinita provvidenza ci ha dato prima l’idea e poi l’assistenza per realizzare questa opera che ogni anno va sempre maggiormente divulgandosi ed affermandosi.
Ed il Signore è stato veramente generoso; basta pensare che in soli tre anni ben 203 aspiranti capo e 507 giovani per complessive 9.230 giornate di presenza hanno beneficiato spiritualmente e materialmente di questa iniziativa. Giovani legati dall’unico ideale, «vivere totalmente il messaggio cristiano», e da profondi vincoli di amicizia derivanti da quelle giornate serene che abbiamo trascorso insieme.
Ecco la vera funzione del campo-scuola: rinforzarci singolarmente nei concetti cristiani, aiutarci a scoprire sempre più le grandezze e le bellezze della fede e affratellarci gli uni agli altri per conoscerci, per comprenderci in maniera che l’esperienza dell’uno e le virtù dell’altro siano di sprone, di stimolo e di aiuto a proseguire verso la meta.
Se ciascuno di noi farà un esame profondo ed obbiettivo dei benefici ottenuti dai campi si accorgerà di aver avuto dal Signore un vero tesoro. Non è vero?
Ricordate la gioia che scaturiva in ciascuno durante le serene giornate? I bagni, le gite, le risate, le partite, gli scherzi, le ore Ju, tutto ha lasciato in noi un segno positivo.
E la preghiera collettiva? Non ricordate che compartecipazione al sacrificio divino della S. Messa? Che vera comunità cristiana veniva raggiunta ogni mattina intorno al calice.
Che il Signore conceda a tutti la possibilità di ripeterle più spesso possibile anche ora che siamo tutti sparsi per le varie parrocchie della Toscana. Che ogni domenica mattina, e per i più volenterosi ogni giorno, si rinnovi intorno all’altare la comunità de «Il Cavo».
E le meditazioni? Non ricordate che ricchezza interiore scaturiva dalle riflessioni mattutine sulle verità della nostra fede? Quanti angoli della nostra coscienza venivano smussati in quei colloqui con Dio suggeriti dai nostri bravi assistenti.
E i nostri Sacerdoti quanto ci hanno aiutato. Quanto bene dobbiamo ricambiare a loro. Che il nostro grazie, tradottosi in preghiera, giunga a Dio implorando su di loro le migliori grazie perché possano continuare in questo preziosissimo e particolare lavoro a vantaggio delle anime giovanili.
Ed infine le lezioni. Quanto abbiamo imparato! A proposito, per mantenere la promessa, in questo numero troverete gli schemi di tutte le lezioni. Rileggeteli e ripensate a quello che sentiste sotto l’ombra dei pini e soprattutto ripensateci oggi, a distanza di tempo, dopo esservi arricchiti di nuove esperienze.
Pino