Lettere in redazione
Pillola abortiva, il triste primato della Toscana
Gentile direttore, siamo purtroppo spettatori attoniti di una situazione sanitaria nella quale le scelte di relativismo etico fanno notizia contrabbandate per esercizio di diritti, mentre le posizioni di chi vorrebbe maggiore cautela nell’utilizzo della via farmacologica all’aborto passano per oscurantiste e si assiste ad un clima di inspiegabile crociata contro quei Governatori regionali che nelle loro strutture sanitarie pretendono, quanto meno, che la pillola RU486 sia dispensata con regolare ricovero ospedaliero, considerato che non sembra scientificamente immune da effetti collaterali che meritano di essere valutati in ambiente sanitario e non tra le mura domestiche, dopo aver disinvoltamente sottoscritto un foglio di dimissioni.
Nonostante abbia il timore che la via farmacologica all’aborto sia l’ennesima, potenziale elusione della legge 194 nella parte in cui vorrebbe prevenire i fenomeni abortivi, vorrei comunque che nella nostra regione Toscana non ci si ostinasse con tanto zelo a garantire tempestivamente l’approvvigionamento di medicamenti che sopprimono la vita, condannando invece ad ancora frequenti ed esose lungaggini nell’accesso a prestazioni terapeutiche o a esami diagnostici che tendono a mantenerla.
Da quando la RU486 è arrivata in Italia, le confezioni consegnate dall’azienda che distribuisce in esclusiva il farmaco abortivo, sono stando a notizie d’agenzia quasi mille e 100. Nel numero di richieste, divise per regione, la Toscana è purtroppo decisamente in testa con 318 ordini, seguita dalla Lombardia con 208. All’ultimo posto Friuli Venezia Giulia, Marche, Molise e Valle d’Aosta con 5 confezioni ciascuna. Calabria, Lazio, Sicilia e Umbria non hanno invece ancora effettuato alcun ordine. Interessanti, in senso negativo, sono i dati del Veneto (53 ordini) e soprattutto del Piemonte (148 ordini), proprio le due regioni governate dalla Lega, i cui presidenti Zaia e Cota a cui fa riferimento il nostro lettore avevano in un primo tempo annunciato il loro no alla RU 486.
In sostanza, a leggere i dati regione per regione si conferma un approccio al farmaco abortivo estremamente differenziato, anche indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni regionali. Detto questo sono d’accordo che «la via farmacologica all’aborto sia l’ennesima, potenziale elusione della legge 194 nella parte in cui vorrebbe prevenire i fenomeni abortivi» e che, sul piano concreto, non si può dimettere chi ricorre alla RU486 con la facilità con cui lo si fa ad esempio all’ospedale di Volterra. Se la pillola abortiva produce un’emorragia, per l’emorragia normalmente si va in ospedale, non si sta a casa. Anche questa è banalizzazione dell’aborto, che invece resta sempre e comunque un dramma, per la donna in primo luogo, oltre che una sconfitta per l’intera società.