Il sindaco di Sansepolcro, Franco Polcri, mi scuserà l’ardire confidenziale; però, per quanto mi riguarda è questa l’idea che per prima si è affacciata alla mia mente leggendo le «ultimissime» a proposito della mostra «Piero della Francesca e le corti italiane» a proposito del mancato arrivo nel Museo Civico cittadino sia della tavola del San Girolamo sia dei codici (il loro arrivo sarebbe «in forse») scritti da Piero: il «Libellus de quinque corporibus regularibus», l’«Abacus» e l’«Archimede» (i primi due sono a Roma, il terzo a Firenze) uniti da un denominatore comune rappresentato dal fatto che queste opere l’artista del Borgo le ha composte nella casa natale in via Niccolò Aggiunti, oggi sede della Fondazione «Piero della Francesca». La vicenda legata alla tavola del San Girolamo che è conservata a Venezia è stata spiegata dal sindaco Polcri affermando che lui si augura «vivamente che ci siano alla base serie motivazioni di natura tecnica e non politica perchè, ora come ora, ciò che si paventa all’orizzonte non mi convince», mentre per quanto riguarda i «codici pierfrancescani» erano state date garanzie, dice sempre Polcri, «assieme alla professoressa Lia Baldesi Navarra, Presidente della Fondazione» sia sulla vigilanza delle opere «concordando sulla necessità di predisporre un servizio di vigilanza costante che copra per intero la fascia notturna» sia sulla conservazione delle opere nel periodo di permanenza al Museo. «Chiudendo i codici all’interno di una teca acclimatata per proteggerli al massimo da qualsiasi tipo di insidia». Ma il sindaco avanza una preoccupazione dicendo di sperare che «dietro questi rigorosi accorgimenti non ci sia in realtà l’intenzione di far fermare i manoscritti da qualche altra parte». «E ‘toglierli’ all’ultimo istante dalla casa di Piero – ha continuato Polcri – mi sembra un vero atto dissacratorio».La speranza che i fatti prendano una piega diversa da come sono ora non deve farci precipitare in conclusioni affrettate, tuttavia, personalmente, ben comprendo la possibilità che si alzino i toni di un campanilismo nei confronti del capoluogo che vuol fare bella mostra di se così da avere i riflettori puntati addosso ma capisco anche come Arezzo senta impari la lotta che deve sopportare con Sansepolcro che conserva quelli che ritengo essere i nostri «gioielli di famiglia» – le opere d’arte di Piero della Francesca che la rendono una città unica al mondo nel suo genere con una fama che resta indiscussa. Alla fine, poi, quando la mostra si concluderà e le opere dovranno far ritorno da dove sono venute, la città di Sansepolcro conserverà in maniera imperitura i suoi capolavori.Nei giorni scorsi il sindaco Polcri ha ricordato che «Piero della Francesca è e resta il ‘genius loci’ di Sansepolcro e lo spirito antico della nostra città è indissolubilmente legato all’artista ora più che mai». A queste parole voglio aggiungere che Piero della Francesca è stato un uomo che ha vissuto a tutto tondo il suo essere cittadino biturgense partecipando alla vita politica della città, sedendo in consiglio comunale e vivendone lo spirito sociale e culturale. Infatti da reperti storici risulta che Piero della Francesca detenesse una delle 160 balestre di proprietà comunale ciò dimostra come il grande pittore biturgense evidentemente amava divertirsi a balestrare con i suoi concittadini nelle annuali sfide contro Gubbio. Segni evidenti di un amore e di un attaccamento che Piero aveva nei confronti del suo luogo natale.Alessandro Boncompagni