Cultura & Società
Piazze di maggio, tanti modi per declinare la cittadinanza
Se c’è bisogno di declinare la parola «cittadinanza», basta guardarsi intorno. Anche se il vocabolario si limita a definirla come un «vincolo di appartenenza ad uno Stato per il godimento di diritti e l’assoggettamento a particolari oneri» e sembra quasi che voglia racchiudere la questione dentro i confini stretti della scienza politica o dei palazzi del potere, la dimensione della relazione sociale e civile investe tutto il quotidiano e pervade ogni luogo.
Si è cittadini oltre le grate. E lo si è dietro le sbarre. «Anche nel carcere dicono i volontari del laboratorio sulla cittadinanza nella Casa Circondariale di Arezzo ci sono individui che meritano la stessa attenzione riservata a tutte le altre categorie di cittadini: i detenuti sono persone che stanno già pagando per le colpe commesse e non è giusto condannarli alla pena aggiuntiva dell’oblio». La famiglia è un chiodo fisso fra le celle. «Quando penso al futuro confida un detenuto mi domando sempre se riuscirò a far vivere meglio i miei bambini». Dietro le sbarre si sperimenta il rispetto. «In carcere ammette un recluso ho trovato una solidarietà che non avevo mai provato fuori». Però, si percepisce anche la paura di essere giudicati dal mondo. «Hai sempre la sensazione di sentirti un detenuto», dicono in molti. Comunque, si nutrono speranze. «Mi sento cambiato», si ripete.
In cella si vive una misura della cittadinanza. Un’altra si tocca con mano in azienda. Anche i processi produttivi entrano nella «città» e ne condizionano gli stili di vita. Ne è consapevole il vescovo di Arezzo, Gualtiero Bassetti, che durante la sua visita pastorale ha varcato i cancelli di decine di imprese. «Il presente è segnato da nuove questioni sociali che il lavoro si porta dietro spiega Sono quelle dell’eccessiva precarietà degli impieghi, del venir meno della dignità del lavoratore che viene subordinato all’efficienza della produzione, dei disagi sempre maggiori per le famiglie, dei turni di lavoro che occupano i fine settimana e cancellano la domenica». Temi che sono stati sollevati più volte negli incontri fra Bassetti, i lavoratori e le organizzazioni sindacali. «E nei dibattiti con gli imprenditori è venuto fuori che siamo di fronte ad una crisi veramente strutturale che va di pari passo con i processi di globalizzazione».
Così la dimensione locale della cittadinanza si interseca con quella globale. In fondo è ciò che accade anche nella Cittadella della Pace di Rondine, alle porte di Arezzo, dove studiano venti ragazzi provenienti dai Paesi in guerra. Nelle loro terre d’origine sperimentano la cittadinanza «ferita». «Sono cresciuto a Tbilisi, una città sul mar Nero racconta Lasha, studente della Georgia . Era una città che ospitava le varie etnie del Caucaso, un luogo dove abcasi e georgiani vivevano come fratelli. Fino al giorno in cui un elicottero apparve nel cielo. Da quel momento dovevo vedere il mio amico abcaso come nemico».
Nella Cittadella della Pace lui ha trovato una cittadinanza «sanata» e lì vive a fianco di un abcaso. «Se a Rondine un abcaso e un georgiano possono vivere insieme, perché non è possibile farlo dove prima giocavamo insieme? Sembrano domande banali, ma le risposte non ce le danno».
È la storia di Alfredo Bianchi, ex tossicodipendente che da poco è diventato padre. «L’abuso di droga mi ha causato gravi problemi di salute. Ho un contributo mensile di 350 euro che non consente alla mia famiglia di avere una vita dignitosa». Lui è a terra. «Oggi viviamo di nuovo di elemosina. E mi vergogno di non poter comprare neppure un gelato a mia figlia».
Filo conduttore sarà la cittadinanza, quinto ambito indicato dalla «Traccia di riflessione» per Verona. La scelta di Arezzo non è stata casuale: infatti, alle porte della città si trova la Cittadella della Pace di Rondine, fondata da Franco Vaccari, in cui vivono fianco a fianco venti studenti che provengono dai paesi in guerra. Dalla convivenza che si sperimenta nel borgo di Rondine e che è capace di superare le ragioni dell’odio prenderà spunto la settimana aretina che è stata organizzata dalla Cittadella della Pace insieme alla diocesi.
Si comincia da La Verna con la meditazione dell’arcivescovo emerito di Firenze, Silvano Piovanelli e la testimonianza di Luisa Fianchetti Naor, ebrea salvata dal paese di Giampereta durante la seconda guerra mondiale. Poi sarà la volta di Rondine che per due giorni ospiterà incontri, tavole rotonde, mostre e spettacoli in cui la dimensione locale della cittadinanza si incrocerà con quella mondiale. Giovedì l’approdo a Camaldoli che farà da cornice al «dialogo» fra il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, il cardinale Walter Kasper, e l’ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Amos Luzzatto. Ultima tappa: Arezzo.
Per il fine settimana si trasformeranno in «piazze aperte» la cattedrale, il carcere, le scuole, i monasteri di clausura, l’ospedale che accoglierà don Oreste Benzi ed Ernesto Olivero, la basilica di San Francesco che farà da palcoscenico allo spettacolo «Le guerre di Piero» con Veronica Pivetti e Marco Baldini.
Obiettivo della settimana è «dare un contributo dalla comprensione dell’oggi e incoraggiare tutti a sentirsi pienamente responsabili di fronte alle sfide del nostro tempo», spiega il vescovo Gualtiero Bassetti. E dietro l’evento c’è «lo sforzo di entrare in dialogo con gli altri e di incontrare persone che hanno alle spalle storie e bagagli culturali diversi», afferma il presidente di Rondine, Franco Vaccari. Non è un caso che uno degli appuntamenti centrali sia la preghiera ecumenica di venerdì sera nel duomo di Arezzo a cui parteciperanno i rappresentanti della Chiesa cattolica, anglicana e ortodossa.