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«PIAZZE DI MAGGIO»; DAL CARCERE DI AREZZO L’APPELLO DEL CARD. MARTINO: ‘UN GESTO DI CLEMENZA PER I DETENUTI’

“Giovanni Paolo II in Parlamento Italiano aveva chiesto un gesto di clemenza per i detenuti: la Chiesa e tutti gli operatori impegnati nelle carceri non hanno perduto la speranza”. Il cardinal Renato Raffaele Martino lancia da carcere di Arezzo quell’appello che tutta la popolazione detenuta aspettava. Non un’amnistia ma un passo concreto sì. “Ancora oggi preghiamo perché un atto di clemenza in qualsiasi forma i legislatori decideranno di farlo si possa attuare in questo Paese”.

Di fronte ha un nutrito gruppo di detenuti, che fanno fatica a frenare l’applauso durante la diretta radiofonica di Radio Tre. E l’applauso esplode quando il regista segnala la pausa e mette un disco. Al fianco del cardinale c’è il direttore di Radio Rai Sergio Valzania: una tavolata, nella chiesa del carcere, sotto la vetrata che raffigura, miracoli delle coincidenze, la Basilica di San Pietro.

A tavola anche il vicedirettore nazionale della Caritas Giancarlo Perego, il Vescovo di Arezzo Gualtiero Bassetti, il Presidente di Rondine Cittadella della Pace Franco Vaccari: Rondine e Diocesi impegnate a costruire le Piazze di Maggio, un viaggio nel mondo della cittadinanza, che entra perfino nella piazza più difficile, quella del carcere. “I diritti umani di tanti detenuti – riprende Martino dopo aver rimarcato le condizioni terribili nelle quali molti versano in tutto il mondo – sono calpestati e abusati, mentre la pena dovrebbe essere solo quella della privazione della libertà. E questo deve finire. Deve essere preso in considerazione non solo dai legislatori ma anche da tutta la società”. Società che stavolta ha fatto un’eccezione: la diretta radiofonica da un carcere è rarissima, frutto del coraggio del direttore del carcere aretino Paolo Basco e del Dipartimento Attività Penitenziaria. I gesti dei registi scandiscono gli attacchi e le pause. Finché non arriva il momento dei detenuti. Andrea lamenta la lontananza da casa, un’altra aggravante dela pena, specie per chi non ha grandi mezzi. Alessandro con saggezza pesca perfino un lato positivo: la rete di solidarietà che comunque dentro un carcere si crea. “Anche se ho molti dubbi possa proseguire anche fuori”. Massimiliano, con accento romano, chiede un aiuto per il reinserimento. “So che lo Stato per ciascuno di noi paga circa 300 euro al giorno: perché una parte della cifra non destinarla a quando usciremo?”. Lamenta il taglio ai benefici, alla semilibertà. Ma oggi un pizzico di semilibertà la respirano. “Quando una persona finisce in carcere – chiude Martino – la società tira un sospiro di sollievo e dice: ‘Giustizia è fatta’. E poi si disinteressa di cosa avvenga dietro le sbarre. E questo non deve accadere”. (cs)

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