Il Centro Studi Storici di Pieve Santo Stefano e l’associazione «I Tre Baroni» di Moggiona di Camaldoli, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dello scrittore Giovanni Papini, che dal 1908 al 1944 visse a Bulciano per lunghi periodi della sua vita, presentano la ristampa del libro Poesie in Prosa (1933). La manifestazione si svolgerà l’8 luglio alle ore 17 bel teatro comunale di Pieve Santo Stefano. Il programma, dopo il saluto delle autorità, prevede gli interventi dei professori Giorgio Luti, Enrico Ghidetti, Sandro Gentili, Franco Contorbia e di Gloria Menghetti. Seguiranno le letture di pagine di Giovanni Papini da parte di Ilaria Occhini ed uno spazio «Papini e la musica» curato da Grazia Cappelletti con il Quartetto «Caravaggio». L’evento vede il patrocinio del Gabinetto Vieusseux di Firenze, della Fondazione «Primo Conti» di Fiesole, dei comuni di Pieve Santo Stefano, Caprese Michelangelo, Sestino, Sansepolcro e della Comunità Montana Valtiberina. Giovanni Papini nacque a Firenze nel 1881 (e qui morì nel 1956). Giovanissimo, si impegnò in una attività frenetica di lettore, scrittore, organizzatore culturale. Nel 1900 insieme a Giovanni Prezzolini e a E.L. Morselli formò una associazione di «spiriti liberi», individualista anarchica e idealista. Nel 1903 essi scrissero il programma di Il Leonardo, rivista fu fondata da Papini insieme a Prezzolini e che aveva l’obiettivo di abbattere la cultura accademica italiana. Contemporaneamente, Giovanni Papini, eserdisce come narratore con Il tragico quotidiano (1903), e Il pilota cieco (1907). Sempre nel 1907, lo scrittore fiorentino pubblica il suo primo libro filosofico dal titolo Il crepuscolo dei filosofi e attacca il pensiero di Kant, Hegel, Schopenhauer, Comte, Spencer, Nietzsche. Nel 1911 Papini fonda la rivista L’Anima insieme ad Amendola. Nel 1913 insieme a Soffici fonda Lacerba che grazie anche a Palazzeschi, diventa espressione del futurismo fiorentino, questa sua esperienza, Papini, la rievocherà nel libro L’esperienza futurista (1919).Di questo stesso tipo sono le pagine autobiografiche di Un uomo finito (1913): Papini qui scrive un diario esistenziale, in cui pone il suo bisogno di ricerca anche religiosa della verità, ricerca che nel 1921 culmina con grande clamore quando Giovanni Papini annuncia la sua conversione religiosa e pubblica Storia di Cristo. Papini continua a scrivere moltissimo, quì vogliamo ricordare Sant’Agostino (1929), Dante vivo (1933), Lettere agli uomini di Celestino VI (1946) in polemica con Pio XII, Il diavolo (1953). Scrive anche inchieste e satire di costume. Papini diventa sotto il fascismo una specie di scrittore ufficiale. Nel 1935 ha la cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna e nel 1937 è nominato accademico d’Italia. Gli ultimi anni di Papini sono particolarmente duri. L’Italia uscita dal fascismo non gli può perdonare le sue compromissioni con il regime, né i giovani scrittori gli perdonano i «tradimenti» rispetto alle posizioni dissacratorie e controcorrenti della sua giovinezza. Fino all’ultimo tentò di lavorare al testo del Giudizio universale. Iniziato nel 1903 con il titolo di Adamo, divenne poi Appunti sull’uomo e infine Giudizio universale. Un libro che non riuscì a terminare.