Apatici o sentimentalisti? Individualisti o generosi? O forse un po’ l’uno e un po’ l’altro? I giovani di oggi non sono facilmente «inquadrabili»: sociologi, psicologi, educatori dicono di loro tutto ed il contrario di tutto. Azione cattolica, Scuola di formazione teologica e Centro pastorale per l’evangelizzazione e la catechesi han chiamato Gigi Avanti, uno che di educazione se ne intende: per tenere la quarta lezione della scuola per educatori «chi ama educa» (giovedì prossimo, ore 19-22.30, Seminario arcivescovile) e chiarirsi le idee su come i giovani esprimono i loro sentimenti ed, in particolare, il più bello dei sentimenti, l’affettività. L’allarme arriva dalle insegnanti delle scuole medie: molti «nostri» alunni – dicono – vivono come zombie, incapaci di esprimere emozioni. Eravamo abituati a credere che l’apatia fosse una caratteristica esclusiva degli adolescenti. E invece ci risvegliamo venendo a sapere che ne soffrono anche i ragazzi più piccoli. Che succede?«Il virus dello zombismo (apatia o scarsa o incongrua reattività emotiva…) ha contagiato anche in così giovane età? Mi viene in mente una considerazione «paradossale di Ennio Flaiano: Non chiedetevi ‘se continua così…chissà dove arriveremo?’…perchè ci siamo già arrivati!. Succede cioè che, quando si pensa di essere arrrivati al fondo di una situazione, la prima cosa che gli educatori (genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti, suore, comprese quelle di clausura che educano educandosi) è quella di non scoraggiarsi. Quanto poi al voler cercare delle spiegazioni al come mai questo succeda, ci si può sbizzarrire con una serie di interpretazioni più o meno profonde…ma quello che conta è di non lasciarci andare a lamentazioni o sospiri… che i giovani leggerebbero inevitabilmente come giudizi negativi nei loro confronti».Che cosa si fa in casa per educare i nostri figli ai sentimenti?«L’impegno dei genitori c’è. Non sempre, però, alle buone intenzioni corrispondono le buone maniere. Mi spiego. Succede che avendo la buona intenzione di educare il figlio a gestire la propria paura si arrivi a negarla (non devi avere paura…) o a svalutarla (tutta questa paura per così poco!); così anche per gli altri sentimenti: la gioia, la collera o la tristezza».Gigi Avanti individua un nesso tra sentimenti e bisogni: «I sentimenti – dice – stanno ai bisogni come i frutti stanno alle radici. Ed il migliore atteggiamento educativo è quello di accogliere il frutto (ovvero il sentimento), individuandone la radice (bisogno profondo): un atteggiamento diametralmente contrario a quello diffusissimo – per comodità familiar pedagogica - di coglierlo per buttarlo via… cosa che si fa quando si dice a qualcuno di non avere paura, o di non piangere, o di non arrabbiarsi…». Un po’ quello – osserva l’esperto – che intende fare «chi vuole cogliere un fico d’India con gli stessi mezzi e alla medesima maniera di chi vuol cogliere delle mele o dell’uva…». «L’atteggiamento educativo pertinente – spiega Gigi Avanti – deriva invece da una domanda essenziale che l’educatore si pone nel momento in cui è alle prese con un sentimento; e la domanda è la seguente: Questo sentimento che bisogno nasconde?Proviamo a farla noi. Chi ha paura di cosa ha bisogno?«Di protezione» Chi è nel dolore di che cosa ha bisogno?«Di consolazione» Chi è in collera di cosa ha bisogno?«Di calmaChi è nella gioia di cosa ha bisogno?. «Di condivisione».Lo strano caso della paura. Un sentimento a volte utile: lascereste mai soli in un supermarket il vostro figlio quando, nello scaffale a fianco, vedete un tizio con passamontagna e coltello a serramanico? Un sentimento a volte inutile e molto spesso «costruito» a tavolino. Esemplificativo L’alfabeto delle paure quotidiane di Umberto Folena…«Non ho ancora letto il libro di Folena… ma molte altre cose di lui, per cui mi sento di dire senza mezzi termini di raccomandarlo a chi sente il bisogno di una parola rassicurante e scientifica relativa al riconoscimento della natura delle emozioni e della loro gestione. Il trattamento del sentimento paura, ad esempio, è emblematico. La paura è un sentimento positivo perchè sorge istintivamente come atteggiamento di difesa da quanto l’individuo percepisce come pericolo per la propria incolumità o salute o reputazione… Il problema può sorgere quando si verifica una incongruità tra evento che scatena la paura e reazione istintiva. Va ricordato che tale incongruità deriva spesso, se non sempre, da come la mente legge l’evento. Affermava Mark Twain: Nella mia vita ho sofferto tante disgrazie… che non mi sono mai accadute!».Lo strano caso del dolore. Giusto evitarlo quando è possibile (non è molto saggio prendere la frusta e punirsi) meno corretto è evitarlo, rimandarlo, oscurarlo quando non è possibile. «Sull’esperienza del dolore asseriva cose sagge lo psicologo Jung: Chi non accetta la propria dose di normale sofferenza… si va a inventare una sofferenza nevrotoica» . Di fronte alla morte di un nonno, che dire o non dire a nostro figlio?«Ricordo una affermazione dal sapore lenitivo-paradossale: I nonni durano poco… Mi viene in mente perchè sono nonno di quattro splendidi nipotini. Comunque sia, occorre fare propria per tempo, a riguardo di quanto di doloroso ci riserverà la vita, una sana filosofia esistenziale improntata ad un atteggiamento di sano fatalismo…Tanto dalla vita non si esce vivi… diceva qualcuno. Senza dire poi che voler resistre al dolore è come voler stare a galla facendo forza sull’acqua…Per non affondare nel dolore occorre …fare il morto a galla».Facebook e sms, cartoline e smile telematiche. Trionfa il virtuale: è il canale più adatto per esprimere sentimenti?«Il canale virtuale, quale esso sia, non è il più adatto a esprimere emozioni e sentimenti…Ci si adatta e lo si usa, come avviene per tutte le invenzioni che vogliono rendere più facile la vita, come strumento… dimenticando che, per sua natura, la vita non può essere facile quale che sia lo strumento escogitato per renderla tale. Diceva Alberoni, il famoso sociologo, che per far crescere bene i propri figli occorre creare loro delle difficoltà. Sembra ormai assodato che le relazioni virtuali penalizzino comunque le relazioni reali…e quanto questo incida anche sulla funzionalità più o meno patologica della struttura neurologica è un oggetto di studio».Gli psicologi osservano: i ragazzi hanno il loro primo rapporto sessuale prima dei diciotto anni. Eppure si ha l’impressione che molti non abbiano una corretta percezione di cosa significhi amare e farsi amare…«Il sesso da solo è l’amore del niente cantava Marco Masini…La spinta ormonale tipica dell’adolescenza inganna tanti ragazzi al punto da far credere loro che si tratti di amore…laddove invece amore è decisione, è finalità progettuale. Adottare un comportamento perchè ci si sente spinti a farlo (il classico sfogarsi tipico anche della collera, ad esempio) è più caratteristico dell’animale inferiore. Adottare un comportamento per una finalità da raggiungere (sfogarsi dura poco,scambiarsi amore dura una vita) è specialità dell’essere umano… Nel vangelo si legge che lo spirito è pronto, ma la carne è debole…La carne la si può rinforzare sostanziandola di consapevolezze seriamente scientifiche nel settore della sessualità umana…consapevolezze mille miglia distanti da certe deficienti informazioni e filosofia di vita della sempre più squallida cultura fatta di seni e peni… senza cuore e senza anima».