Toscana

Permesso di soggiorno un «balzello» da 200 euro

di Marco Noci

Pubblicato nell’ultima Gazzetta Ufficiale del 2011 (la n. 304 del 31 dicembre 2011) il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che prevede a carico degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia il contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno. Si tratta di un contributo ovvero una tassa o un’imposta compresa in un range tra gli 80 e i 200 euro a seconda della tipologia di permesso di soggiorno richiesta.

L’esborso era stato introdotto dalla legge 15 luglio 2009 n. 94 recante «disposizioni in materia di sicurezza pubblica» che fino allo scorso mese di ottobre era rimasto sulla carta.

Come detto l’importo del contributo varia in base alla durata del permesso: 80 euro se è compresa fra 3 mesi e un anno (ad esempio lavoro stagionale o attesa occupazione), 100 euro se è superiore a un anno e inferiore o pari a due anni (ad esempio lavoro o motivi familiari), 200 euro per il permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, la vecchia carta di soggiorno.

Il nuovo importo si aggiunge alle somme già corrisposte dagli stranieri per il rilascio del titolo di soggiorno: 14,62 euro per la marca da bollo, 27,50 euro per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico e 30 euro per il servizio di poste italiane.

La destinazione del contributo in questione è prevista nell’articolo 14-bis, comma 2, del Testo Unico sull’Immigrazione:  «Nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all’articolo 5, comma 2-ter, nonché i contributi eventualmente disposti dall’Unione europea per le finalità del Fondo medesimo. La quota residua del gettito del contributo di cui all’articolo 5, comma 2-ter, e’ assegnata allo stato di previsione del Ministero dell’interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno».

Il decreto ministeriale modifica, invece, la destinazione della quota residua e cioé: «La restante quota del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all’art. 1, è riassegnata ai pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno, come segue: 40% alla missione “Ordine pubblico e Sicurezza” di competenza del Dipartimento della Pubblica Sicurezza; 30% alla missione “Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza di Governo e dello Stato sul territorio” di competenza del Dipartimento per le politiche del personale finalizzata alle attività di competenza degli Sportelli unici; 30% alla missione “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti” di competenza del Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione per l’attuazione del Regolamento sull’Accordo di integrazione previsto dall’art. 4-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

La nuova tassa non tocca invece i permessi dei minori, degli stranieri che entrano in Italia per cure mediche e i loro accompagnatori e per coloro che chiedono un permesso per asilo, protezione sussidiaria o motivi umanitari.

Il contributo non è previsto per chi chiede l’aggiornamento o la conversione di un permesso di soggiorno valido.

Contro il balzello nei giorni scorsi si erano sollevati associazioni, esponenti politici e persino la Conferenza episcopale italiana.

I Ministri dell’Interno, Cancellieri, e dell’Integrazione, Riccardi, hanno ritenuto «di avviare un’approfondita riflessione e attenta valutazione» sul contributo anche perché «in un momento di crisi che colpisce non solo gli italiani, ma anche i lavoratori stranieri presenti nel nostro Paese, c’è da verificare se la sua applicazione possa essere modulata rispetto al reddito del lavoratore straniero e alla composizione del suo nucleo familiare».

In proposito, però, esistono categorie di stranieri che dimorano in Italia senza necessariamente produrre redditi: per residenza elettiva o per motivi familiari quali i genitori naturali di minori italiani. In ogni caso l’ultima parola spetterà al Parlamento.