Vita Chiesa
Perdonanza Celestiniana, card. Petrocchi: “Chi perdona vede il bene”
“Chi perdona vede il bene. Chi perdona sa che il male deve essere vinto con il bene. Chi si lascia abitare dall’amore di Dio e vive con atteggiamento cristiano il confronto con il male, non solo impara a rispondere al male con il bene, ma impara a ricavare il bene dal male”.
Nelle parole del card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila, il nucleo centrale del messaggio della 728ª “Perdonanza”, che quest’anno vedrà la presenza, il 28 agosto, di Papa Francesco nel Capoluogo abruzzese. Un evento epocale per gli aquilani – aggiunge il Cardinale – durante il quale il Pontefice, oltre a celebrare la Messa e pronunciare l’Angelus, aprirà (la prima volta per un Pontefice) la Porta Santa nella basilica di Santa Maria di Collemaggio e venererà le spoglie di Papa Celestino V, custodite nello stesso luogo. Papa Bergoglio visiterà, inoltre, l’interno del duomo dell’Aquila, ancora chiuso dopo il terremoto del 6 aprile 2009, dove è possibile vedere ancora il disastro provocato da quella calamità. Particolarmente atteso è l’incontro con i familiari delle vittime del sisma perché, spiega il card. Petrocchi, “il loro dolore è anche il dolore del Pastore universale della Chiesa”. La visita del Papa, aggiunge l’arcivescovo, “è un gesto di attenzione, una dichiarazione paterna di affetto. Il Pontefice viene a dire a tutti gli aquilani: “vi voglio bene”. La gente deve sentirsi punto di approdo di un flusso di amore che riattiva le buone potenzialità custodite in ciascuno di noi. L’‘essere-amati’ è fondamentale per imparare ad ‘amar-si’ e quindi ad ‘amare’. L’essere-amati ci pone in un atteggiamento di speranza, teso al recupero e al miglioramento”.
“Questa edizione della Perdonanza – spiega al Sir il cardinale – avviene in uno scenario internazionale segnato da conflitti e, nel caso dell’Europa, lacerato dalla guerra in Ucraina, dopo due anni di pandemia. Le persone sono duramente provate. Il Covid ha messo in ginocchio l’atteggiamento arrogante di una cultura autoreferenziale e ‘titanica’ che proclama l’uomo come unico interprete e artefice del proprio destino: capace di risolvere, con la scienza, tutti i fattori di avversità. Oggi siamo più consapevoli dei nostri limiti, delle nostre fragilità e del bisogno di trovare risposte comuni alle sfide che dobbiamo affrontare”.
“La Perdonanza è anche un appello a trovare forme autentiche di solidarietà, che richiedono sintonia di mente e di cuore. Questa ‘condivisione virtuosa’ deve essere sostenuta dal Perdono, che è amore creativo e trasformante”.
Dunque si può vivere il perdono anche al di fuori di una scelta di fede?
Certamente. Il perdono e la misericordia hanno una valenza evangelica, che manifesta una identità religiosa, al tempo stesso però (come molti altri valori cristiani) possono e devono trovare un risvolto sul piano antropologico: poggiati non solo su un atteggiamento di fede ma anche su evidenze guadagnate da una rigorosa ricerca razionale. Il perdono esige la prontezza a non reagire al male con il male. Ciò non significa lasciar correre, fare finta di nulla e mostrarsi perdenti. Chi perdona non è debole ma si dimostra forte, perché domina le proprie dinamiche ostili. Chi si mette in un atteggiamento di reattività aggressiva si chiude alla possibilità di valutare con giustizia e favorire interazioni valide.
La Perdonanza è fondamentale perché propone un messaggio di incontro e di prossimità.
La “vicinanza” fraterna comporta l’essere “accanto” all’altro, fargli spazio nel proprio cuore e nella concretezza quotidiana. Perché ciò accada è necessario lavorare su sé stessi. Quando la persona si sente compresa, si riaccende nella sua anima la speranza e si riattivano le forze più profonde, non solo di resilienza, ma anche di volontà progettuale e di ripresa.
In un ambiente come L’Aquila, il perdono è una parola chiave per ripartire: “risorgere”, infatti, non significa tornare a come si era prima, ma guadagnare potenzialità inedite e pienezze ricche di futuro promettente.
Il Pontefice entrando nel Duomo vedrà i gravi guasti provocati dal terremoto, ma, incontrando i parenti delle vittime verrà a contatto anche con le ferite che lacerano i sentimenti e condizionano l’avvenire. Saprà dare parole di consolazione, che apriranno nuove prospettive di speranza e di comunione.
Si può essere avversari da un punto di vista ideologico, ma ciò non vuol dire comportarsi da nemici.
Certamente occorre cogliere gli aspetti di “ombra” nelle opinioni dell’altro, ma bisogna anche intercettare e riconoscere i punti in cui ha ragione: insieme al “deficit” va colto anche l’aspetto positivo nelle relazioni interpersonali.