Lettere in redazione
Perché non si parla del giudizio di Moneyval?
Dopo tante illazioni sul Vaticano, è passata quasi inosservata la notizia che lo Ior (Istituto opere di religione) ha superato il test europeo di trasparenza finanziaria. Moneyval, la divisione del Consiglio d’Europa che valuta i sistemi antireciclaggio, ha dichiarato che la Santa Sede è largamente conforme agli standard internazionali ed ha percorso molta strada in breve tempo. Solo 10 paesi su 30 hanno fatto meglio.
Lo Stato della Città del Vaticano riceve molte donazioni in «cash» si raccomada quindi che l’Istituto sia sottoposto nel prossimo futuro alla vigilanza prudenziale di un supervisore indipendente per prevenire il fenomeno del riciclaggio cosi come è avvenuto a livello internazionale. La Santa Sede ha voluto far proprie queste regole nell’utilizzo delle risorse materiali che servono allo svolgimento della propria missione e intende proseguire su questa strada. Credo che per una corretta informazioni i media dovrebbero parlare del Vaticano e della Chiesa anche quando c’è una notizia positiva. Purtroppo non è così.
Quello che tocca è un nodo dolente del sistema dei media: purtroppo son quasi sempre gli scandali o comunque eventi caratterizzati dalle tre «S» (soldi, sangue e sesso) a far «notizia». In questo caso, poi, si aggiunge anche il paraocchi ideologico di certa stampa che associa sempre il Vaticano a qualcosa di torbido. Devo però leggermente correggerla sulla notizia.
Il Rapporto di Moneyval (il comitato di esperti antiriciclaggio del Consiglio d’Europa) del 4 luglio scorso e reso pubblico mercoledì 18 luglio, non riguarda specificamente lo Ior (che comunque è la realtà più importante dal punto di vista finanziario e diverse prescrizioni lo riguardano direttamente), quanto piuttosto la Santa Sede, intesa come «stato sovrano», come Città del Vaticano. Da questo severo esame su antiriciclaggio del denaro e lotta al finanziamento del terrorismo («Anti-money-laundering and combating financing of terrorism») la Santa Sede è risultata «compliant» o «largely compliant»(conforme o molto conforme) a 22 (49%) delle 45 raccomandazioni oggetto di valutazione (le raccomandazioni sono in realtà 49 ma, spiega una nota di Moneyval, 4 sono considerate non applicabili a causa delle caratteristiche uniche della Santa Sede/Stato della Città del Vaticano). Sulle rimanenti 23 (51%) viene giudicata «partially compliant» o «non-compliant» (parzialmente conforme o non conforme).
Questo rapporto, come ha sottolineato mons. Ettore Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, è per il Vaticano «una pietra miliare» nel «costante impegno di coniugare l’impegno morale con l’eccellenza tecnica». Impegno – e di questo dobbiamo darne tutto il merito a Benedetto XVI, che lo ha fortemente voluto – iniziato a fine 2010, con la legge vaticana n. 126 e la conseguente creazione, nel giugno 2011, dell’Autorità di informazione finanziaria, oggi presieduta dal cardinale Attilio Nicora. Occorre anche sottolineare che è stata la Santa Sede a richiedere a Moneyval la valutazione delle misure adottate. Ora ha un anno di tempo per adeguarsi nei punti giudicati ancora insufficienti. La strada certamente è ancora lunga, ma proprio i progressi compiuti così in fretta dal Vaticano (Ior compreso) danno speranza per il futuro. Probabilmente la stampa laica continuerà ad ignorare questo percorso, ma come cristiani credo che dobbiamo esserne molto contenti.
Claudio Turrini