Opinioni & Commenti

Perché non possiamo dirci tutti… cattolici

di Andrea DriganiNel romanzo Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia vi è, tra l’altro, il colloquio frontale tra i due protagonisti : il capitano dei carabinieri Bellodi ed il capo mafioso don Mariano Arena. Il capitano ad un dato momento afferma: «Certi suoi amici dicono che lei è religiosissimo», risponde don Mariano: «Vado in chiesa, mando denaro agli orfanotrofi…», incalza il capitano: «Crede che basti?», l’altro esclama: «Certo che basta: la Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio».

Questo dialogo mi è tornato alla mente leggendo quella strana congerie di domande e di percentuali ricavate da un’inchiesta statistica dedicata agli orientamenti ed ai comportamenti dei «cattolici» italiani. C’è, infatti, un interrogativo preliminare da porsi ed è quello di sapere chi è il «cattolico».

La definizioni sono sempre pericolose perché corrono il rischio di essere incompiute ed incomplete. Ma pur tenendo conto di questa difficoltà, anche sulla base della tradizione teologica, si vedono chiaramente i due elementi costitutivi dell’esser cattolico: aver ricevuto il Battesimo e vivere in comunione con la Chiesa. Mentre il conferimento del Battesimo è un fatto ben preciso e determinato nella storia di ogni persona, il concetto di comunione con la Chiesa deve essere approfondito e valutato. La comunione ecclesiastica non può ridursi ad una vago affetto oppure ad un generico sentimento di benevolenza per il resto della cattolicità, ma assume i suoi veri connotati nel triplice vincolo della professione di fede, dei sacramenti e del governo della Chiesa. Come però si nota dall’esperienza quotidiana, vari e diversi sono i gradi con sui si realizza la comunione con la Chiesa. Senza entrare in specifici giudizi, perché solo il Signore è il «Giudice dei vivi e dei morti», questa comunione è vissuta in modo più o meno perfetto, con differenti e decrescenti intensità e può giungere perfino al suo scioglimento. L’insufficiente od il mancato ascolto della predicazione della parola di Dio, la scarsa od inesistente frequenza alla celebrazione dei sacramenti, la disattenzione od il disinteresse per l’insegnamento del Papa e dei Vescovi, provocano un allentamento, talvolta assai marcato, dei vincoli della comunione; tuttavia solo in casi eccezionali ed estremi, la legge della Chiesa prende atto, con una dichiarazione pubblica, che un battezzato, per i gravi delitti che ha commesso, viene escluso della comunione dei fedeli. Le scomuniche formali sono rarissime in ossequio al principio biblico di non spengere il lucignolo fumigante. La legislazione canonica, sia quella latina che quella orientale, ci ricorda che i fedeli di Cristo hanno l’obbligo di conservar sempre, anche nel loro comportamento, la comunione con la Chiesa. Ma si può dare la circostanza di non essere pienamente fedeli né discepoli del Signore, anche se si è fedeli e discepoli in modo non pieno. Qualcuno potrebbe chiedersi, allora, se vi sono dei cattolici «a metà», la risposta è affermativa (anche se è assai arduo indicare gli appartenenti a siffatta categoria), perciò certe statistiche e percentuali probabilmente sono «a metà». Una cosa comunque mi pare che si debba tener presente: bisogna rifiutare la «lezione» del mafioso don Mariano, non si può stare dentro la Chiesa a modo proprio.

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