Toscana
«Perché mi candido in Europa»
di Claudio Turrini
Sabato 6 e domenica 7 giugno gli italiani sono chiamati a rinnovare la rappresentanza italiana al Parlamento Europeo. Abbiamo chiesto a tre candidati di cui due uscenti ed uno alla sua prima esperienza presenti in liste diverse, di spiegarci perché hanno accettato la candidatura e cosa si impegnano a fare, se eletti, durante il loro mandato. Si tratta di tre volti noti nel mondo cattolico toscano:
– Carlo Casini, magistrato della Corte di Cassazione, 74 anni, presidente del Movimento per la vita italiano, membro della Pontificia Accademia per la vita, è stato parlamentare italiano per la Dc dal 1979 al 1994; eletto a Strasburgo la prima volta nel 1984, poi ancora nel 1999 ed è subentrato nel 2006 a Dionisi per l’Udc;
– Paolo Bartolozzi, 52 anni, già sindaco di Londa, è stato consigliere regionale Dc dal 1987, poi per l’Udc e quindi dal 1995 per Forza Italia (rieletto anche nel 2000 e nel 2005) ed europarlamentare dal 2001 al 2004 e dal giugno 2008, quando è subentrato a Tajani;
– Franco Vaccari, psicologo, 57 anni, da sempre impegnato in esperienze legate al mondo giovanile è fondatore e presidente di «Rondine Cittadella della pace», vicino ad Arezzo
«Sicuramente l’avventura che rappresenta questa nuova Europa, che dopo la ratifica del trattato di Lisbona, finalmente dovrà avere quella autorevolezza politica che in questi anni è mancata. Oggi, e i problemi della crisi economica e finanziaria ne sono la dimostrazione, sempre più le ragioni dello sviluppo e della coesione sociale e i diritti civili della pace, della sicurezza saranno tematiche da affrontare a livello internazionale e non più a livello nazionale».
Quale spazio c’è per una presenza dei cattolici nel Pdl?
«La carta dei valori del Pdl rappresenta molti e significativi punti delle battaglie del mondo cattolico. Basta comunque tener presente le battaglie portate avanti dal Pdl per la difesa della vita, come nel caso Englaro, del diritto delle famiglie alla libertà di educazione e quindi in difesa delle scuole non statali, così come l’impegno a favore della libertà della gerarchia ecclesiastica di esprimere tutte le proprie opinioni anche quando queste sono in contrasto con chi governa, oppure la battaglia per la difesa della tradizione dei valori cattolici contro alcuni concetti lassisti e profondamente sbagliati che confondono spesso integrazione con annullamento della nostra identità cristiana, oltre al riconoscimento del principio di sussidiarietà in tutti i settori anche nella gestione sociale, tutelando e difendendo quelle realtà no-profit così importanti nel nostro Paese. Tutto questo è la testimonianza di quanto i cattolici possano ritrovarsi in questo nuovo soggetto politico».
Per la sua esperienza, con i cattolici presenti negli altri schieramenti è possibile una qualche convergenza?
«In Europa la stragrande maggioranza dei deputati cattolici fanno parte del Partito Popolare Europeo ed è li che noi costruiamo le nostre battaglie politiche e dove possiamo rafforzare la nostra iniziativa in difesa di valori come la famiglia, la scuola libera, la sacralità della vita, il diritto naturale e la solidarietà. È sempre più necessario impegnarsi per tutelare certi valori perché anche in Europa, come nel nostro Paese, esiste una concezione relativista, specie da parte di una certa sinistra radicale che è sempre meno ideologica e sempre più spostata verso un relativismo esasperato. Non sono comunque mancate le occasioni per instaurare proficue collaborazioni trasversali tra singoli parlamentari soprattutto in occasione della stesura della Costituzione europea e non mancheranno altre occasioni anche perché la ratifica del trattato di Lisbona è un passo avanti importante ma non conclude il processo costituente europeo».
Perché votare Pdl alle europee? E perché votare Bartolozzi?
«Innazitutto per affermare in Europa quei valori che prima ho sottolineato e poi perché è fondamentale il peso specifico dell’Italia all’interno del Ppe. Per quanto riguarda la mia candidatura chiedo un sostegno per poter continuare a portare avanti quei valori che hanno sempre caratterizzato il mio impegno in politica da cattolico, anche attraverso una serie di iniziative che ho intrapreso in questo scorcio di legislatura come la lotta contro la contraffazione e le merci illegali in difesa dei marchi italiani, promuovendo la normativa made in a tutela della produzione nazionale; la riduzione delle tasse fino all’80% per i giovani che aprono un’impresa e introduzione del quoziente familiare per ridurre le tasse alle famiglie numerose; l’introduzione dello psicologo nelle scuole; creare parità di condizioni tra l’industria manifatturiera europea e quella dei paesi emergenti. Con oltre il 94% delle presenze al Parlamento Europeo, esprimere un voto di preferenza per la mia candidatura significa dare al possibilità alla Toscana di essere rappresentata a livello europeo in maniera adeguata per poter beneficiare di tutte quelle opportunità di sviluppo ed investimenti che, in questi anni di profonda crisi economica, possono davvero fare la differenza per dare nuovo impulso al tessuto produttivo della nostra terra».
Nel caso di elezione, su cosa caratterizzerà questo nuovo mandato?
«Sicuramente l’impegno in difesa di un Europa che non dimentichi le proprie radici, la sua cultura, che valorizzi i valori della sua tradizione, un Europa capace di costruire un nuovo rapporto tra nord e sud del mondo e che sappia salvaguardare allo stesso tempo i rapporti interni attraverso politiche regionali di coesione e di sviluppo, che sia meno burocratica più efficiente e riesca a sostenere attraverso il principio della sussidiarietà le specificità territoriali nei nuovi processi di globalizzazione».
«Mi sono sempre più convinto di avere una specifica funzione, difficile ma importante: quella di introdurre la questione antropologica, cioè la difesa e la promozione del diritto alla vita e la famiglia, al centro della politica, problemi divenuti particolarmente gravi e urgenti in Italia e in Europa. Sento la responsabilità di non sottrarmi all’impegno, di non buttare via un’esperienza, di continuare fino alla fine quella che mi pare una missione».
Lei è divenuto una specie di simbolo. Tutti sanno che Carlo Casini è «quello della vita». Un suo eventuale insuccesso non sarebbe come la prova che la «vita» e la «famiglia» contano poco nella politica?
«Ho riflettuto molto su questo. Ma alla fine sulla bilancia ha pesato di più la speranza in un consenso capace di dimostrare che c’è un popolo della vita; che il referendum sulla Legge 40 e il Family day non sono stati episodi isolati».
Molti, però, dicono che è riduttivo ridurre tutta la politica alla difesa della vita e della famiglia
«Non è così. La difesa della vita e della famiglia è la prima pietra per costruire una società nuova, dopo il crollo del comunismo reale e la evidente impossibilità di affidare al capitalismo selvaggio il nostro benessere, come è reso evidente dall’attuale crisi economica globale. Madre Teresa di Calcutta ci ha detto tante volte: Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del suo seno che cosa ci resta? Come possiamo realizzare una accoglienza responsabile verso gli immigrati? Come risolvere i problemi della sicurezza senza conservare intatta la passione per la giustizia fondata sulla dignità umana? Come risolvere i problemi delle imprese e della disoccupazione, della casa e del lavoro, se al centro non vi è sempre l’uomo a cominciare dal più piccolo e debole? E i problemi pensionistici e demografici? Davvero: non è possibile cambiare il presente se non ricominciando dal futuro, e il futuro sono i figli, e i figli hanno assoluto bisogno della famiglia».
Ma perché nell’Udc? Ci sono presenze di cristiani in molti partiti sia nel centro-destra, sia nel centro-sinistra.
«Credo di aver esercitato personalmente, con appelli pubblici e privati, resi noti o personali, un’influenza sulla scelta di Berlusconi sul caso Eluana, ed apprezzo, naturalmente, ciò che egli ha fatto e detto a questo proposito. Ma il Popolo della libertà non dà garanzie di compattezza sui temi eticamente sensibili. Basti pensare alle ripetute recenti dichiarazioni di Fini e a quelle di altri esponenti radicali. Solo l’Udc, con tutti i suoi politici ad ogni livello, non ha avuta alcuna screpolatura, né sulla legge 40, né sulla famiglia di fatto, né sulle dichiarazione di fine vita».
E a sinistra? Ci sono molti ex democristiani nel Pd.
«Risponderò con il pensiero di La Pira, a me personalmente espresso tanti anni fa: il vero problema che in Italia impedisce una profonda alleanza con la sinistra è la questione del diritto alla vita. È una tragedia che il Pd continui ad essere il vero partito radicale di massa, come anche nella vicenda Eluana in Parlamento e nelle istituzioni locali (penso alla cittadinanza onoraria concessa da Firenze a Beppino Englaro) è stato dimostrato. È meritevole di apprezzamento il tentativo di alcuni cattolici di cambiare l’anima del Pd, ma per ora non ci sono riusciti. Del resto io so che grande è l’inquietudine in tanti cattolici del Pd, anche in coloro che l’hanno per ora tenuta segreta, non l’hanno, cioè, manifestata pubblicamente come ha fatto l’on. Binetti».
Eppure l’on. Binetti è coraggiosa. Ha persino dichiarato a «L’Espresso» che, pur restando nel Pd alle elezioni europee voterà «per lei»…
«Lo ha detto anche a me personalmente e ne sono molto lieto. Veramente io lancio un appello forte oltre che ai cattolici di destra a quelli di sinistra! Le elezioni europee possono dimostrare quanto davvero pesano i temi bioetici nella politica. In Europa non c’è un governo da sostenere; i confini tra i partiti sono spesso sfumati; non si può porre come unico criterio di scelta il Berlusconismo o l’antiberlusconismo; non si pone la questione del voto utile. O meglio, per chi faccia riferimento alla antropologia cristiana il vero voto utile è per le persone che abbiano dato prova di sapersi battere senza soste per la vita e la famiglia con una meditazione razionale ed europeista. Per questo oso chiedere, con forza, il voto ai tanti amici della sinistra che la pensano come l’on. Binetti, ma non osano dirlo».
«Ho accettato la proposta in meno di 24 ore e l’ho fatto con entusiasmo. Ho sempre amato quello che in apparenza pareva impossibile. Ho recuperato i ricordi che mi legano all’Europa».
Cioè, quali?
«Ho ripensato a quando, da ragazzo, andavo in Belgio a trovare mio nonno. Vedevo e parlavo con i minatori italiani che avevano fatto una scelta difficilissima e dura come quella di lasciare casa e di emigrare. Le loro storie mi suggerirono una prima idea dell’Europa. Poi, da giovane, ho conosciuto Taizè ed ho incontrato i giovani che costruivano una nuova amicizia fra le chiese, le religioni e i popoli. Un’esperienza che mi ha insegnato il segreto della soluzione di ogni conflitto: la conoscenza, il guardarsi in faccia, il parlarsi l’uno di fronte all’altro. Infine l’Europa è venuta a Rondine Cittadella della Pace, un borgo sull’Arno dove i giovani di Paesi in guerra da nemici si scoprono amici».
Mi immagino che non ci siano solo ricordi…
«A queste idee di Europa si sono aggiunte quelle relative alla politica. Si avverte il distacco, da essa e dalle istituzioni, della gente e soprattutto dei giovani che incontro. Non basta criticare la politica o quelli che la fanno. È giusto mettersi alla prova, nella convinzione che non basta lasciare il mondo come l’abbiamo trovato ma che è necessario migliorarlo e che è bello farlo insieme. Sono stato scout e questa idea di Baden Powell mi è sempre sembrata il più diretto dei progetti politici. Il nuovo Parlamento europeo deciderà su questioni e orientamenti cruciali per la nostra vita: una voce della cultura cattolica pronta a confrontarsi con altre culture sarà molto importante, sarà un servizio per tutti».
Perché proprio nel Pd? Ci sono presenze cristiane anche in altri schieramenti.
«Il Pd è il frutto di un processo politico e culturale complesso ma coraggioso. È composto da chi ha deciso di fare un passo avanti rispetto alla politica tradizionale. Ed il passo avanti è stato quello di rielaborare le proprie e talvolta storiche convinzioni. È stato così creato un cantiere politico e culturale nuovo che mi ha attirato. Tanto più che lo sto percependo come un partito vero, fatto cioè di giovani, di donne e di uomini in carne e ossa che mettono in politica la loro faccia. Ho fatto la scelta di un partito che ha la buona abitudine di ogni democrazia, dove si fa gioco di squadra e si vota, configurando maggioranze e minoranze in forma dialettica. È un processo con evidenti luci e ombre, anche dal punto di vista del rispetto di alcuni valori fondamentali. Ma credo che dobbiamo verificare con mano se quanto affermato, essere la casa di molte culture diverse, si possa davvero realizzare: una fatica e una passione insieme».
Insomma lei sta dicendo che in Europa il vero voto utile è per il Pd e, in modo particolare, nell’Italia centrale, per lei?
«Una premessa: ogni voto è utile perché ogni voto esprime il parere di una persona. Anzi, con le Europee si riscopre la libertà di una preferenza, di una scelta della persona, che purtroppo la legge delle politiche ha cancellato, consegnando le chiavi solo ai partiti. Penso che il voto al Pd possa contribuire ad affermare un’Europa che sia delle persone e non solo delle cose, della politica e non solo dell’economia. Lavorerò perché si possa dare nuovo slancio all’Europa e si arrivi non ad una somma di Stati ma ad una visione politica unitaria che collochi il nostro continente in un ruolo determinante sia per le politiche economiche che di pace nel mondo. La fine dei blocchi non ha ancora determinato nuovi e stabili assetti mondiali. L’Europa può e deve avere il suo ruolo tra gli Stati Uniti ed i giganti asiatici che si stanno affermando. Lo può avere sul terreno economico ma anche su quello delle relazioni internazionali».
Nel caso di elezione, su cosa caratterizzerà il suo mandato?
«Lavorare per un nuovo sviluppo che non può prescindere dall’Europa. Arezzo, la Toscana, l’Italia centrale devono avere voce a Strasburgo. Soprattutto su alcuni grandi temi strategici: ambiente, economia, agricoltura e naturalmente, cultura e formazione, due settori nei quali ho lavorato da sempre, come insegnante prima di religione e poi di psicologia. Bisogna anche restituire interesse ai cittadini per il Parlamento Europeo: alle critiche all’eurocasta, bisogna rispondere con una nuova disponibilità a svolgere, con serietà il lavoro di parlamentare europeo. Se gli elettori me ne daranno la possibilità, andrò in Europa per fare quello che ho sempre fatto nella mia vita: lavorare, studiare e anche un po’ pregare. Come La Pira sono convinto che la preghiera sia uno dei motori del mondo».
Europee 2009, tutti i candidati nella circoscrizione Italia Centrale