Lettere in redazione
Per Gianfranco Fini il «trattamento Boffo»
Trattamento Boffo»: è quello che Giorgio Stracquadanio ritiene giusto riservare a quanti ostacolano, in un modo o nell’altro, «il gran capo». Solidarizza, così, con quel galantuomo di Feltri e lo incita a portare avanti le iniziative intraprese contro il Presidente della Camera.
Già, quel Vittorio Feltri che, aggiudicatosi il «Premio Boffo», è ora decisamente impegnato a conquistare il «Premio Gianfranco Fini». Attenzione però! Non sempre si incontra chi è disposto a porgere l’altra guancia.
E’ passato un anno dalla campagna diffamatoria e squadristica de «Il Giornale» di Vittorio Feltri (pagato dalla famiglia Berlusconi) contro Dino Boffo, direttore di «Avvenire». Se lo ricordino i cattolici! Dopo più di tre mesi arrivarono piccole lacrime di coccodrillo del direttore de «Il Giornale». Vorrei, come un anno fa, rinnovare la mia stima e gratitudine verso Dino Boffo.
Quando scoppiò il «caso Boffo», giusto un anno fa, questo settimanale fu tra le poche voci che si alzarono prontamente in sua difesa, stigmatizzando come ha scritto recentemente il suo successore ad «Avvenire», Marco Taquinio «l’ossessiva aggressione a colpi di grossolane falsità (poi ammesse dallo stesso incauto e feroce accusatore)», contro Dino Boffo. Anche tra i lettori di Toscana Oggi ci fu chi giudicò i nostri interventi (ricordo che dedicammo al «caso» diverse pagine: Politica, giornalismo e Chiesa, le ripercussioni del caso «Avvenire») come «eccessivi», quasi fossero stati una sorta di difesa d’ufficio della stampa cattolica o della Chiesa.
Il tempo ci ha dato ragione, ma non ha sanato le ferite. L’aggressore, pur avendo ammesso il proprio errore ed esser stato condannato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia a sei mesi di sospensione dalla professione, è ancora alla guida del quotidiano della famiglia Berlusconi e da quelle pagine utilizza lo stesso stile contro gli avversari politici del suo proprietario. E c’è chi, come il deputato Pdl, Giorgio Stracquadanio, è arrivato esplicitamente a teorizzare l’applicazione del «metodo Boffo» a Gianfranco Fini, per costringerlo a dimettersi. Per noi lo ripetiamo con le parole di Marco Tarquinio quel «metodo» è solo «un misfatto, perché significa usare la stampa per fare del male in modo consapevole e violento». E «misfatto» resta indipendentemente da chi sia il bersaglio della campagna di denigrazione.