Firenze

Pentecoste: preghiera ecumenica nella basilica di San Marco

Tutti sono invitati, soprattutto quanti cercano un aiuto a pregare, perché, come afferma San Paolo, «lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (Rm8,26-27). Ogni incontro tra cristiani separati costituisce infatti una situazione in cui «non sappiamo … pregare in modo conveniente», visto che né dall’una né dall’altra parte si vuole più convincere o convertire, ma solo comprendere, convivere e amare. Che cosa allora chiedere a Dio? Per che cosa pregare? Soprattutto come pregare insieme, se da mezzo millennio sia l’una che l’altra tradizione cristiana – quella cattolica e quella protestante –  ha sviluppato un proprio linguaggio, con una sua sintassi e un suo lessico diversi da quelli dell’altro, e col mondo Ortodosso la spaccatura è ancora più antica. Per pregare insieme serve qualcosa di completamente nuovo, che né ortodossi, né protestanti né cattolici sono in grado di escogitare.Serve in effetti l’intervento dello Spirito Santo: lo stesso Spirito che galleggiò sulle acque alla creazione del mondo, e che ricoprì Maria con l’ombra divina all’Annunciazione, e che scese su Gesù al Battesimo, e che illuminò gli apostoli il giorno di Pentecoste. Serve lo ’Spirito Creatore’ la cui presenza è da sempre associata all’arte, che è trasformazione della materia, ed è significativo che l’incontro di Pentecoste abbia luogo nella chiesa del Beato Angelico, accanto al convento da lui affrescato negli anni del Concilio di Firenze.Il già citato brano di San Paolo parla in effetti di trasformazione della materia e del cuore umano: «Sappiamo infatti che tutt’insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» (Rm8, 22-23). E, come per insistere sul carattere mistico del legame tra gli uomini e la creazione materiale, aggiunge: «Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza» (Rm8,24-25).Nel giorno di Pentecoste la chiesa Cattolica, nell’orazione della Messa della Vigilia, specifica la trasformazione che essa spera, anche se per ora non la vede. Dice: «O Dio dell’alleanza antica e nuova, che ti sei rivelato nel fuoco della santa montagna e nella Pentecoste del tuo Spirito, fa un rogo solo dei nostri orgogli, e distruggi gli odi e le armi della morte; accendi in noi la fiamma della tua carità, perché il nuovo Israele radunato da tutti i popoli accolga con gioia la legge eterna del tuo amore». E un Padre della Chiesa, Didimo di Alessandria d’Egitto (313-398), nel suo Trattato sulla Trinità, ricordano le parole di Gesù: «In verità, in verità ti dico. Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio», afferma che «il fonte battesimale…partorisce – cioè fa emergere visibilmente – il nostro corpo visibile per il ministero dei sacerdoti. Ma, sul piano spirituale, colui che battezza è lo Spirito Santo, del tutto invisibile». E aggiunge: «Come un vaso d’argilla il corpo umano ha bisogno per prima cosa di venir purificato dall’acqua, quindi di essere reso saldo e perfetto per mezzo del fuoco spirituale, cioè di Dio che è fuoco divorante. Poi deve accogliere in sé lo Spirito Santo, dal quale riceve la sua perfezione e da cui viene rinnovato: infatti il fuoco spirituale è anche in grado di irrigare, e l’acqua spiritale di bruciare». Ecco, domenica 20 maggio alle 17 in San Marco, i cristiani, tutti battezzati anche se separati da storiche differenze di interpretazione e di prassi ecclesiale, vogliono accogliere insieme il fuoco che irriga e l’acqua che brucia-lo Spirito Santo che solo unisce.*Mons. Timothy Verdon è Direttore del Centro per l’Ecumenismo dell’Arcidiocesi di Firenze