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Pena di morte: Amnesty, “calano del 5% esecuzioni nel mondo (657), minimo storico ultimi 10 anni”

alano del 5% le esecuzioni nel mondo, il minimo storico degli ultimi dieci anni. Sono state almeno 657 nel 2019 a fronte di almeno 690 del 2018: è quanto emerge dal rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel mondo pubblicato oggi.

La tendenza globale vede una diminuzione delle esecuzioni per il quarto anno consecutivo. “La pena di morte – afferma Clare Algar, direttrice di Amnesty international per la ricerca e l’advocacy – è una pena disumana e ripugnante e non esistono prove attendibili che scoraggi i reati più della pena detentiva. La vasta maggioranza dei Paesi lo riconosce e vedere che le esecuzioni continuano a diminuire in tutto il mondo è incoraggiante”. Per la prima volta dal 2011, c’è stato un calo nel numero di Paesi in cui è stata applicata la pena di morte nell’area dell’Asia e Pacifico, con esecuzioni in sette nazioni. Giappone e Singapore hanno drasticamente ridotto il numero di persone messe a morte, rispettivamente da 15 a 3 e da 13 a 4. Per la prima volta dal 2010, non sono state registrate esecuzioni in Afghanistan. Anche a Taiwan e in Thailandia, dove nel 2018 c’erano state esecuzioni, sono state registrate delle sospensioni; al contempo, Kazakistan, Russia, Tagikistan, Malesia e Gambia hanno continuato a rispettare le moratorie ufficiali. In totale sono 106 i Paesi che in tutto il mondo hanno abolito la pena di morte dal loro ordinamento per tutti i reati e 142 quelli che l’hanno abolita nella legge o nella prassi. Inoltre, molti Paesi hanno compiuto progressi positivi nel mettere fine alla pena di morte. Ad esempio, il presidente della Guinea Equatoriale ad aprile ha annunciato che il governo introdurrà una normativa atta ad abolire la pena di morte. Sviluppi positivi che potrebbero portare all’abolizione della pena di morte sono stati registrati anche nella Repubblica Centrafricana, in Kenya, Gambia e Zimbabwe. Anche le Barbados hanno eliminato la pena di morte obbligatoria dalla Costituzione. Negli Usa, il governatore della California ha istituito una moratoria ufficiale sulle esecuzioni nello Stato americano, che registra il maggior numero di persone nel braccio della morte, e il New Hampshire è divenuto il 21° Stato americano ad abolire la pena di morte per tutti i reati.

Nel 2019 “Record di esecuzioni in Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen. Al primo posto sempre la Cina”

Nel 2019 in Arabia Saudita si è registrato il numero più alto di esecuzioni in un solo anno, con 184 persone messe a morte (nel 2018 erano state 149): sei donne e 178 uomini, poco più della metà erano stranieri, tra cui molti sciiti condannati per “terrorismo” dopo processi basati su confessioni estorte sotto tortura. In Iraq il numero delle esecuzioni è raddoppiato e l’Iran continua a venire subito dopo la Cina, dove il numero esatto di persone messe a morte resta un segreto di Stato. I cinque Paesi con il maggior numero di esecuzioni nel 2019 sono quindi: Cina (migliaia), Iran (almeno 251), Arabia Saudita (184), Iraq (almeno 100) ed Egitto (almeno 32). È quanto emerge dal rapporto di Amnesty international sulla pena di morte nel mondo, diffuso oggi. Sono 20 i Paesi responsabili del numero totale di tutte le esecuzioni nel mondo. In Arabia Saudita, spiega Clare Algar, direttrice di Amnesty International per la ricerca e l’advocacy, la pena di morte “è stata utilizzata anche come arma nei confronti dei dissidenti politici, uno sviluppo preoccupante”. Sulla Cina non sono a disposizione cifre ma il numero delle esecuzioni è stimato nell’ordine delle migliaia. Altri Paesi con numeri alti di esecuzioni, tra i quali Iran, Corea del Nord e Vietnam, hanno continuato a nascondere il ricorso alla pena di morte limitando l’accesso alle informazioni. In Iran sono state messe a morte almeno 251 persone nel 2019, rispetto alle almeno 253 del 2018, di cui quattro minorenni all’epoca del reato. In Iraq, il numero di persone messe a morte è raddoppiato dalle 52 del 2018 alle almeno 100 del 2019, soprattutto esponenti del gruppo armato “Stato islamico”. In Sud Sudan sono state messe a morte almeno 11 persone nel 2019, il numero più alto mai registrato dall’indipendenza nel 2011. Anche il Bahrain ha ripreso le esecuzioni dopo  un anno, mettendo a morte tre persone. “Le esecuzioni – dice Algar – si svolgono in segreto in tutto il mondo. In alcuni Paesi, dalla Bielorussia al Botswana fino all’Iran e il Giappone, le esecuzioni sono condotte senza informare preventivamente i familiari, avvocati o in alcuni casi gli interessati stessi”. “Chiediamo a ogni singolo Stato – conclude – di abolire la pena di morte. Bisogna esercitare una pressione a livello internazionale sui pochi che ancora la applicano perché mettano fine per sempre a questa pratica disumana”.