Italia
Pena di morte, abolirla è possibile
Il 26 aprile il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione che verrà presentata all’Onu per chiedere una moratoria sulla pena di morte in tutto il mondo. Una richiesta che purtroppo troverà alcune resistenze in quanto alcuni Paesi la ritengono una ingerenza negli affari interni di uno Stato. La scorsa settimana Amnesty International ha presentato a Roma il rapporto sulla pena capitale nel mondo. Ne proponiamo una sintesi.
IRENE KHAN, dal 2001, prima donna e musulmana a segretario generale di Amnesty International, organizzazione non-governativa impegnata dal 1961 nella difesa dei diritti umani, Nobel per la Pace nel 1977, venerdì 27, ha presentato alla stampa il rapporto sulla pena di morte nel mondo. Il giorno prima, il Parlamento europeo approvava, a larghissima maggioranza, una risoluzione di 50 righe a sostegno di una moratoria universale, proposta dall’Italia, che il presidente Angela Merkel presenterà all’Assemblea delle Nazioni Unite. A seguito dell’incontro di giovedì 26 con il premier Romano Prodi, Khan ha riferito della disponibilità del governo italiano a guidare una coalizione intergovernativa globale per promuovere l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. L’Italia “ha fatto molto per la difesa dei diritti umani”, ha commentato Khan, che ha, però, rimproverato una “lentezza” nel ratificare gli accordi internazionali. Come il protocollo13 della Convenzione europea sui diritti umani, che prevede l’abolizione totale della pena di morte, “firmato, ma ancora non ratificato dall’Italia”. Il presidente del Consiglio si sarebbe detto pronto a costituire un gruppo, non soltanto europeo, di “campioni del cambiamento legislativo, per raccogliere la sfida di promuovere l’abolizione nei 69 Paesi che ancora la praticano, senza fermarsi finché non sarà definitiva”. Un obiettivo “possibile ha detto Khan se governi influenti daranno un segnale di leadership politica”. Perché, la pena di morte è la “forma estrema di punizione crudele, disumana, degradante, che altro non è che un residuo di barbarie”. E ha citato il filosofo italiano Cesare Beccaria: “Non può essere utile, perché dà un esempio di brutalità agli uomini”.
PRIMATO NEGATIVO ALLA CINA. Khan ha dichiarato “ottimismo”, per la tendenza alla diminuzione delle esecuzioni capitali, “benché aumenti l’applicazione in termini geografici”. Sono 128 gli Stati che non praticano la pena di morte: 88 l’hanno abolita legalmente, 11 la prevedono in casi eccezionali, 29 non registrano condanne da circa dieci anni. In Europa, è prevista solo in Bielorussia. L’ultimo ad abolirla, le Filippine, nel 2006. Nello stesso anno, l’avrebbero comminata 25 Paesi (8 del Medio Oriente, 10 asiatici, 6 africani, 12 degli Stati Uniti), contro i 22 del 2005, con 1591 giustiziati, contro i 2148 dell’anno precedente. Il 90 percento del totale in soli 6 Stati: Cina, Iran, Iraq, Pakistan, Sudan e Stati Uniti. I condannati sono stati, invece, 3861 in 55 Paesi, e tra le 19mila e le 24mila persone si trovano nei bracci della morte, in attesa che la condanna sia eseguita. La Cina mantiene il primato negativo, con 1010 giustiziati accertati, nel 2006, per fucilazione e iniezione letale, anche per reati minori, come la corruzione. Ma, “fonti fidate dicono che sarebbero circa 8000”. “Ci auguriamo ha commentato Khan che le Olimpiadi di Pechino 2008 siano l’occasione per aumentare la pressione diplomatica per chiedere l’abolizione”. In Pakistan ci sono state 82 esecuzioni capitali, in Iraq e in Sudan , 65, negli Stati Uniti, 53.
PRIORITÀ, NON UCCIDERE I BAMBINI. In Iran, che ancora prevede la lapidazione per le concubine, sono state impiccate 177 persone, quasi il doppio del 2005. Tra loro anche 4 minorenni. Dunque, Amnesty International chiede di “accelerare almeno l’abolizione della pena di morte per i minori”. Nonostante i trattati internazionali sui diritti umani (Patto internazionale sui diritti civili e politici, Convenzione americana sui diritti umani, Convenzione europea sui diritti umani) ne proibiscano l’applicazione nei confronti di imputati con meno di 18 anni al momento del reato, 9 Paesi non rispettano il divieto: Iran, Stati Uniti, Arabia Saudita, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Pakistan, Sudan e Yemen. Stati Uniti e Iran sono ai primi posti per numero di esecuzioni capitali minorili. Dal 1990, negli Usa sono stati giustiziati 19 i minorenni. A marzo 2005, la Corte suprema degli Stati Uniti ha dichiarato incostituzionale la condanna a morte per i minori. Sono oltre 100, invece, i Paesi che hanno emesso leggi che la escludono, mentre Cina, Pakistan, Usa e Yemen avrebbero portato l’età a 18 anni.
INUTILE CRUDELTÀ. Per Khan, “la pena capitale non è un deterrente per la criminalità”. Infatti, “i dati più recenti sul tasso di delinquenza nei Paesi abolizionisti dimostrano che non si registrano aumenti dove la pena di morte non è più applicata”. Anzi, in qualche caso è diminuita. Come in Canada, dove sono un terzo in meno rispetto all’epoca precedente il 1975, anno di abolizione. E poi, “i rischi di condannare innocenti sono altissimi”. Negli Stati Uniti, per esempio, dove si pratica ancora in 22 Stati, ben 123 condannati sono stati rilasciati, dal 1973, perché accertata la loro innocenza, l’ultimo nel 2006, due nel 2005, sei nel 2004. Il Texas registra la più alta percentuale di esecuzioni (36 percento). In Florida, lo scorso dicembre, il governatore Jeb Bush le ha sospese per “valutare l’umanità e la costituzionalità dell’iniezione letale”.