Toscana
Pedofilia, altro che Bbc… Un film a tesi per attaccare il Papa
di Andrea Fagioli
Sgombriamo il campo da possibili equivoci: certi fatti di cui parla il video Sex crimes and the Vatican sono stati accertati e alcuni dei responsabili dei crimini sessuali nei confronti di minori sono stati giustamente condannati.
Detto questo, precisiamo subito che Sex crimes and the Vatican (nella foto un fotogramma del film), trasmesso in Inghilterra il 1° ottobre 2006 e ora programmato in Italia nella trasmissione di Michele Santoro Anno Zero, non è un documentario ma un film. E come tutti i film (anche se la cosa varrebbe pure per i documentari) ha un protagonista e una storia destinati a esprimere un’idea, quella del suo autore o dei suoi autori.
Sex crimes and the Vatican, dunque, narra la storia del quarantenne irlandese Colm O’Gorman, il quale, dopo essere tornato a Ferns dove all’età di 14 anni subì violenze da parte di un prete, cerca e interpella, in giro per il mondo, le vittime come lui di abusi sessuali da parte di sacerdoti, per dimostrare, attraverso le loro testimonianze e i pareri di un esperto di diritto canonico e di un paio di avvocati, che la Chiesa cattolica nasconde i casi (nascondendo anche materialmente alcuni preti pedofili in Vaticano) e che il principale responsabile di tutto questo è Joseph Ratzinger, prima cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e ora Papa Benedetto XVI.
I modi cinematografici, che hanno poco a che fare con il documentario per il quale vorrebbe essere fatto passare Sex crimes and the Vatican, sono molto precisi (alcuni sono ripresi a parte nella colonna di destra). Innanzitutto il film inizia con la testimonianza scioccante di padre Oliver O’Grady, sacerdote di origine irlandese processato in America e poi ridotto allo stato laicale.
Solo a questo punto arrivano i titoli di testa, che poi consistono nel solo titolo del film, Sex crimes and the Vatican. Non viene indicato nessun regista, nessun autore. Solo nella primissima immagine di O’Grady appare in basso la sigla Bbc, l’emittente inglese che ha prodotto il film.
Il fatto che non vi sia nessuna indicazione di questo tipo serve agli autori (che ci sono eccome) a far credere ancora di più allo spettatore che si tratti di un documentario.
A questo punto le immagini ci portano in Irlanda, nella diocesi di Ferns. Qui entra in scena Colm O’Gorman, «una delle vittime dice lo speakear tornata a Ferns per fare i conti col suo passato. All’età di 14 anni Colm fu violentato da padre Fortune». Solo ora si viene a sapere che «Colm dirige una associazione irlandese che si occupa delle vittime».
Colm comincia il suo giro d’interviste. La prima è ad Aidan Doyle, un’altra vittima di padre Fortune. Si comincia a parlare di segreto confessionale e soprattutto del documento Crimen sollecitationis del 1962 con la macchina da presa che indugia sulla scritta «confidential» («riservato»), che appare persino posticcia, comunque molto più evidente di tutto il resto del testo i cui brani più significativi (ovviamente secondo gli autori del film) vengono estrapolati, con tecnica anche qui prettamente cinematografica, e portati in primo piano. In più, a dare forza alla tesi che la Chiesa abbia imposto il silenzio alle vittime degli abusi con la minaccia della scomunica, si vedono alcune foto di Aidan Doyle da piccolo con la voce fuori campo che dice: «Aiden restò così impaurito che ha taciuto per quarant’anni».
Entra in scena padre Tom Doyle (stesso cognome di una delle vittime), «un esperto di diritto canonico, un tempo stimato in Vaticano, ma oggi non più a causa dice lo speaker del suo interessamento agli abusi del clero». Doyle parla della segretezza prescritta dal Crimen sollicitationis, ma soprattutto lo speaker afferma che «fu Ratzinger a imporlo per 20 anni» e che «nel 2001 emanò il seguito del Crimen sollicitationis». Il tutto sulle immagini ancora dell’elezione di Benedetto XVI preceduta addirittura dall’«Habemus papam». E qui si ingenerano volutamente gli equivoci di cui si parla nell’intervista a monsignor Andrea Drigani pubblicata a lato.
Nel film, Colm è sempre più protagonista. La scena si sposta negli Stati Uniti. Colm parla di 4 mila 500 preti accusati di violenza o abusi sessuali sui minori. Non specifica se si tratta di cattolici e basta, ma se così fosse sarebbe un numero sproporzionato. Dopo una contrapposizione tra immagini di mare e di città, ritorna O’Grady, che rappresenta l’unica testimonianza da parte degli autori dei crimini. Questa volta chiarisce i suoi «gusti» dicendo di essere attratto dai bambini maschi «piuttosto magrolini, dei quali mi attraeva la zona genitale, che una forza irresistibile mi costringeva a toccare», mentre per quanto riguarda le ragazzine voleva «solo guardare i loro indumenti intimi». «Sì, certo confessa O’Grady provavo più piacere che a toccarle». Affermazione che contraddice quella iniziale in cui parlava di abbracciare una bambina («Supponiamo che si chimi Sally») dopo averla adescata.
Qui per la prima volta si capisce anche che O’Grady è irlandese ma che viene processato in America e che il principale responsabile della copertura dello scandalo sarebbe l’allora (si parla del 1976) cardinale di Los Angeles, Roger Mahoney, che immagini di repertorio fanno vedere mentre attraversa piazza San Pietro. Guarda caso, però, che Mahoney è arcivescovo di Los Angeles dal 1985.
Poco dopo, sull’intervista ad Anne Burke (del Comitato nazionale statunitense per il riesame) e alla affermazione che «la segretezza della Chiesa è pari a quella della mafia», si vedono immagini del Concistoro e immagini sfuocate di vescovi e ancora di Ratzinger da cardinale. Poi ancora immagini di vecchi cardinali che sonnecchiano o stanno a bocca aperta con l’aria ebete. Poi ancora Ratzinger che eleva l’ostia consacrata e il calice. Fin troppo esplicita la volontà di dare l’idea di una Chiesa vecchia e chiusa in se stessa che, come dice ancora lo speaker, «non impara niente dagli errori del passato».
Gli esempi sarebbero tantissimi, ma quello che deve essere chiaro è che la forza delle accuse non sta in una eventuale documentazione ma solo nelle immagini e nella costruzione del film.
Nessuno, come detto all’inizio, nega i fatti realmente accaduti, ma con un’opera cinematografica come questa si può dire tutto e il contrario di tutto.
Infine, ma non è un elemento secondario, bisogna tener presente che siamo di fronte ad una produzione inglese che tratta soprattutto di preti cattolici irlandesi. Diventa persino banale ricordare che l’Inghilterra è un Paese anglicano e che la questione irlandese rimane una delle più spinose per il Regno Unito.