Lettere in redazione

Pavarotti, funerali un po’ «stonati»

Caro Direttore,ho seguito alla televisione i funerali di Pavarotti e, mentre mi sono unita alla preghiera e al dolore di molti, ho provato stupore per la solennità riservata all’evento. La preghiera di suffragio è doverosa e si deve esprimere anche nella forma, ma gli eccessi….Si è dato grande onore alla genialità e all’arte, ma poco rispetto alla sacralità della famiglia. Inoltre, vorrei aggiungere, il Paese si onora non solo con i successi artistici, scientifici e sportivi, ma anche contribuendo rettamente a quanto le leggi tributarie richiedono. In sintesi direi che da questo evento, così come è stato gestito, è passato un messaggio non positivo. Virginia GoriFirenzeIl disagio, che lei, gentile signora Virginia, esprime, emerge anche da altre lettere giunte in Redazione e si può cogliere nei commenti di molti.Ci si chiede infatti se, data la situazione familiare di Pavarotti – per la Chiesa «oggettivamente disordinata» – era proprio necessario celebrarne solennemente i funerali in Cattedrale. E alcuni giornali hanno ricordato che un anno fa (ottobre 2006) questi erano stati negati dal parroco di Brognaturo (Sulmona), in pieno accordo col Vescovo, ad un camionista del paese, divorziato e risposato.

Di fronte a decisioni così diverse è opportuno riflettere sul significato profondo delle esequie cristiane che si è molto attenuato nel sentire comune. Il vescovo di Modena, mons. Cocchi lo ha richiamato con chiarezza nella sua omelia «Non sono l’esaltazione del defunto, non sono una specie di beatificazione. È la Chiesa che, con il Battesimo, ci ha accolti un giorno come fa una madre con il figlio, accompagna nell’ultimo viaggio ogni cristiano che non rifiuti esplicitamente i riti sacri. E la comunità cristiana raccolta in preghiera si rivolge a Dio per chiedergli di accogliere con la sua misericordia chi ha concluso il cammino terreno e si presenta davanti a lui». In quest’ottica non è quindi in discussione il funerale religioso a Pavarotti di cui – sono sempre parole del Vescovo – «era nota la fede mai rinnegata o nascosta e la profonda umanità che lo ha portato ad iniziative di grande valore sociale». Ha lasciato invece perplessi la solennità del rito, forse inevitabile data la notorietà di Pavarotti, e soprattutto non aver fatto cenno nell’omelia alla sua situazione familiare, evidenziata dalla presenta un po’ imbarazzante, delle due mogli. Non certo per polemizzare o giudicare, ma per far verità e presentare alla misericordia di Dio e alla riflessione dei fedeli anche quest’aspetto non certo marginale per la Chiesa.

Ma al di là della singola vicenda credo sia importante riportare le esequie cristiane, che spesso tendono a diventare cerimonia o spettacolo con tanto di applausi, a quella sobrietà che si fa silenzio pensoso e orante perché di fronte alla morte, anche se illuminata dalla fede, «l’enigma della condizione umana tocca  – come ci ricorda la “Gaudium et Spes” – il suo vertice».

Il testo integrale dell’omelia di mons. Cocchi (dal sito della Diocesi di Modena)