Italia
Patto per la salute: rifinanziare Ssn e reinvestire risparmi da buona governance
Porre al centro dell’agenda politica il tema del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, rivedendo i criteri di riparto del fondo sanitario a partire dai reali bisogni di salute della popolazione; superare la logica del superticket, oggi elemento di iniquità e per troppi cittadini barriera all’accesso ai servizi sanitari; reinvestire i risparmi derivanti da una buona governance sanitaria all’interno dello stesso Ssn. Questi i punti essenziali del Patto per la salute siglato oggi a Roma, presso la sede di Confcooperative, da cittadini e medici, rappresentati rispettivamente da Cittadinanzattiva e Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri). Alla presentazione del documento, rivolto «al governo e ai ministri competenti», hanno partecipato anche Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, e Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute.
«Cittadinanzattiva e Fnomceo fanno da anni fronte comune per difendere i diritti, costituzionalmente protetti, alla tutela della salute e all’uguaglianza», esordisce il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli richiamando i numerosi interventi congiunti, tra cui l’iniziativa «Cura di coppia», volta a migliorare il rapporto medico-paziente. «Il tema della lotta alle disuguaglianze, come sottolineato anche dalle recenti dichiarazioni del ministro Speranza, è un tema centrale per il Servizio sanitario nazionale, ma non riguarda solo il rapporto tra nord e sud, bensì anche quello tra aree della stessa regione o tra generazioni», aggiunge Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, che avverte: «Architrave della coesione sociale fin dalla sua fondazione con la legge n. 833 del 1978, il Ssn deve tornare a essere uno strumento di sviluppo sociale del Paese, in grado di garantire ai cittadini l’effettiva esigibilità dei loro diritti».
Purtroppo lo scenario è molto diverso. Il progressivo definanziamento del Servizio sanitario nazionale; la creazione di 21 differenti servizi sanitari regionali (per liste d’attesa, modelli organizzativi, procedure di emergenza-urgenza, integrazione ospedale-territorio, dotazione e composizione del personale, accesso all’innovazione, coperture vaccinali, screening oncologici); l’aumento della spesa out of pocket per cure e prestazioni; la carenza di personale medico-specialistico e infermieristico, dovuta all’errata programmazione, «minano i diritti garantiti dagli articoli 3 e 32 della Costituzione italiana», osservano i promotori del’iniziativa. Di qui la proposta alla politica di una «ricetta» per ristabilire universalità ed equità d’accesso al diritto alla salute.
I rappresentanti di cittadini e medici chiedono dunque al governo e ai ministri competenti di porre fine alle disuguaglianze «tenendo conto del lavoro sviluppato dalla Strategia nazionale per le aree interne», che costituiscono circa tre quinti dell’intero territorio nazionale ma distano dai grandi agglomerati urbani e dai centri di servizi; di «riorganizzare le reti dell’offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale; di valutare i fabbisogni del personale del Servizio sanitario nazionale e dei cittadini che vi accedono;di implementare le infrastrutture e i modelli organizzativi per realizzare il sistema di interconnessione dei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale». Sono inoltre necessarie «azioni che valorizzino l’autonomia e l’indipendenza della professione medica». Tra le più urgenti, «la revisione dei limiti nella prescrizione dei farmaci, da attuarsi coinvolgendo nei Tavoli dell’Aifa le organizzazioni civiche e le federazioni degli ordini dei medici».
Secondo Cittadinanzattiva e Fnomceo, tutto questo potrebbe essere realizzato rapidamente con l’emanazione dei decreti per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni ambulatoriali e dei dispositivi medici
L’ultima richiesta infine, per superare le disuguaglianze di accesso al Ssn, è quella di un Tavolo di confronto sulle proposte di autonomia differenziata aperto alle associazioni di cittadini-pazienti e alle organizzazioni rappresentative dei professionisti della salute.
Il rischio da evitare è la creazione di cittadini di serie A e di serie B – che in parte sono già sotto gli occhi di tutti – attraverso l’impegno per costruire un modello decentrato più vicino alle esigenze delle persone e dei territori, con uno Stato centrale che eserciti realmente funzione di garanzia per i diritti individuali dei cittadini e abbia la possibilità di intervenire in via sussidiaria in caso di inefficienza degli enti locali.