Vita Chiesa

Pasqua, messaggio del vescovo Carlo alla diocesi di Massa Marittima: “Il nostro essere cristiani, infatti, trova il suo fondamento nella risurrezione del Signore”

Carissimi fratelli e sorelle,

la SETTIMANA SANTA o SETTIMANA MAGGIORE che ci sta davanti e ci condurrà attraverso il triduo pasquale alla celebrazione della solennità di Pasqua sembra perdere sempre più identità, significato, colore e soprattutto vivacità nel nostro comune sentire. I gesti e le parole che la liturgia ripete, mentre perdono di significato e di consenso, assumono sempre più i connotati di opacità, stanchezza e insignificanza.

Tutto questo spinge alcuni a partire alla ricerca di un nuovo che si perde e disperde: un innocente e breve entusiasmo per un inedito che nasce e muore nello stesso giorno, effimero quotidiano che non vedrà mai un domani. È la magra e spesso puntigliosa soddisfazione di chi si accontenta di fare progetti: progettare e riprogettare e poi progettare ciò che ha già progettato.

Si propongono con prosopopea minestre riscaldate, mentre si esigono piatti prelibati ed inediti, contestando con sufficienza i pur deboli sforzi di chi invece tenta di mettervi mano. Così facendo ci releghiamo, quasi facendoci schiavi, in una sorta di autocelebrazione. Autocelebrazioni tanto usuali ai nostri giorni che definiscono, non di rado, il nostro stile di vita, il nostro modo di essere cristiani non alla luce di Dio ma di noi stessi. Una luce che non è altro che buio pesto.

«Il buio veramente minaccioso per l’uomo è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga. Dove vada la stessa nostra vita. Che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo» (BENEDETTO XVI, Omelia nella Veglia Pasquale, 7.IV.2012).

Dobbiamo ripartire lasciandoci orientare dalla luce della Parola di Dio e dalla grazia che scaturisce dai sacramenti. Sappiamo che «tutto ciò che riguarda il culto di Dio fa bene all’uomo, non a Dio» (Agostino d’Ippona, Città di Dio, X,5).

Diversamente l’uomo non celebra Dio e orienta se stesso non nella verità, ma piuttosto nel terribile equivoco di credersi ciò che non è, divenendo un delirante che si abbatte o si esalta. E questo avviene nelle grandi e piccole occasioni, negli stravaganti appuntamenti che ormai sostituiscono le celebrazioni della Chiesa con qualcosa d’altro, nel susseguirsi delle feste dell’anno, non più celebrate e tanto meno vissute, compresa la solennità pasquale.

«Carissimi, prima della liturgia cristiana c’è stata la vita di Cristo, e se questa vita non fosse stata vissuta la nostra liturgia sarebbe priva del proprio oggetto. La nuda e semplice liturgia della prima generazione dei cristiani non ha avuto altra fonte che non fosse la vita di Gesù di Nazaret. Solo dopo la Pasqua, quando Gesù non era più fisicamente tra loro, i suoi discepoli hanno cominciato a celebrare Lui, la sua vita (non un’astratta idea di Dio), facendo memoria delle sue parole e dei suoi gesti alla luce dei testi delle sante Scritture d’Israele. Così, celebrando l’umanità di Cristo la liturgia dei cristiani ne ha assunto i tratti, le caratteristiche, gli elementi distintivi» (G. BOSELLI, SORGENTE DI VITA, liturgia e ricerca spirituale, Ed. San Paolo 2017, p.9).

Diversamente non sarà più la Parola di Dio a illuminare e forgiare il nostro essere cristiani, ma le parole dell’uomo che spesso cercano il sensazionale, la battuta ad effetto, come le salse piccanti distolgono dall’insipidità, che è mancanza di sostanza, di molti cibi.

Carissimi fratelli e sorelle, non ci dimentichiamo che solo la Parola di Dio rivela all’uomo chi egli è, al di là di tutte le sue illusioni e delusioni, sconfitte e scoraggiamenti; al di là del proprio bagaglio di convinzioni ed esperienze, della preparazione culturale e benessere materiale. La Parola di Dio viene a cercarci là dove siamo. Ma a noi spetta la fatica dell’ascolto. (Cfr. D. SIGALINI, in NOTE DI PASTORALE GIOVANILE, La Parola di Dio al centro della vita cristiana)

Papa Francesco ci ha detto: «La Parola dà vita a ciascun credente insegnando a rinunciare a sé stessi per annunciare Lui. […] La Parola porta a vivere in modo pasquale: come seme che morendo dà vita, come uva che attraverso il torchio dà vino, come olive che danno olio dopo essere passate nel frantoio. Così, provocando radicali doni di vita, la Parola vivifica. Non lascia tranquilli, mette in discussione. Una Chiesa che vive nell’ascolto della Parola non è mai paga delle proprie sicurezze. È docile alla novità imprevedibile dello Spirito. Non si stanca di annunciare, non cede alla delusione, non si arrende nel promuovere a ogni livello la comunione, perché la Parola chiama all’unità e invita ciascuno ad ascoltare l’altro, superando i propri particolarismi» (Discorso Ai Partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla Federazione Biblica Italiana, 26.IV.2019).

Fra poco celebreremo la gioia della Pasqua. Tra poco canteremo la vittoria di un uomo sconfitto fino alla morte e alla morte di croce. Anche i nostri giorni ci tentano ad arrenderci di fronte alla sconfitta di ciò che è bene: la pace, la verità, la vita, l’onestà, la vera accoglienza, in altre parole ciò che è necessario perché l’uomo cresca e viva in armonia con se stesso e con gli altri. Ma dobbiamo combattere nella certezza della vittoria del Signore, al di là di ogni accadimento. Il nostro essere cristiani, infatti, trova il suo fondamento nella risurrezione del Signore, nel sentirci ripetere «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Nel sapere che Lui è con noi. Dio è con noi, è l’Emmanuele. La Sacra Scrittura ci ricorda continuamente della sua presenza nella nostra vita: «Io sono con te per salvarti»; in Geremia questa frase ricorre per ben quattro volte, «come se egli sentisse il bisogno di ricordarsi di tanto in tanto la vicinanza di Dio. Ma forse basterebbero le parole con te io sono che risuonano nella Scrittura per Isacco (cf. Gen 26,24), Giacobbe (cf. Gen 28,15), Mosè (cf. Es 3,12), e tanti altri fino a Maria (cf. Lc 1,28) e Paolo (cf. At 18,10). “La promessa è nuda e precisa: si tratta della pura presenza e compagnia personale di Dio, nella formula così frequente nel Primo Testamento e nel Nuovo: “io sono con te”. Frase che a forza di essere ascoltata, corre il pericolo di banalizzarsi. La si dovrebbe pronunciare ogni volta con margini di silenzio, perché possa risuonare. Essa è il colmo dell’enfasi… Colui che ha per nome il semplice “Sono”, si fa sentire come “Sono con te” (I profeti, Traduzione e commento di L. Alonso Schokel e L. Sicre Diaz, Borla, Roma 1984, p. 482)» (L. MONTI, Camminare nella luce della vita, Cinisello Balsamo 2022, p. 91). La Chiesa, proprio all’inizio della Settimana Santa, prega il suo Signore: «Guarda, Dio Onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio» (COLLETTA del LUNEDÌ SANTO). Dal costato di Cristo morente sulla croce sono scaturiti i sacramenti della nostra salvezza. Scrive san Giovanni Crisostomo in una sua Catechesi: «Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del battesimo e dell’Eucaristia[…] E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l’acqua durante il sonno della sua morte. Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato» (Cath. 3,13-19). Ora la sua presenza, il suo essere con noi è un farsi cibo, nutrimento, una realtà che è vita donata: «Celebrando il memoriale della passione redentrice del tuo Figlio, della sua mirabile risurrezione e ascensione al cielo, nell’attesa della sua venuta nella gloria, ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio VIVO E SANTO» (Preghiera eucaristica III).Carissimi, Dio aveva detto a Mosè: «Io sarò con te» (Es 3,12). Ora il Signore dice a ciascuno di noi: « “Sono risorto e ora sono sempre con te”. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce» (BENEDETTO XVI, Omelia nella Veglia di Pasqua, 7.IV.2007).

A tutti il mio augurio di bene e di pace.

+ Carlo, vescovo