Vita Chiesa

Pasqua in terra di missione, tra gli «inutili» dell’umanità

di Gabriele MarchesiPrete «fidei donum» della diocesi di Fiesole in Brasile

Come quando una persona si china per raccogliere qualcosa che è caduta sul pavimento, e poi si china ancora perché quella cosa – sembra viva! – è di nuovo in terra, sfuggita alle sue mani, così Dio sempre di nuovo si china su questa umanità, apparentemente viva ma continuamente prostrata e messa a terra dal suo peccato. Il primo dato della Pasqua è che il cuore del Padre non cambia e che Gesù Cristo è «sempre lo stesso, ieri, oggi e per sempre!». La sua misericordia non ha confini e la parola di Gesù: «sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» ci garantisce che se questo tempo che viviamo è scandito da tante, troppe, manifestazioni della nostra fragilità, è comunque accompagnato  e redento dall’amore di Cristo crocifisso e risorto. «Se grande è il nostro peccato, più grande è la Grazia di Dio (cf Rm 5,20).

Anche oggi, anche in questo sud del mondo oppresso da tante difficoltà, la Grazia di Dio si fa presente e opera. Ma per quali vie? Ricordate il testo di Isaia 55,8-9? «Le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra le mie vie sovrastano le vostre vie». Eppure Gesù Cristo si è abbassato a percorrere la nostra via, quella che leva alla morte per causa del peccato, e l’ha fatto con l’umiltà che solo Dio può avere: «si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca… come pecora muta…» (Is 53,7). E allora come non pensare ai tanti che oggi stanno vivendo la stessa realtà, stanno percorrendo la stessa via, come «agnelli condotti al macello»? Se Gesù è presente nei fratelli, quanto più il suo sacrificio non si ripresenta nella sofferenza e nell’umiliazione di molti? Quanti da queste parti, ma un po’ dappertutto nel mondo, sono gli esclusi? Esclusi dalla società, dal lavoro, dalla cultura, dal benessere, esclusi dal mondo politico, da quello religioso, dalla convivenza umana… Esclusi con la violenza o con l’indifferenza, con lo strumento della paura o del ricatto…: i poveri che portano su di sé le conseguenze dei nostri peccati, delle nostre tante ingiustizie ed omissioni. Quelli che non riescono ad «attrarre il nostro sguardo», dei quali non abbiamo «nessuna stima», i poveri verso i quali, a volte, ci chiniamo con sufficienza. Eppure tra questi poveri «senza apparenza né bellezza», nella loro vita e attraverso la loro vita, si ripresenta il mistero di un pensiero che sovrasta il nostro pensiero e di una Via che si fa anche la nostra via per condurci alla vera Vita, alla Verità che ci libera. È insieme a queste persone che la Pasqua diventa più tangibile.

Chi e che cosa oggi salva il mondo? Il nostro progresso? La nostra forza? La violenza delle nostre armi o l’arroganza delle nostre parole? La richezza di cui ci vantiamo? Molti sono disposti a dire di sì, ma la realtà che viviamo qua sconfessa e smaschera tutte le nostre presunzioni. Nella vita di queste persone dimenticate, di tanti «inutili» della terra, la Pasqua del Signore si mostra con tutta la sua forza di rinascita, è una umanità nuova che può risorgere come dal campo di ossa inaridite (v. Ez 37), degna del sangue del suo Signore e frutto unicamente del suo amore. Nella pazienza e nella mitezza, nella semplicità e nella verità di cuori che si aprono alla fede e all’amore, Cristo risorge e trascina con sé l’oggi del nostro mondo: «I poveri li avrete sempre con voi», forse non è un’amara constatazione, ma una promessa del nostro Salvatore.

Vivere la Pasqua qui è credere nel potere rigenerativo del sacrificio di Cristo, è affidare alla forza della sua Grazia la rinascita della speranza e della gioia di vivere, è credere che «Beati i poveri… coloro che sono nel pianto… i miti… i perseguitati…» non sono le parole di una bella poesia di Gesù ma il suo progetto, il suo programma,  per far sì che l’umanità torni ad essere viva, riunita nel suo amore e capace di arrivare a quellaVita cui la sua Croce ci conduce.