Firenze
Pasqua, Betori: “La luce del fuoco benedetto c’è e ci sarà sempre”. Servono speranza, luce, coraggio
La fiamma del cero, ha sottolineato l’arcivescovo di Firenze, “è piccola, umile, come umile e nascosta è l’operosità di quanti, nella sanità e nell’agire solidale, si prendono cura in questi giorni delle persone più deboli, i malati e i poveri. Tenendo nel cuore sia i fragili che i buoni samaritani, ho mostrato alla città il Cero di Cristo Risorto, avendo accanto a me il Sindaco di Firenze, a dire che tutta la città condivide il messaggio di speranza racchiuso in quell’esile fiamma”.
Un messaggio, ha aggiunto, “che non è solo per i credenti, ma è rivolto a tutti, perché tutti in questo momento abbiamo bisogno che ci si dica che la luce ha la meglio sulle tenebre, perché la verità smaschera l’errore; che donarsi l’uno all’altro allontana ogni paura, perché non siamo più soli; che la vita vince la morte, perché la vita che noi abbiamo conosciuto, Cristo, è amore senza riserve, che non ha avuto paura della morte! È l’annuncio della Pasqua, il contributo dei cristiani nell’odierno smarrimento, un contributo di speranza, di luce e di coraggio”.
Abbiamo bisogno di speranza, di luce per il futuro, di coraggio: queste le tre parole che Betori ha richiamato nella sua omelia. “Nessuno di noi – ha affermato – può pensare che il futuro possa essere uguale al passato”. “Vorremmo cancellare da questo mondo povertà, inequità, guerre e sfruttamenti; aspiriamo a maggiore giustizia, fraternità, pace, libertà, dignità per tutti. Cristo, che fa nuova la propria vita risorgendo da morte, è riferimento sicuro per un mondo nuovo, una strada affidabile di vera vita, un progetto di umanità che si attua in pienezza e non stravolge se stessa in sogni che ne negano le radici”.
Sul futuro dovrà incidere quello che abbiamo imparato: “L’uomo che si pensava Prometeo, ubriaco del proprio potere, si è sbriciolato di fronte a un virus impalpabile, ma anche la perdita dello specifico umano, che sta dietro a un naturalismo apparentemente innocente, rivela la sua ambiguità quando deve arrendersi di fronte a una natura che se non è governata può divorare l’umanità. Non siamo né angeli né bestie: abbiamo bisogno di un umanesimo di cui solo Cristo sa offrirci, nella sua vita fatta dono, il volto atteso dal desiderio del cuore. È lui, Gesù, la verità dell’uomo”.
“Speranza, luce e coraggio – la conclusione – è il dono della Pasqua di Gesù, ciò che scaturisce dalla sua Croce e Risurrezione. Che possiate incontrare oggi Gesù, speranza, luce e coraggio dell’umanità, è l’augurio che vi fa il vostro vescovo”. Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, il saluto a quanti hanno seguito la celebrazione attraverso i mezzi di comunicazione sociale