Cultura & Società
Pascoli e la misteriosa ansia comune
«Al progetto abbiamo aderito in cinque della mia classe e siamo riusciti a coinvolgere il nostro prof. che ha organizzato (lui che non fa niente senza essere pagato) delle ore pomeridiane per studiare Pascoli e preparare la tesina. La studentessa di un liceo scientifico di Palermo che ha scritto questo post-it non ha dubbi: «Studiare cose che di solito a scuola non si fanno ed avere per alleati i propri compagni e addirittura il prof. è stata una grande scoperta…».
Diciamo la verità, un entusiasmo così, quasi travolgente, degno di star di altro tipo, fa quasi effetto, soprattutto se il destinatario è uno come… Giovanni Pascoli. Sì, proprio lui, l’autore della «Cavallina storna», una delle poesie più «gettonate» ai tempi dei nostri genitori. È lecito stupirci, ma la passione per i «Colloqui fiorentini Nihil alienum» cresce di anno in anno, sia che oggetto di studio e dialogo siano Montale, Ungaretti, Pirandello (protagonisti delle prime tre edizioni), sia che si tratti di «Giovanni Pascoli e la misteriosa ansia comune» di quest’anno. E dal 17 al 19 febbraio sono stati ben 850 gli studenti arrivati in gran parte dalla Toscana ma anche dal resto d’Italia che hanno partecipato a Firenze alla quarta edizione della manifestazione culturale promossa da «Diesse Firenze», associazione professionale di insegnanti, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale della Toscana e con l’Istituto tecnico per il turismo «Marco Polo» di Firenze.
Il criterio con cui è stato indagato l’autore dei «Canti di Castelvecchio», nato a San Mauro di Romagna nel 1855 e morto nel 1912 a Bologna, è quello così espresso dalla poetessa contemporanea Cristina Campo: «La vera poesia è interpretabile in chiave di destino». Un «taglio» sicuramente allettante. Ed esplorare in Pascoli questa sua relazione con il destino ha restituito alle scolaresche un artista fuori dalle solite griglie interpretative e dunque nuovo, fresco, provocante, estraneo agli psicologismi e sociologismi che lo hanno ingessato talvolta fino alla contraffazione.
La formula scelta per la «tre giorni» è stata quella della proposta e della scoperta: docenti ed esperti hanno messo in risalto aspetti della figura di Pascoli meritevoli di approfondimento, mentre gli studenti hanno offerto il loro contributo attraverso elaborati e ricerche, per capire meglio particolarità e «rarità» del grande poeta. Non solo. La kermesse fiorentina ha racchiuso il lavoro di un anno perché i «Colloqui» sono tradizionalmente accompagnati da un concorso con tanto di premiazione (cinque le sezioni di quest’anno: Tesina biennio, tesina triennio, arte, poesia, narrativa) che diventa per studenti ed insegnanti una straordinaria occasione di impegno.
«Abbiamo contribuito a riscoprire un Pascoli dice Gilberto Baroni, responsabile della manifestazione non riconducibile a categorie freudiane. Davide Rondoni, il poeta che ha ripreso le tesine degli studenti, ha detto che il protagonista quest’anno è stato il Mistero. Dunque un Pascoli affrontabile a livello ontologico più e prima che a livello psicologico e addirittura a livello psicopatologico». E prosegue: «I Colloqui fiorentini stanno riproponendo nella scuola italiana un approccio agli autori fuori degli ideologismi e schematismi accademici. Di essi si prova a recuperare l’interezza dell’esperienza umana che interroga la nostra interezza umana, fuori delle riduzioni di ruolo».
Così i «Colloqui» hanno «prodotto» un Pascoli non inteso alla Barberi Squarotti come il poeta più pessimista e ateo della nostra tradizione, ma l’artista che accanto al pianto di morte che sembra intridere tutta la realtà riconosce contemporaneamente una Presenza misteriosa che si annuncia nella «porpora e nell’oro», nella bellezza irresistibile della natura, in un’alternanza permanente di positivo e di negativo. Fondamentale in questa percezione della realtà e della vita è la figura e la presenza della madre, cui deve, egli lo riconosce esplicitamente, la sua sensibilità e l’attitudine alla contemplazione silenziosa della vita. È un mondo di «presenze», quello di Pascoli: la presenza strappata del padre, quella della madre sia da viva che da morta, quella del Mistero.
Ai ragazzi uno così può interessare, anzi piace, lo sentono compagno di viaggio, interprete di un’avventura che anch’essi possono condividere.