Italia

Partito democratico, tre domande ai candidati toscani

Comunque la si pensi – politicamente – quello del 14 ottobre, con le «primarie» del Partito Democratico, sarà un passaggio importante per il Paese. Democratici di sinistra e Margherita, eredi di due tradizioni (comunisti e democristiani) a lungo antagoniste nel dibattito politico, hanno deciso di fondersi e di aprirsi anche ad altre componenti del centro sinistra (ambientalisti, socialisti…). Su chi sarà il nuovo segretario non ci sono dubbi. Veltroni può contare su una larga maggioranza, ma sarà interessante vedere quanto raccoglieranno Bindi e Letta. E comunque i cittadini, pur in presenza di liste «bloccate» e di candidature che nascono nelle segreterie dei partiti, possono dire la loro con il voto di domenica. Nonostante la difficoltà, per chi non fa attività politica, di capire le differenze tra candidati e liste. Proprio per questo abbiamo chiesto a tre leader toscani del Pd, due dei quali – Rosy Bindi ed Enrico Letta – candidati alla segreteria nazionale, e il terzo – l’europarlamentare Lapo Pistelli – capolista al collegio 2 dei «Democratici con Veltroni» di rispondere sinteticamente a tre nostre domande sui loro programmi e sullo spazio che ci sarà nel Pd per i cattolici e i valori che portano avanti.

Enrico Letta – candidato alla segreteria nazionale

Rosy Bindi – candidata alla segreteria nazionale

Lapo Pistelli – Capolista «Democratici con Veltroni» al collegio 2

1) A livello programmatico, indichi tre puntiche la differenziano dagli altri candidati alla segreteria del Pd
In sintesi, il dato generazionale, la concezione di un partito post-ideologico, l’accento posto su proposte di immediata attuazione. L’età media dei miei candidati è sui 35 anni. Donne e uomini provenienti da tutti i settori della società: immigrati, professori, commercianti, professionisti, amministratori. Non è solo una rivoluzione anagrafica. È il tentativo di portare davvero aria nuova nel PD. Credo poi in un partito post-ideologico che «non si scopra sconsolatamente affezionato ai cocci di vecchi idoli infranti», per citare Nino Andreatta, ma che faccia della realizzazione concreta delle politiche la sua politica, sempre in nome dell’interesse generale. Di qui l’ultimo aspetto, quello relativo alla presentazione di proposte di pronta attuazione. Ho voluto proporre l’abolizione delle pensioni ai parlamentari, ad esempio, per dimostrare che si può rispondere anche subito all’antipolitica con idee di buon senso che colpiscano privilegi oggettivamente intollerabili, senza scadere nella demagogia o nel qualunquismo.

Prima cosa, lavorare alla costruzione di un partito di popolo e non di apparati, di idee e non di tessere, laico e non laicista. La mia candidatura è la garanzia che il Partito Democratico sarà davvero aperto a tutti, plurale, democratico, davvero. Secondo, confermare il sostegno al governo Prodi rispettando il mandato degli elettori, senza ambiguità o tentazioni neocentriste. E terzo, presidiare il profilo programmatico di libertà e giustizia sociale del Pd. Vogliamo un’Italia più libera, più ricca e più giusta. Libera dai corporativismi e posizioni di rendita che bloccano la mobilità sociale. Ricca non solo perché l’economia cresce ma cresce anche la cultura, il sapere e i bambini. Giusta perché combatte la precarietà del lavoro e della vita, investe sulle donne e le famiglie con figli, pensa agli anziani non autosufficienti, riduce le diseguaglianze territoriali e sociali.

La candidatura di Veltroni con Dario Franceschini ha raccolto il sostegno di gran parte dei Ds e della Margherita. Credo perciò che tocchi agli altri candidati l’onere di spiegare le differenze che motivano la loro decisione. Si è ritenuto utile avere una pluralità di candidati, un buon argomento anche se astratto, mentre non condivido chi ha attaccato l’idea del ticket. Se Walter e Dario non avessero corso assieme avremmo assistito ad un braccio di ferro fra un candidato Ds ed uno Dl e non sarebbe mai partita quella mescolanza che è la vera novità del PD e delle sue liste.

2) Quale spazio ci sarà per i cattolicie per i valori che portano avanti nel Pd?

Il cattolicesimo democratico e le altre componenti cattoliche fanno parte del patrimonio di tradizioni nobili che abbiamo alle spalle. Tuttavia, il PD non potrà essere la somma delle rispettive storie. Non dobbiamo entrare come ex di qualcosa, ma cercare una sintesi alta tra noi. Ciascuno avrà spazio per quello che saprà dare in una prospettiva rivolta al futuro e alla crescita collettiva del progetto. In quest’ottica le singole identità – compresa quella cattolica – saranno esaltate come tasselli di un disegno più complessivo.

I cattolici non si sono mai ritagliati un proprio spazio, più o meno grande, e non si sono mai fatti chiudere in una riserva. E altrettanto faranno nel Partito Democratico. Mi sono candidata perché il cattolicesimo democratico, una delle grandi culture fondative del partito nuovo, giochi un ruolo di primo piano e non subalterno. E non rinunceremo ai nostri valori – penso al primato della persona e della vita, alla libertà e alla pace, alla giustizia sociale e alla legalità – perché sono linfa vitale della democrazia e lievito della cultura e del programma del PD.

Siamo sinceri. Guardiamo i nomi dei candidati. Esiste una rosa più «postcomunista» di Veltroni, Bindi, Letta ? Walter è l’uomo che allegava all’Unità i Vangeli con la prefazione del Card Martini, il segretario che scelse 7 anni fa come motto congressuale «I care» di Don Milani. Continuiamo a fare gli esami agli altri senza vedere i giganteschi cambiamenti culturali avvenuti? I valori del cattolicesimo democratico sono oggi largamente condivisi, laicamente, anche da chi non ha quella provenienza, segno che si non si tratta più di «difendere» valori o spazi ma si può «promuoverli» in un campo più grande e aperto. Solo le identità deboli hanno bisogno di recinti per essere difese. Noi siamo fiduciosi che, proprio con il PD, sarà più agevole costruire una politica ad autentica misura umana.

3) Come sarà possibile trovare una sintesitra la componente laicista e anticlericale del Pd e quella cattolica?

Attraverso il confronto quotidiano e l’ascolto. È poi indispensabile una leadership che si faccia carico di stimolare l’armonizzazione di queste diverse anime. So che il terreno è minato. So anche però che dobbiamo confrontarci con temi nuovi, eticamente sensibili, per i quali le bussole che ci portiamo dietro, ciascuno dal suo passato, non sono più sufficienti. Servono invece un genuino rispetto della coscienza individuale e la ricerca puntuale di approfondimento culturale e scientifico. Così – ne sono certo – riusciremo a trovare, tema per tema, risposte equilibrate ed efficaci.

È la sfida più grande: fare del Pd una scuola di nuova laicità. Non si può pensare di procedere sui valori a colpi di maggioranza o alzando nuovi steccati ideologici. E i cattolici hanno la responsabilità di vigilare perché la laicità non sia interpretata come indifferenza o relativismo ma come ricerca, nel dialogo e nell’ascolto reciproco, a partire dai propri valori di una sintesi nuova per il bene comune.

È vero che nell’agenda politica ci sono tuttora argomenti sensibili, in specie legati al tema dell’inizio e della fine della vita, che dividono entrambi gli schieramenti secondo coscienza, sia a destra che nel centrosinistra e dunque anche nel PD. Anche se faccio fatica ad identificare nel PD una componente proprio «anticlericale», semmai laica. Penso però che saremo maggiormente obbligati a trovare una sintesi proprio perché nello stesso partito piuttosto che se rivendicassimo una visibilità autosufficiente ma non dialogante, un recinto appunto. Ma voglio sottolineare che pochi giorni fa un giovane segretario dei Ds a Firenze era perfettamente a suo agio usando durante un dibattito la categoria del «bene comune» così come due settimane fa Gordon Brown ha dedicato quasi metà del suo intervento al congresso laburista al tema della famiglia e dei bambini. I tempi cambiano più velocemente di quanto noi stessi ammettiamo.

In Toscana 1.170 seggi e 7 mila volontariLe elezioni per l’assemblea costituente nazionale e regionale del Partito democratico si svolgeranno in Toscana in 1.170 seggi, allestiti in tutto il territorio della regione. I volontari impiegati per il voto e lo spoglio saranno 7000. A sovrintendere le operazioni sarà l’Utar, l’Ufficio tecnico amministrativo regionale, diretto da Maurizio Gazzarri, che il 14 ottobre metterà in campo la «sala operativa» nella sede della Margherita regionale. Le schede saranno due: con quella azzurra si vota per il segretario nazionale e per i 182 membri spettanti alla Toscana che siederanno nell’assemblea costituente nazionale; con quella grigia si sceglieranno il segretario regionale (Andrea Manciulli e Cristina Bandinelli i candidati) e i 364 membri dell’assemblea costituente toscana. I seggi, allestiti in circoli, case del popolo, sedi di quartieri o altro (ne erano previsti anche una ventina in scuole, prima del veto di Fioroni), saranno aperti dalle 7 alle 20. Alle 11 e alle 17 sono previste rilevazioni sull’andamento della partecipazione. Subito dopo la chiusura dei seggi comincerà lo spoglio, che secondo l’Utar sarà completato in alcune ore. Possono votare in Toscana anche i lavoratori, i militari e gli studenti fuori sede che si iscrivano a un apposito registro presso gli Uffici tecnici amministrativi provinciali. Il costo del voto è un euro come contributo alle spese organizzative. Per votare servono: carta di indentità e tessera elettorale per gli italiani maggiorenni; sola carta di identità per i comunitari, i minorenni e i fuori sede; permesso di soggiorno per gli extracomunitari. Per sapere dove ognuno può votare è stato attivato un numero verde, da telefono fisso: 800231506. Ulteriori informazioni su www.ulivotoscana.it. Segreteria, 5 candidati al nazionale e 2 al regionaleSono cinque i candidati alla segreteria nazionale del Pd (scheda azzurra). Oltre al superfavorito Walter Veltroni, 52 anni, sindaco di Roma e già segretario dei Ds (in «ticket» con Dario Franceschini, della Margherita), corrono anche due esponenti della Margherita, entrambi toscani: Rosy Bindi, 56 anni, senese, attuale ministro per le politiche della famiglia, ed Enrico Letta, 41 anni, pisano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Due gli «outsider»: Mario Adinolfi, 36 anni, con un trascorso nella Dc e nel Ppi, e poi fondatore di «Democrazia diretta» e l’associazione di blogger «Generazione U» (presente in Toscana solo nei Collegio 27 e 28 con la lista «Generazione U») e Pier Giorgio Gawronski, 50 anni, economista impegnato sul fronte dei rapporti Nord-Sud del mondo. Quest’ultimo si è apparentato con Jacopo Gavazzoli Schettini, 42 anni, fiorentino, esperto di finanza etica, con un passato tra i repubblicani. Ed in Toscana fanno riferimento a Schettini le liste «Noi per il Partito democratico», presenti in alcuni collegi.Per la segreteria regionale (scheda grigia) sono in corsa due candidati. Favorito è Andrea Manciulli, 38 anni, di Piombino, segretario regionale dei Ds dal 2006, che si presenta in «ticket» con la giovane segretaria regionale della Margherita, Caterina Bini, 32 anni, pistoiese. In appoggio a questa candidatura vi sono sia le liste per Veltroni («Democratici con Veltroni», «A sinistra per Veltroni», «Democraticamente per Veltroni» e in qualche collegio anche «Alleanza riformista» ,«Energie Solidali», «Cittadini in movimento», «Con Veltroni. Ambiente, innovazione, lavoro») che quella di Letta («Democratici per Enrico Letta»). A sfidarlo la canditata della Bindi Cristina Bandinelli, cinquantenne fiorentina, vice presidente nazionale del Cna (Confederazione nazionale artigianato e piccola impresa) supportata dalla lista «Con Bandinelli e Bindi democratici, davvero».