Cultura & Società
Parola e immagine. Gli amboni istoriati toscani
La parola divina, per la cui proclamazione la liturgia prevede un luogo d’onore nell’edificio chiesa, in un dato momento storico si è fatta accompagnare da immagini, come se il Verbo si fosse nuovamente incarnato. Punti d’arrivo di questo sviluppo maturatosi nei secoli XII-XIII sono gli amboni istoriati di Nicola e Giovanni Pisano, che riattivano al servizio del vangelo modelli scultorei antichi, preannunciando la ’rinascenza’ quattrocentesca. Nel Battistero di Pisa e nell’antistante Primaziale, nel Duomo di Siena e in Sant’Andrea a Pistoia, i «pergami» del padre e figlio oriundi delle Puglie perfezionano, modificandola profondamente, l’autoctona tradizione toscana leggibile in amboni scolpiti a Barga, Pistoia e Firenze, sollevando questioni importanti per la storia sia dell’arte che della spiritualità.
Tali questioni verranno affrontate in un convegno itinerante, E la Parola si fece bellezza, a Barga il 19 maggio, a Pisa il 20, a Pistoia il 21, a Siena il 27 e a Firenze il 28 (vedi programma qui sotto). Il convegno è promosso dalla statunitense Community of Jesus, una famiglia monastica protestante presente anche in Italia, di concerto con le autorità ecclesiastiche cattoliche delle città interessate.
Scopo di questa festa mobile è di capire perché, in quel periodo e presso committenti toscani, sia nata l’esigenza di visualizzare i contenuti del Vangelo nel luogo del suo annuncio liturgico, e quali rapporti abbia una simile innovazione con la spiritualità del tempo, con la predicazione, col nascituro teatro sacro. Strettamente collegate sono poi le domande che riguardano le fonti stilistiche a cui gli artisti si sono ispirati e gli sviluppi interni che hanno caratterizzato questo fenomeno. Affascinate, infine, l’origine ecumenica dell’evento in cui l’interesse per la Scrittura tipica delle chiese riformate dialoga con la tradizione cattolica di arte liturgica, focalizzando sul momento in cui i pergami usati per la proclamazione evangelica divennero anche luoghi di visualizzazione scultorea.
Un’illustrazione pittorica dell’ambone nel suo contesto liturgico suggerisce il senso attribuito a questo oggetto alla fine del Medioevo: un affresco del ciclo della Vita di san Francesco nella Basilica superiore ad Assisi in cui vediamo un pulpito con gradinata d’accesso, apertura posteriore per il ministro e quattro ceri accesi. L’evento raffigurato è la celebrazione di Natale a Greccio nel 1223, quando – come narra san Bonaventura – il Poverello «fece preparare una stalla, vi fece portare il fieno, e fece condurre sul luogo un bove e un asino» (Legenda Maior X, 7). «Si adunano i frati, accorre la popolazione [ … e] l’uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia», conclude Bonaventura-e nell’affresco vediamo infatti, oltre al pulpito, la mangiatoia, il ciborio, l’altare e il sacerdote. Poi, Bonaventura aggiunge: «Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del Re povero e, nel nominarlo lo chiama per tenerezza, il “bimbo di Betlemme”».
L’ambone raffigurato nell’affresco è chiaramente il luogo deputato a queste ultime funzioni: al canto o proclamazione del Vangelo, cioè, e probabilmente anche alla commossa chiosa che Francesco provvide. Questo bel pulpito è anche una pura invenzione dell’artista o meglio dei frati che gli suggerivano l’assetto iconografico della scena. È un elemento apocrifo, voglio dire, dal momento che i biografi del santo – sia Bonaventura che Tommaso da Celano, nella più antica Vita prima di san Francesco – , collocano la Messa a Greccio all’aperto, in un bosco nei pressi del paese. Qui invece viene ambientata in una magnifica chiesa, con un altare ricoperto da un ciborio scolpito e con un pulpito. Tale «revisione» era forse intesa a legittimare la costosa basilica in cui gli affreschi vennero eseguiti, allora da poco ultimata e ancora contestata all’interno dell’Ordine.
Più significativamente, l’inserimento dell’episodio straordinario, carismatico, in un contesto convenzionalmente ecclesiastico voleva affermare la possibilità di tradurre l’emozione dell’esperienza originaria in termini monumentali. «Accorre il popolo», dice Bonaventura, e subito aggiunge che «il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose». Un altro biografo di Francesco, fra Tommaso da Celano, più vicino nel tempo all’evento stesso, afferma che «la gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi» (Vita prima XXX).
Nel dipinto murale invece il gaudio, la letizia vengono trasferiti nel presbiterio di una chiesa, che così viene presentata come contesto «naturale» in cui realizzare il programma di Francesco di rinfocolare la devozione all’umanità del Dio incarnato. Secondo il Celano, Francesco aveva spiegato alla gente: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (Vita prima XXX). Secondo Celano poi il primo a commuoversi davanti alla scena così concepita fu Francesco stesso: «Il santo è estatico di fronte al presepio, pieno di sospiri, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile». Ma anche il sacerdote che celebra la Messa «assapora una consolazione mai gustata prima», insiste fra Tommaso. Ecco: tutta l’emozione dell’esperienza francescana originaria trasposta dal bosco al presbiterio, al ministro sacro e all’ambone. L’emozione trasferita all’ambone: Celano descrive, infatti, come Francesco – «rivestito dei paramenti diaconali, perché era diacono» cantava «con voce sonora il santo Vangelo, quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo». Cantato il Vangelo, Francesco parla infine al popolo del neonato «Re povero» e dell’umile cittadina di Betlemme. Tornando all’affresco, possiamo immaginare Francesco nell’ambone illuminato dai ceri, a cantare il Vangelo in latino e poi a spiegare in volgare il mistero che aveva voluto rappresentare in maniera scenografica, col presepe. «Quando voleva nominare Cristo Gesù», prosegue il Celano, «infervorato, di amore celeste lo chiamava “il Bambino di Betlemme”, e quel nome – “Betlemme” lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora».
Nell’affresco degli anni 1290 l’ambone appare privo di immagini, ma già trent’anni prima s’erano realizzati in Toscana esempi maturi d’istoriazione scultorea, nel primo dei quali intravediamo l’influsso di san Francesco. Il pulpito realizzato nel 1260 per il battistero di Pisa fu commissionato, infatti, da Federico Visconti, arcivescovo dal 1253 al 1277, che da giovane aveva sentito il Poverello predicare a Bologna, come egli stesso ricorda in un’omelia pronunciata nel 1264 nella festa di san Francesco. Prendendo spunto dal versetto di Siracide «Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore», Visconti allarga il concetto dicendo «Beati coloro che ti hanno visto e ascoltato, insistendo che nell’occasione descritta – forse nel 1222 -, «Erano veramente beati quanti, come noi, per grazia di Dio videro e toccarono con mano beato Francesco nella piazza comunale di Bologna, nella grande folla di persone». Continua poi: «E beati sono quelli che […] videro con devozione anche la sua immagine dipinta…» (Sermo LVIII, 11). Il committente del primo ambone di Nicola Pisano, l’arcivescovo Visconti, chiama cioè «beatitudine» l’ascoltare abbinato al vedere, includendo nell’esperienza del vedere l’immagine dipinta!
Ma se l’immagine pittorica, bidimensionale, può rendere beati, quanto più quella scultorea, che rievoca l’originaria beatitudine evocata dal Visconti, quella dei suoi anni studenteschi quando a Bologna non solo vide e ascoltò Francesco ma lo toccò con mano! Le figure scolpite da Nicola Pisano sull’ambone del battistero in effetti riattivarono l’insieme di esperienze ricordate dall’arcivescovo – visive, uditive e tattili -, associando alla proclamazione liturgica della parola l’emozione un tempo suscitata dalla presenza fisica di Gesù. Pure la scelta dello stile «classico», apparentemente scontato in un artista come Nicola, formato nell’Apulia federiciana e attivo nella Pisa ricca di antichità, verosimilmente riflette l’indole del committente: il naturalismo greco-romano corrisponde infatti all’approccio «francescano» alla comunicazione descritto da san Bonaventura nella sua biografia ufficiale del Poverello, la Legenda maior (presentata nello stesso anno dell’ambone, 1260), dove, per spiegare la inconsueta semplicità linguistica del testo, il teologo dice: «Ho ritenuto di non preoccuparmi della ricercatezza dello stile, giacché la devozione del lettore trae maggior profitto da un linguaggio semplice che da uno pomposo». Così anche Nicola Pisano, che al posto delle stanche convenzioni del romanico attiva le energie della scultura antica, dotando i suoi soggetti cristiani di un naturalismo mutuato dall’arte pagana.
L’interesse narrativo evidente negli amboni toscani del Duecento rispecchia poi un’altra arte antica che il tardo Medioevo stava allora riscoprendo: quella teatrale. Fra Jacopone da Todi (1236-1306), autore non solo dello «Stabat Mater» ma anche della prima vera sacra rappresentazione in lingua volgare, il celebre «Pianto della Madonna», aveva 24 anni quando Nicola Pisano scolpì l’ambone del battistero pisano per Federico Visconti e morì quando il figlio di Nicola, Giovanni Pisano aveva da poco realizzato quello della Primaziale. L’urgenza delle parole del suo «Nunzio» quando invita Maria a recarsi al piede della croce traduce il nuovo spirito drammatico che troviamo negli amboni: «Donna del paradiso, lo tuo figliolo è priso, Jesu Cristo beato. Accurre, donna, e vide che la gente l’allide ! credo che ’llo s’occide, tanto l’on flagellato».
Il programma
«E la parola si fece bellezza» è il tema del convegno sugli amboni istoriati toscani in programma a Barga, Pisa, Pistoia, Siena, Firenze il 19-20-21-27-28 maggio.
Il convegno riprende il tema trattato nel 1996 nella giornata di studio tenutasi presso l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, «Pulpiti medievali toscani», i cui Atti, presentati da Francesco Gurrieri e curati da Daniela Lamberini, furono pubblicati da Olschki nel 1998. A promuovere la nuova edizione dell’evento è il Centro Ecumenico d’Arte e Spiritualità Mount Tabor, insediato a Barga nel 2013 per iniziativa della Community of Jesus, una famiglia monastica protestante statunitense. L’interesse per la Scrittura tipica delle chiese riformate, da una parte, e la passione della Community of Jesus per le arti visive e performative, dall’altra, hanno suggerito la focalizzazione del convegno sul momento in cui i pergami usati per la proclamazione della parola divina divennero anche luoghi di visualizzazione scultorea.
Il convegno si propone di riesaminare alcune questioni fondamentali: Perché, in quel periodo e presso committenti toscani, è nata l’esigenza di visualizzare i contenuti del Vangelo nel luogo del suo annuncio liturgico? Quali rapporti ha quest’innovazione con la spiritualità del tempo, con la predicazione, col nascituro teatro sacro? A quali fonti stilistiche gli artisti si sono ispirati? Quali sviluppi interni hanno caratterizzato questo fenomeno?
Le singole sessioni del convegno e le rappresentazioni del dramma sacro «Quem quaeritis?» sono gratuite e aperte a tutti fino all’esaurimento dei posti. Eventuali domande vanno dirette alla segreteria del convegno, telefono 339-1228444.
Gigetta Dalli Regoli, Università di Pisa, La Nascita di Cristo nell’interpretazione dei Guidi: il ruolo del pergamo di Barga nell’ambito di una crescente tendenza alla istoriazione fra XII e XIII secolo.
PISA 20 MAGGIO – Auditorium «G. Toniolo», Piazza Arcivescovado 11, ore 10.
Camposanto e Cattedrale (ingresso gratuito per la sacra rappresentazione) – Ore 21
Sacra rappresentazione, Quem quaeritis? (Elements, gruppo teatrale della Community of Jesus: ingresso gratuito).
Il convegno è organizzato dal Centro ecumenico arte e spiritualità «Monte Tabor» (Barga) e Community of Jesus (Orleans, Massachusetts, Usa), con il patrocinio degli enti: Parrocchia di san Cristofano, Barga; Opera della Primaziale, Pisa; Diocesi di Pistoia; Opera del Duomo, Siena; Arcidiocesi di Firenze e Opera del Duomo Firenze; Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, Firenze. www.mounttabor.it – info@mounttabor.it