Vita Chiesa

Parlando tra amici di divorzio e sofferenza

DI DON FRANCESCO SENSINI«Caro prete, hai visto? Il tuo Papa mi ha detto di no!» A rivolgermi queste parole è Paolo, un amico divorziato. Sperava in una Chiesa più aperta, sperava di poter fare la comunione quando era a Messa, invece no! lui non può. «Caro Paolo – gli rispondo – la Chiesa ha tempi molto lunghi». «Ma io sono vivo oggi, che cosa me ne faccio di una Chiesa più aperta tra cento anni?» Sinceramente rimango un po’ spiazzato.

So benissimo che la Chiesa è custode e non fonte della rivelazione. Cerco comunque di «consolarlo» dicendogli che questo «ostacolo» può favorire in lui una nuova appartenenza alla Chiesa. Può scoprire una ricchezza maggior per vivere la propria fede. Può dedicarsi all’ascolto e studio della Parola, può approfondire i documenti del magistero, può dedicarsi alla carità in modo più consapevole. È come se una persona che vuole raggiungere una meta si trova davanti la strada «ufficiale» sbarrata. Può imprecare, può lamentarsi, può inveire ma se fa solo questo, purtroppo rimarrà ferma Se invece vuole veramente continuare, cercherà e troverà delle alternative e chissà che alla fine non benedica quella interruzione che gli ha permesso di scoprire cose di ci non immaginava la ricchezza.

Mi ascolta. Ma ancora la sua amarezza è più forte della volontà di percorrere altre strade. Ripensando alla vita della primi cristiani, quando il perdono si otteneva dopo un percorso di conversione, gli domando: «Che cosa sei disposto a fare per ottenere la possibilità di comunicarti?». Questa volte è lui a rimanere per un po’ in silenzio. Poi ribatte: «Dovrebbe essere la Chiesa a dirmi che cosa occorre fare? Ma sei convinto che la Chiesa voglia cambiare su questo punto?» Per fortuna arriva Metello, mio cugino, che ha bisogno di me. E così non posso continuare quell’interessante dialogo. In realtà mi stavo sentendo a disagio. Lo stesso disagio comunque che migliaia di padri e di madri sentono quando il figlio che soffre chiede loro che gli vogliono tanto bene: perché? «Ci risentiamo appena possibile. Ciao Paolo».

«Questa proprio non ci voleva». Così, piangendo, mi saluta Stefania. Suo marito deve essere operato urgentemente per un tumore ad un rene e non c’è da stare tranquilli. Ripenso istintivamente al giorno del battesimo della seconda figlia. Per me era stato facile parlare dell’amore di Dio, della bellezza della vita. Dentro di me avverto alcuni forti interrogativi: posso ancora parlare dell’amore di Dio? della bellezza della vita? La mia fede mi dice di si. Ma prevale la mia «ragione». Cerco di sdrammatizzare, parlo delle figlie, del lavoro, degli amici, parlo di tutto, ma non dell’amore di Dio: «Signore aumenta la mia fede!». Prometto comunque a Stefania una preghiera.