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Parlamento europeo: Relazione Matić, un altro documento che inventa il “diritto all’aborto”
L'Euroassemblea voterà la prossima settimana la relazione che porta la firma del deputato Predrag Fred Matić il cui titolo parla di “situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell'Ue, nel quadro della salute delle donne”. Diversi gli aspetti interessanti sottolineati nel testo, che gode di ampio sostegno a Bruxelles. Ma ancora una volta si esalta un inesistente "diritto all'aborto" anziché proclamare e tutelare il "diritto alla vita".
“La salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti rappresentano una delle questioni chiave nell’ambito della discussione sui diritti umani e sono inscindibili dal conseguimento del diritto fondamentale alla salute, nonché dal conseguimento della parità di genere e dell’eliminazione della violenza di genere”. Lo si legge nella “motivazione” che prelude alla relazione dell’Europarlamento “sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’Ue, nel quadro della salute delle donne”, testo che giungerà un emiciclo per l’approvazione il prossimo 23 giugno. Il relatore è il deputato croato Predrag Fred Matić. In commissione il testo ha avuto ampio sostegno da quasi tutti i gruppi parlamentari, compresi i maggiori schieramenti (Popolari, Socialisti e democratici, Liberaldemocratici, Verdi). Un testo che – va subito ricordato – non ha “valore di legge” nell’Unione europea in quanto – secondo il principio di attribuzione – tratta di materia di competenza degli Stati membri. D’altro canto si tratta di una posizione che influisce, seppur indirettamente, sulle attività legislative dei parlamenti nazionali e, più ancora, sulle opinioni pubbliche europee.
Diritti delle donne. “La presente relazione – vi si legge – giunge in un momento di cruciale importanza per l’Ue, poiché l’involuzione dei diritti delle donne e il loro regresso stanno guadagnando terreno, contribuendo all’erosione dei diritti acquisiti e mettendo in pericolo la salute delle donne”.Nelle innumerevoli pagine del documento, si segnalano temi effettivamente rilevanti per la salute, per i diritti delle donne, per l’eguaglianza di genere. Ma, come spesso accade per testi di questo tipo, tornano ricorrenti posizioni tutt’altro che condivisibili.Basterebbe notare come il termine “aborto” torna almeno una cinquantina di volte, inteso – tra l’altro – come un “diritto umano”. Manca invece il riconoscimento del “diritto umano fondamentale alla vita”, mentre viene negato il diritto alla “obiezione di coscienza” in campo medico come emanazione ed espressione della libertà di coscienza riconosciuta dai Trattati Ue.
“Una provocazione”. “Questa proposta di risoluzione sa molto di provocazione ed avrà l’unico risultato quello di creare confusione su un tema che non dovrebbe interessare l’Unione europea”, afferma al Sir Vincenzo Bassi, presidente della Fafce, la Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa. “Oltretutto una tale risoluzione, pur essendo legalmente non vincolante, rischia di condizionare dibattiti in corso in alcuni Stati membri, violando così in modo diretto il principio di sussidiarietà”.
Principio di sussidiarietà. Dello stesso parere Miriam Sciberras, presidente della Malta Life Network Foundation. “Questo rapporto è una proposta radicale, inquadrata nel linguaggio dei diritti delle donne, ma che cerca di minare le libertà fondamentali in molti Paesi europei oggi. Colpisce frontalmente il diritto alla libertà di espressione, il diritto alla libertà di coscienza, il diritto alla libertà di religione, il diritto dei genitori come primari educatori dei figli e, soprattutto, il diritto alla vita per tutte le persone”. Sciberras aggiunge:“Il testo viola anche il principio di sussidiarietà su una questione in cui prevalgono punti di vista diversi e in cui milioni di persone hanno a cuore il diritto alla vita del nascituro”.Il rapporto “cerca di promuovere l’aborto come diritto umano e raccomanda finanziamenti statali per l’aborto. Le politiche e le legislazioni sull’aborto sono responsabilità dei singoli Stati membri e non fanno parte della politica europea comune”. La presidente spiega al Sir che la relazione parlamentare “si propone di limitare la libertà di coscienza del personale medico in merito all’interruzione delle gravidanze e chiede che negli Stati membri l’educazione sessuale sia resa obbligatoria già nelle scuole primarie, seguendo le linee guida dell’Oms”. Non di meno il rapporto “attacca le organizzazioni a favore della vita. Il ragionamento distorto del rapporto accusa tutte le organizzazioni Pro Life di minacciare il diritto alla vita perché diffondono ‘false informazioni’ e perseguono ‘obiettivi nazionalisti’. Questo è inaccettabile, diffamatorio e discriminatorio”. Secondo Sciberras occorrono invece politiche che proteggano le donne e la vita per “dare speranza a un’Europa che affronta un inverno demografico”.
Oltre l’ambito di applicazione. Nella relazione di minoranza, riportata nel documento, le eurodeputate Margarita de la Pisa Carrión e Jadwiga Wiśniewska aggiungono altre obiezioni. “La presente relazione non ha alcun rigore giuridico o formale. Esula dal suo ambito di applicazione affrontando temi quali la salute, l’educazione sessuale e la riproduzione, nonché l’aborto e l’istruzione, che sono competenze legislative degli Stati membri. La relazione tratta l’aborto come un presunto diritto umano che non figura nella legislazione internazionale, il che viola la stessa Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e i principali trattati vincolanti, contraddicendo anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea”.