La sordina messa dai canali istituzionali di comunicazione della Regione su tale decisione – di cui si trova notizia solo nel portale istituzionale del Parco – sa davvero tanto di evidente imbarazzo. Di fronte alle indiscrezioni emerse sull’ormai prossima riconferma, lo scorso 24 ottobre il Gruppo regionale del Club Alpino Italiano aveva proposto un azzeramento della quaterna proposta dalla Comunità del Parco al presidente, manifestando apertamente la propria contrarietà verso i due più votati: non solo Putamorsi ma anche Domenico Davini, giudicati privi delle sensibilità ambientali indispensabili per gestire l’ente. La rinuncia di Riccarda Bezzi, membro del comitato direttivo dello stesso Cai toscano, eletta in un primo momento tra i quattri candidati ma impossibilitata ad accettare la nomina per un’incompatibilità di fatto con il suo ruolo di dirigente alla provincia di Massa Carrara, aveva effettivamente stravolto gli equilibri, anche perché la sua surroga era parsa ricondurre di fatto la componente femminile della quaterna – obbligatoria in omaggio alle quote rosa – soltanto a una vetrina del politically correct. Ma era forse a quel momento che si sarebbe dovuto procedere a una nuova votazione per tutti e quattro i candidati.Si è messa così la parola fine a una vicenda alquanto travagliata, che nello scorso luglio fece registrare anche la fake new di Davini presidente, che sembrava aver avuto la preferenza di Rossi e a cui era andato anche il parere favorevole della Commissione Ambiente del Consiglio regionale. Tutto questo in un crescente clima di forte opposizione allo scempio apportato da una gestione delle cave alquanto discutibile – non solo da parte del tradizionale mondo ambientalista, che peraltro non sempre riesce a trovare una piena unità d’intenti e di giudizio – e in un momento politico particolare, con un presidente della Regione ormai lontano dal partito con cui nel 2015 era stato eletto per il suo secondo mandato. Così, a ben 32 anni dalla sua istituzione, il Parco delle Apuane continua a dimostrare di non poter essere un soggetto credibile e spendibile per un’economia dell’area legata alla sostenibilità ambientale e non allo strapotere di un comparto in cui, tra l’altro, i livelli occupazionali si stanno dimostrando inversamente proporzionali all’aumento della devastazione. Un ente la cui inclusione tra i geoparchi Unesco appare come un fiore all’occhiello sempre più appassito, come ha dimostrato anche la mostra fotografica «Inerti e relitti», dedicata alla mancata bonifica delle cave dismesse, che sabato 2 dicembre chiude i battenti a Villa Cuturi di Marina di Massa.