Vita Chiesa

Papa: siate preti di strada, vicinanza è chiave dell’evangelizzazione

«Il Signore ci viene sempre incontro se noi vogliamo farci prossimi alla carne di tutti coloro che soffrono, specialmente dei bambini». Ad assicurarlo è stato il Papa, nell’omelia della Messa crismale presieduta oggi nella basilica di San Pietro, nel corso della quale i sacerdoti rinnovano le promesse fatte al momento della loro ordinazione e ha luogo la benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma.

Tema dell’omelia: «La vicinanza di Dio» e «la nostra vicinanza apostolica». Francesco ha citato Isaia, e la sua figura dell’inviato da Dio «unto e mandato in mezzo al suo popolo, vicino ai poveri, ai malati, ai prigionieri». Poi il riferimento alla figura del re Davide: «La compagnia di Dio, che fin dalla giovinezza ha guidato per mano il re Davide e gli ha prestato il suo braccio, adesso che è anziano prende il nome di fedeltà: la vicinanza mantenuta nel corso del tempo si chiama fedeltà».

Gesù «ha scelto di essere un predicatore di strada». Gesù trova il passo e legge con la competenza degli scribi. Gesù «avrebbe potuto perfettamente essere uno scriba o un dottore della legge, ma ha voluto essere un ‘evangelizzatore’, un predicatore di strada». Così il Papa ha descritto la «vicinanza provocatrice» di Gesù, «il messaggero di buone notizie per il suo popolo, il predicatore i cui piedi sono belli, come dice Isaia». «Questa è la grande scelta di Dio: il Signore ha scelto di essere uno che sta vicino al suo popolo», ha spiegato Francesco: «Trent’anni di vita nascosta! Solo dopo comincerà a predicare. È la pedagogia dell’incarnazione, dell’inculturazione; non solo nelle culture lontane, anche nella propria parrocchia, nella nuova cultura dei giovani…».

«Vicinanza spirituale è guardare l’altro negli occhi. «La vicinanza è più che il nome di una virtù particolare, è un atteggiamento che coinvolge tutta la persona, il suo modo di stabilire legami, di essere contemporaneamente in sé stessa e attenta all’altro», ha spiegato il Papa, che nell’omelia ha fatto notare che «quando la gente dice di un sacerdote che è vicino, di solito fa risaltare due cose: la prima è che ‘c’è sempre’- contrario del ‘non c’è mai’: ‘Lo so, padre, che lei è molto occupato’ – dicono spesso. E l’altra è che sa trovare una parola per ognuno. ‘Parla con tutti – dice la gente –: coi grandi, coi piccoli, coi poveri, con quelli che non credono… Preti vicini, che ci sono, che parlano con tutti… Preti di strada’». L’esempio citato da Francesco è quello di Filippo, che «andava di luogo in luogo annunciando la Buona Notizia della Parola predicando in tutte le città, e queste si riempivano di gioia». «Filippo era uno di quelli che lo Spirito poteva ‘sequestrare’ in qualsiasi momento e farli partire per evangelizzare, andando da un posto all’altro, uno capace anche di battezzare gente di buona fede, come il ministro della regina di Etiopia, e di farlo lì per lì, lungo la strada». «La vicinanza è la chiave dell’evangelizzatore perché è un atteggiamento-chiave nel Vangelo», ha detto il Papa: «Noi diamo per acquisito che la prossimità è la chiave della misericordia, perché la misericordia non sarebbe tale se non si ingegnasse sempre, come buona samaritana, per eliminare le distanze». «Credo però che abbiamo bisogno di acquisire meglio il fatto che la vicinanza è anche la chiave della verità», la tesi del Papa: «Si possono eliminare le distanze nella verità? Sì, si può. Infatti la verità non è solo la definizione che permette di nominare le situazioni e le cose tenendole a distanza con concetti e ragionamenti logici. Non è solo questo. La verità è anche fedeltà, quella che ti permette di nominare le persone col loro nome proprio, come le nomina il Signore, prima di classificarle o di definire la loro situazione».» E qui c’è questa abitudine brutta della cultura dell’aggettivo», ha aggiunto il Papa a braccio: «Questo è così, questo è tale… Questo è figlio d Dio! Poi avrà le sue virtù e i suoi difetti: ma la verità è la persona, non l’aggettivo fatto sostanza».

No alla «tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte. «Bisogna stare attenti a non cadere nella tentazione di farsi idoli di alcune verità astratte. Sono idoli comodi, a portata di mano, che danno un certo prestigio e potere e sono difficili da riconoscere». È il monito del Papa ai sacerdoti, nella parte centrale dell’omelia. «Perché la ‘verità-idolo’ si mimetizza, usa le parole evangeliche come un vestito, ma non permette che le si tocchi il cuore», ha ammonito Francesco: «E, ciò che è peggio, allontana la gente semplice dalla vicinanza risanatrice della Parola e dei Sacramenti di Gesù». L’invito del Papa è di rivolgersi a Maria, «Madre dei sacerdoti», e di invocarla come «Madonna della Vicinanza», che «come una vera madre, cammina con noi, combatte con noi, ed effonde incessantemente la vicinanza dell’amore di Dio, in modo tale che nessuno si senta escluso». «La nostra Madre non solo è vicina per il suo mettersi al servizio con quella ‘premura’ che è una forma di vicinanza, ma anche col suo modo di dire le cose», il ritratto di Francesco: «A Cana, la tempestività e il tono con cui dice ai servi: ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela’, farà sì che quelle parole diventino il modello materno di ogni linguaggio ecclesiale. Ma, per dirle come lei, oltre a chiedere la grazia, bisogna saper stare lì dove si ‘cucinano’ le cose importanti, quelle che contano per ogni cuore, ogni famiglia, ogni cultura. Solo in questa vicinanza si può discernere qual è il vino che manca e qual è quello di migliore qualità che il Signore vuole dare».

Declinare la «vicinanza sacerdotale» in tre ambiti: «L’ambito dell’accompagnamento spirituale, quello della Confessione e quello della predicazione». Si è conclusa con questo invito l’omelia del Papa. «La vicinanza nel dialogo spirituale la possiamo meditare contemplando l’incontro del Signore con la Samaritana», ha spiegato Francesco: «Il Signore le insegna a riconoscere prima di tutto come adorare, in Spirito e verità; poi, con delicatezza, la aiuta a dare un nome al suo peccato; e infine si lascia contagiare dal suo spirito missionario e va con lei a evangelizzare nel suo villaggio. Modello di dialogo spirituale, questo del Signore, che sa far venire alla luce il peccato della Samaritana senza che getti ombra sulla sua preghiera di adoratrice né che ponga ostacoli alla sua vocazione missionaria». La vicinanza nella Confessione, secondo il Papa, «la possiamo meditare contemplando il passo della donna adultera. Lì si vede chiaramente come la vicinanza è decisiva perché le verità di Gesù sempre avvicinano e si dicono, si possono dire sempre, a tu per tu. Guardare l’altro negli occhi – come il Signore quando si alza in piedi dopo essere stato in ginocchio vicino all’adultera che volevano lapidare e le dice: ‘Neanch’io ti condanno’ – non è andare contro la legge. E si può aggiungere: ‘D’ora in poi non peccare più’, non con un tono che appartiene all’ambito giuridico della verità-definizione – il tono di chi deve determinare quali sono i condizionamenti della misericordia divina – ma con un’espressione che si dice nell’ambito della verità-fedele, che permette al peccatore di guardare avanti e non indietro. Il tono giusto di questo ‘non peccare più’ è quello del confessore che lo dice disposto a ripeterlo settanta volte sette».

«L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità di incontro di un Pastore con il suo popolo. Nell’omelia si vede quanto vicini siamo stati a Dio nella preghiera e quanto vicini siamo alla nostra gente nella sua vita quotidiana», ha detto ancora il Papa, che nella parte finale dell’omelia ha dato un consiglio ai sacerdoti, che il Giovedì Santo rinnovano le promesse della loro ordinazione: «Se ti senti lontano da Dio, avvicinati al suo popolo, che ti guarirà dalle ideologie che ti hanno intiepidito il fervore. I piccoli ti insegneranno a guardare Gesù in un modo diverso. Ai loro occhi, la Persona di Gesù è affascinante, il suo buon esempio dà autorità morale, i suoi insegnamenti servono per la vita». E ancora: «Se ti senti lontano dalla gente, avvicinati al Signore, alla sua Parola: nel Vangelo Gesù ti insegnerà il suo modo di guardare la gente, quanto vale ai suoi occhi ognuno di coloro per i quali ha versato il suo sangue sulla croce. Nella vicinanza con Dio, la Parola si farà carne in te e diventerai un prete vicino ad ogni carne. Nella vicinanza con il popolo di Dio, la sua carne dolorosa diventerà parola nel tuo cuore e avrai di che parlare con Dio, diventerai un prete intercessore». «Il sacerdote vicino, che cammina in mezzo alla sua gente con vicinanza e tenerezza di buon pastore – e, nella sua pastorale, a volte sta davanti, a volte in mezzo e a volte indietro -, la gente non solo lo apprezza molto, va oltre: sente per lui qualcosa di speciale, qualcosa che sente soltanto alla presenza di Gesù. Perciò non è una cosa in più questo riconoscere la nostra vicinanza. In essa ci giochiamo se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee, chiuso in caratteri a stampatello, incarnato tutt’al più in qualche buona abitudine che poco alla volta diventa routine».