Vita Chiesa

PAPA RICHIAMA IL SIGNIFICATO CRISTIANO DELLA SPERANZA

“La cultura europea dà l’impressione di un’apostasia silenziosa da parte dell’uomo sazio, che vive come se Dio non esistesse” . Lo ha detto ieri il Santo Padre, Giovanni Paolo II, prima della recita dell’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini convenuti nel cortile interno del palazzo apostolico di Castel Gandolfo. “Paradossalmente – ha spiegato il Pontefice – la culla dei diritti umani rischia così di smarrirne il fondamento, eroso dal relativismo e dall’utilitarismo”. Richiamandosi allo spirito missionario dell’esortazione apostolica post-sinodale ‘Ecclesia in Europa’, promulgata lo scorso 28 giugno, il Papa ha sottolineato che “l’urgenza allora più grande che attraversa l’Europa, a Est come ad Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme”. Ma per soddisfare un così profondo anelito, per Giovanni Paolo II “occorre ritornare a Cristo e ripartire da Lui. La Chiesa ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: la fede cioè in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude.Misna

Ecco il testo integrale del discorso pronunciato dal Papa prima dell’Angelus di domenica 13 luglio.

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. In questo momento storico, nel quale è in atto un importante processo di riunificazione dell’Europa attraverso l’allargamento dell’Unione Europea ad altri Paesi, la Chiesa osserva con uno sguardo pieno di amore questo Continente. Accanto a tante luci, non mancano alcune ombre. A un certo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura nell’affrontare il futuro; a una diffusa frammentazione dell’esistenza si uniscono non di rado il diffondersi dell’individualismo e un crescente affievolirsi della solidarietà inter-personale. Si assiste come a una perdita della speranza, alla cui radice sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo. Paradossalmente, la culla dei diritti umani rischia così di smarrirne il fondamento, eroso dal relativismo e dall’utilitarismo.

2. Nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa, che ho promulgato lo scorso 28 giugno, ho voluto riprendere queste tematiche di urgente attualità, largamente dibattute nel corso dell’Assemblea sinodale dell’ottobre 1999.

“Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa”: questo è l’annuncio che i credenti non cessano di rinnovare, consapevoli delle enormi possibilità che offre l’ora presente, ma consci, al tempo stesso, delle sue “gravi incertezze a livello culturale, antropologico, etico e spirituale” (n. 3).

La cultura europea dà l’impressione di “un’«apostasia silenziosa» da parte dell’uomo sazio, che vive come se Dio non esistesse” (n. 9). L’urgenza allora più grande che attraversa l’Europa, “a Est come ad Ovest, consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare senso alla vita e alla storia e camminare insieme” (n. 4).

3. Ma come soddisfare un così profondo anelito di speranza? Occorre ritornare a Cristo e ripartire da Lui. La Chiesa – ho scritto nell’Esortazione – ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: la fede cioè in Gesù Cristo, “fonte della speranza che non delude” (n. 18).

Maria, aurora di un mondo nuovo, vegli sulla Chiesa in Europa e la renda pronta ad annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza.

(fonte: www.vatican.va)