Papa Francesco
Papa: “quello che ho detto ai giovani russi è di farsi carico della propria eredità culturale”
“Attenzione all’ideologia anche nella Chiesa”. “I governi devono fare la giustizia sociale vera. Il mondo delle periferie non è facile”
“Mettiamo dove è stata fatta la cosa: un dialogo con i giovani russi. E alla fine del dialogo io ho dato un messaggio a loro, un messaggio che ripeto sempre: di farsi carico della loro eredità”. È partito da qui Papa Francesco, per rispondere a una domanda di un giornalista, durante il volo di ritorno dalla Mongolia, sulle sue affermazioni sulla Russia, durante una video conferenza con giovani cattolici russi, che hanno irritato gli ucraini. “Punto primo: prendete la vostra eredità. Lo stesso che dico dappertutto – ha chiarito il Pontefice -. E anche con questa visione io cerco di fare il dialogo tra nonni e nipoti: che i nipoti prendano l’eredità. Questo lo dico dappertutto e questo è stato il messaggio”. Un secondo passo, “per esplicitare l’eredità: ho detto infatti l’idea della grande Russia, perché l’eredità russa è molto buona, è molto bella. Pensa nel campo delle lettere, nel campo della musica, fino ad arrivare a un Dostoevskij che oggi ci parla di umanesimo maturo; si è fatta carico di questo umanesimo, che si è sviluppato, nell’arte e nella letteratura. Questo sarebbe un secondo piano, di quando io ho parlato dell’eredità, no?”. Poi il Pontefice ha aggiunto: “Il terzo, forse, non è stato felice, ma parlando della grande Russia nel senso forse non tanto geografico, ma culturale, mi è venuto in mente quello che ci hanno insegnato nella scuola: Pietro I, Caterina II. Ed è venuto questo terzo (elemento, ndr), che forse non è proprio giusto. Non so. Che gli storici ci dicano. Ma è stata un’aggiunta che mi è venuta in mente perché l’avevo studiato a scuola. Quello che ho detto ai giovani russi è di farsi carico della propria eredità, di prendere la propria eredità, che vuol dire non comprarla altrove. Prendersi la propria eredità. E quale eredità ha dato la grande Russia: la cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto grande; e non va cancellata per problemi politici. Avete avuto anni bui in Russia, ma l’eredità sempre è rimasta così, alla mano”. Poi, ha osservato il Papa in risposta alla domanda del giornalista, “lei parla dell’imperialismo. E io non pensavo all’imperialismo quando ho detto quello, ho parlato della cultura, e la trasmissione della cultura mai è imperiale, mai; è sempre dialogare, e parlavo di questo. È vero che ci sono degli imperialismi che vogliono imporre la loro ideologia. Mi fermo qui: quando la cultura viene distillata e trasformata in ideologia, questo è il veleno. Si usa la cultura, ma distillata in ideologia. Questo bisogna distinguere, quando è la cultura di un popolo e quando sono le ideologie che sorgono poi per qualche filosofo, qualche politico di quel popolo”. E, ha sottolineato Francesco, “questo lo dico per tutti, anche per la Chiesa. Dentro la Chiesa tante volte si mettono le ideologie, che staccano la Chiesa dalla vita che viene dalla radice e va in su; staccano la Chiesa dall’influsso dello Spirito Santo. Un’ideologia è incapace di incarnarsi, è idea soltanto. Ma l’ideologia prende posto e si fa politica, di solito diventa dittatura, no? Diviene incapacità di dialogo, di andare avanti con le culture. E gli imperialismi fanno questo. L’imperialismo sempre si consolida in base a un’ideologia. Dobbiamo distinguere anche nella Chiesa tra dottrina e ideologia: la vera dottrina mai è ideologica, mai; è radicata nel santo popolo fedele di Dio; invece l’ideologia è staccata dalla realtà, staccata dal popolo…”.
“Tu con questo parli delle periferie come le baraccopoli: si deve andare avanti, andare lì e lavorare lì, come si faceva a Buenos Aires con i sacerdoti che lavoravano da queste parti: un’equipe di sacerdoti con un vescovo ausiliare alla testa e si lavora lì. Dobbiamo essere aperti a questo, i governi devono essere aperti, tutti i governi del mondo, ma ci sono delle periferie che sono tragiche”. Così ha risposto Papa Francesco a una domanda sulle difficoltà delle periferie, violente e degradate. “Torno su una periferia scandalosa che si cerca di coprire: quella dei Rohingya – ha proseguito il Pontefice -. I Rohingya soffrono, non sono cristiani, sono musulmani, ma soffrono perché sono stati convertiti in periferia, sono stati cacciati via”. Poi ha osservato: “Dobbiamo vedere i diversi tipi di periferie e anche imparare che la periferia è dove la realtà umana è più evidente e meno sofisticata – (ci sono anche ndr) momenti brutti non voglio idealizzare -, ma si percepisce meglio. Un filosofo una volta ha detto una cosa che mi ha colpito tanto: ‘La realtà si capisce meglio dalle periferie’, lì si capisce bene la realtà”. E ha evidenziato: “Dobbiamo interloquire con le periferie e i governi devono fare la giustizia sociale vera, la vera giustizia sociale, con le diverse periferie sociali e anche con le periferie ideologiche andare ad interloquire, perché tante volte è qualche squisita periferia ideologica quella che provoca le periferie sociali. Il mondo delle periferie non è facile”.