Papa Francesco

Papa: “Preghiamo per Gaza, preghiamo per la pace”

Il Santo Padre ha concluso l'udienza di oggi - dove ha ripreso il ciclo di catechesi su "Gesù nostra speranza" - con un appello per la pace, in primo luogo a Gaza, e un pensiero di vicinanza agli abitanti di Los Angeles

(Foto Vatican Media Sir)

“Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, il Myanmar”. E’ l’invito di Papa Francesco, al termine dell’udienza di oggi. “Preghiamo per la pace”, ha detto salutando i pellegrini di lingua italiana: “La guerra sempre è una sconfitta”. “Ieri ho chiamato – lo faccio tutti i giorni – la parrocchia di Gaza”, ha poi rivelato: “Erano contenti, lì dentro ci sono 600 persone, parrocchia e collegio. E mi hanno detto: oggi abbiamo mangiato lenticchie con pollo, una cosa che in questi tempi non erano abituati a fare”. “Preghiamo per Gaza, per la pace, e in tante altri parti del mondo”, l’appello finale: “La guerra è una sconfitta. E chi guadagna con la guerra? I fabbricanti delle armi”. “Voglio che sappiate che il mio cuore è con il popolo di Los Angeles, che sofferto così tanto a causa degli incendi che hanno devastato interi quartieri e comunità, che non sono finiti”, l’altra rivelazione papale: “Nostra Signora Di Guadalupe interceda per tutti gli abitanti, affinché possano essere testimoni di speranza attraverso la forza della diversità e della creatività per cui sono conosciuti in tutto il mondo”. In Aula Paolo VI, il Papa ha ripreso il ciclo di catechesi sul tema “Gesù Cristo nostra speranza”, che scandirà tutto l’anno giubilare.

“Sempre la presenza del Signore ci dà questa grazia: di non temere”, il commento a braccio all’episodio dell’annunciazione narrato all’inizio del Vangelo di Luca. “Lo dice a Maria, e lo dice anche a noi: non temere, vai avanti, non temere!”, ha proseguito a braccio: “Padre, io ho paura di questo! E cosa fai? Io vado dalla strega, mi faccio leggere le mani. Per favore! Non temere: è bello questo. Io sono il tuo compagno di cammino, dice il Signore a Maria”. Al posto del classico saluto “pace a te”, Gabriele si rivolge alla Vergine con l’invito “rallegrati!”, “gioisci!”. “Un appello caro alla storia sacra, perché i profeti lo usano quando annunciano la venuta del Messia alla Figlia di Sion”, ha commentato Francesco: “È l’invito alla gioia che Dio rivolge al suo popolo quando finisce l’esilio e il Signore fa sentire la sua presenza viva e operante”. Inoltre, Dio chiama Maria con un nome d’amore sconosciuto alla storia biblica: kecharitoméne, che significa “riempita dalla grazia divina”.

“Maria è piena della grazia divina”, ha osservato il Papa, secondo il quale “questo nome dice che l’amore di Dio ha già da tempo abitato e continua a dimorare nel cuore di Maria. Dice quanto lei sia ‘graziosa’ e soprattutto quanto la grazia di Dio abbia compiuto in lei una cesellatura interiore facendone il suo capolavoro. Piena di grazia. Questo soprannome amoroso, che Dio dà solo a Maria, è subito accompagnato da una rassicurazione: ‘Non temere!’”. Nei saluti delle varie lingue, il Pontefice ha citato inoltre la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che – ha ribadito – “non è il frutto dei nostri sforzi, ma un dono che dobbiamo chiedere al Padre, perché il mondo creda nel suo Figlio unigenito, Cristo Salvatore”. Poi un saluto particolare alle nonne e ai nonni, rivolto ai fedeli polacchi che in questi giorni celebrano la loro festa: “Per favore, ricordate anche nelle vostre preghiere le persone anziane dell’Ucraina che stanno vivendo la tragedia della guerra”.