Vita Chiesa

Papa, Messa crismale: il sacerdote porti Cristo nelle periferie dove c’è sofferenza

«Con gioia celebro la prima Messa crismale come vescovo di Roma», ha esordito il Papa, spiegando ai sacerdoti che «quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele, dei nostri santi e dei nostri martiri». Dalla «bellezza» liturgica Papa Francesco è passato poi «all’azione», facendo notare che «l’olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge le periferie». «Il Signore lo dirà chiaramente», le parole del Papa: «La sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. L’unzione non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido e il cuore amaro».

«Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo». È l’identikit del presbitero tracciato nell’omelia della Messa crismale, in cui Papa Francesco ha attinto a piene mani dalla sua esperienza pastorale. «Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota», ha detto: «Per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia». «La nostra gente – ha spiegato il Santo Padre – gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, le periferie dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede». «La gente – ha testimoniato il Papa – ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: ‘preghi per me, padre, perché ho questo problema’, ‘mi benedica, preghi per me’». «Quando siamo in questa relazione con Dio e con il suo popolo e la grazia passa attraverso di noi – ha spiegato il Papa – allora siamo sacerdoti, mediatori tra Dio e gli uomini».

Il sacerdote deve «intuire e sentire, come sentì il Signore l’angoscia piena di speranza dell’emorroissa quando toccò il lembo del suo mantello». È un esplicito invito all’empatia, quello rivolto dal Papa ai sacerdoti nella Messa in cui rinnovano le loro promesse. «Dobbiamo sempre ravvivare la grazia – l’invito del Papa nel rapporto con i fedeli – e intuire in ogni richiesta, a volte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale – ma lo è solo apparentemente – il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo». Poi, riferendosi al citato brano evangelico, il Papa ha commentato: «Questo momento di Gesù, in mezzo alla gente che lo circondava da tutti i lati, incarna tutta la bellezza di Aronne rivestito sacerdotalmente con l’olio che scende sulle sue vesti. È una bellezza nascosta che risplende solo per quegli occhi pieni di fede della donna che soffriva perdite di sangue». Il primato, dunque, del femminile: «Gli stessi discepoli, futuri sacerdoti – ha fatto notare infatti il Papa – non riescono a vedere non comprendono: nella periferia esistenziale vedono solo la superficialità della moltitudine che si stringe da tutti i lati fino a soffocare Gesù. Il Signore, al contrario, sente la forza dell’unzione divina che arriva ai bordi del suo mantello».

La fede? Non è questione di «corsi di autoaiuto». Per essere veri sacerdoti bisogna «uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni». È un forte invito alla missionarietà, a cominciare dagli ultimi, quello lanciato dal Papa ai sacerdoti. Nell’omelia, Papa Francesco si è soffermato anche sugli aspetti psicologici della vocazione sacerdotale: «Non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore», ha ammonito: «I corsi di autoaiuto nella vita possono essere utili, però vivere passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, riusciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente».

«Questo io vi chiedo: essere pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini». Un invito ripetuto due volte, quello del Papa ai sacerdoti, esortati nell’omelia della Messa crismale – salutata in chiusura da un caloroso applauso – a uscire da se stessi. «Il sacerdote che esce poco da sé, che unge poco – non dico ‘niente’ perché la nostra gente ci ruba l’unzione, grazie a Dio – si perde il meglio del nostro popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore presbiterale», ha detto Papa Francesco, secondo il quale «chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore». «Tutti conosciamo la differenza», ha spigato il Santo Padre: «L’intermediario e il gestore hanno già la loro paga e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore». Da qui, per il Papa, «deriva l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con l’odore delle pecore, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini».

«È vero che la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti e si somma ad una crisi di civiltà», ha ammesso il Papa: «Però, se sappiamo infrangere la sua onda, noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti». Per Papa Francesco, «è bene che la realtà stessa ci porti ad andare là dove ciò che siamo per grazia appare chiaramente come pura grazia, in questo mare del mondo attuale dove vale solo l’unzione – e non la funzione -, e risultano feconde le reti gettate unicamente nel nome di Colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù». Poi l’invito ai fedeli: «Siate vicini ai vostri sacerdoti con l’affetto e con la preghiera perché siano sempre pastori secondo il cuore di Dio».

«Cari sacerdoti – il saluto del Papa ai 1.600 sacerdoti presenti, con i cardinali e i vescovi – Dio Padre rinnovi in noi lo Spirito di Santità con cui siamo stati unti, lo rinnovi nel nostro cuore in modo tale che l’unzione giunga a tutti, anche alle periferie, là dove il nostro popolo fedele più lo attende ed apprezza. La nostra gente ci senta discepoli del Signore, senta che siamo rivestiti dei loro nomi, che non cerchiamo altra identità; e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto. Così sia».