Vita Chiesa

Papa in Romania: Messa a Sumuleu Ciuc: trasformare rancori e diffidenze in nuove opportunità di comunione

«Pellegrinare è sapere che veniamo come popolo alla nostra casa». Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa (testo integrale) celebrata nel santuario mariano di Sumuleu-Ciuc, nella regione della Transilvania: una chiesa mariana all’interno di un monastero francescano al cui interno troneggia una statua lignea cinquecentesca della Madonna, da secoli oggetto di una forte devozione popolare. E sono moltissimi gli abitanti di origine ungherese – una folla sterminata sotto la pioggia e il fango – che partecipano all’appuntamento che inaugura la seconda giornata del viaggio del Papa in Romania.

«Un popolo la cui ricchezza sono i suoi mille volti, culture, lingue e tradizioni

«Qui, ogni anno, il sabato di Pentecoste, voi vi recate in pellegrinaggio per onorare il voto dei vostri antenati e per fortificare la fede in Dio e la devozione alla Madonna, raffigurata nella monumentale statua lignea», l’omaggio ai presenti: «Questo pellegrinaggio annuale appartiene all’eredità della Transilvania, ma onora insieme le tradizioni religiose rumena e ungherese; vi partecipano anche fedeli di altre confessioni ed è un simbolo di dialogo, unità e fraternità; un appello a recuperare le testimonianze di fede divenuta vita e di vita fattasi speranza». «Con gioia e riconoscenza a Dio mi trovo oggi con voi, cari fratelli e sorelle, in questo caro Santuario mariano, ricco di storia e di fede, dove come figli veniamo ad incontrare la nostra Madre e a riconoscerci come fratelli», ha esordito il Santo Padre, definendo i santuari dei luoghi quasi «sacramentali» di «una Chiesa ospedale da campo», che «custodiscono la memoria del popolo fedele che in mezzo alle sue tribolazioni non si stanca di cercare la fonte d’acqua viva dove rinfrescare la speranza». «Sono luoghi di festa e di celebrazione, di lacrime e di suppliche.», ha proseguito: «Veniamo ai piedi della Madre, senza molte parole, a lasciarci guardare da lei e perché con il suo sguardo ci porti a Colui che è la Via, la Verità e la Vita.Non lo facciamo in un modo qualsiasi, siamo pellegrini».

«Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna». Ne è convinto il Papa, che nell’omelia ha ribadito che «pellegrinare significa sentirsi chiamati e spinti a camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione; significa disancorarsi dalle nostre sicurezze e comodità nella ricerca di una nuova terra che il Signore vuole donarci». «Pellegrinare è la sfida a scoprire e trasmettere lo spirito del vivere insieme, di non aver timore di mescolarsi, di incontrarci e aiutarci», ha proseguito Francesco: «Pellegrinare significa partecipare a quella marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, carovana sempre solidale per costruire la storia» . «Pellegrinare – ha puntualizzato il Santo Padre – è guardare non tanto quello che avrebbe potuto essere (e non è stato), ma piuttosto tutto ciò che ci aspetta e non possiamo più rimandare. Significa credere al Signore che viene e che è in mezzo a noi promuovendo e stimolando la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità e di giustizia».

Pellegrinare «è l’impegno a lottare perché quelli che ieri erano rimasti indietro diventino i protagonisti del domani, e i protagonisti di oggi non siano lasciati indietro domani». Nella parte finale dell’omelia il Papa ha declinato in senso dinamico e rivolto al futuro il verbo che ha scelto come motivo centrale, strettamente legato all’esperienza del pellegrinaggio che migliaia di fedeli ogni anno compiono in questo angolo ungherese di Romania. «E questo richiede il lavoro artigianale di tessere insieme il futuro», la consegna di Francesco: «Ecco perché siamo qui per dire insieme: Madre, insegnaci ad imbastire il futuro». «Pellegrinare a questo santuario ci fa volgere lo sguardo a Maria e al mistero della elezione di Dio», ha proseguito Francesco: «Lei, una ragazza di Nazaret, piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele, con il suo ‘sì’ è stata capace di dare il via alla rivoluzione della tenerezza».

«Il mistero della elezione da parte di Dio, che pone i suoi occhi sul debole per confondere i forti, ci spinge e incoraggia anche noi a dire ‘sì’, come lei, per percorrere i sentieri della riconciliazione», l’invito finale: «Chi rischia, il Signore non lo delude. Camminiamo, e camminiamo insieme, lasciando che sia il Vangelo il lievito capace di impregnare tutto e di donare ai nostri popoli la gioia della salvezza». Al termine della celebrazione, il Papa – come è consuetudine quando visita i santuari mariani – dona una rosa d’oro alla Vergine. Quindi, dopo il saluto dell’arcivescovo di Alba Iulia, mons. György Miklós Jakubinyi, e la benedizione finale, si trasferisce in auto alla Casa arcidiocesana Jakab Antal Ház dove pranza, accolto dal direttore e da alcuni collaboratori della Casa. Questo pomeriggio, a Iasi, l’incontro mariano con la gioventù e le famiglie.