Vita Chiesa

Papa in Perù: Messa a Las Palmas, l’amore per il prossimo contro ogni indifferenza

«Il Signore si mette in cammino: va a Ninive, in Galilea… a Lima, a Trujillo, a Puerto Maldonado… il Signore viene qui. Si mette in movimento per entrare nella nostra storia personale, concreta». Ad assicurarlo è stato il Papa, nella Messa di congedo dal Perù, celebrata nella base aerea Las Palmas di Lima. Dio «vuole stare sempre con noi», ha proseguito: «Sì, qui a Lima, o dovunque stai vivendo, nella vita quotidiana del lavoro sempre uguale, nell’educazione dei figli, piena di speranza, tra le tue aspirazioni e i tuoi impegni; nell’intimità della casa e nel rumore assordante delle nostre strade. È lì, in mezzo alle strade polverose della storia, dove il Signore ti viene incontro».

«Certe volte può succederci lo stesso che a Giona», ha ammonito Francesco mettendo in guardia da questa «sindrome»: «Le nostre città, con le situazioni di dolore e di ingiustizia che ogni giorno si ripetono, possono suscitare in noi la tentazione di fuggire, di nasconderci, di defilarci. E i motivi, a Giona e a noi, non mancano». «Guardando la città – la fotografia scattata dal Papa – potremmo cominciare a constatare che ci sono cittadini che ottengono i mezzi adeguati per lo sviluppo della vita personale e familiare, però sono moltissimi i ‘non cittadini’, i ‘cittadini a metà’ o gli ‘avanzi urbani’ che stanno ai bordi delle nostre strade, che vanno a vivere ai margini delle nostre città senza condizioni necessarie per condurre una vita dignitosa, e fa male constatare che molte volte tra questi ‘avanzi umani’ si trovano volti di tanti bambini e adolescenti. Si trova il volto del futuro». «Vedere queste cose nelle nostre città, nei nostri quartieri – che potrebbero essere luoghi di incontro e di solidarietà, di gioia – finisce per provocare quella che potremmo chiamare la sindrome di Giona», ha spiegato Francesco: «Uno spazio di fuga e di sfiducia. Uno spazio per l’indifferenza, che ci trasforma in anonimi e sordi davanti agli altri, ci fa diventare esseri impersonali dal cuore asettico, e con questo atteggiamento facciamo male all’anima del popolo».

«La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società». Il Papa ha citato Benedetto XVI, per spiegare, con le sue parole, che «una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana». Quando arrestarono Giovanni il Battista, ha ricordato Francesco, «Gesù si recò in Galilea a predicare il Vangelo di Dio»: «A differenza di Giona, Gesù, di fronte a un avvenimento doloroso e ingiusto come fu l’arresto di Giovanni, entra nella città, entra in Galilea e comincia da quella piccola popolazione a seminare quello che sarebbe stato l’inizio della più grande speranza: il Regno di Dio è vicino, Dio è in mezzo a noi». «E il Vangelo stesso ci mostra la gioia e l’effetto a catena che questo produce», il commento del Papa: «Cominciò con Simone e Andrea, poi Giacomo e Giovanni e, a partire da allora, passando per santa Rosa da Lima, san Toribio, san Martino de Porres, san Giovanni Macías, san Francesco Solano, è giunto fino a noi annunciato dalla nube di testimoni che hanno creduto in lui». «È arrivato fino a noi per impegnarsi nuovamente come un rinnovato antidoto contro la globalizzazione dell’indifferenza», l’invito: «Perché davanti a questo amore non si può rimanere indifferenti».

Gesù percorre la città e fa attenzione agli indifferenti lapidati dalla corruzione. «Gesù ha chiamato i suoi discepoli a vivere nell’oggi ciò che ha sapore di eternità: l’amore per Dio e per il prossimo; e lo fa nell’unica maniera in cui può farlo, alla maniera divina: suscitando la tenerezza e l’amore misericordioso, suscitando la compassione e aprendo i loro occhi perché imparino a guardare la realtà in maniera divina». Nell’omelia il Papa si è soffermato sullo stile e sulla pedagogia di Gesù, nel rapporto con i suoi discepoli, che invita «a creare nuovi legami, nuove alleanze portatrici di eternità». «Gesù percorre la città con i suoi discepoli e comincia a vedere, ad ascoltare, a fare attenzione a coloro che avevano ceduto sotto il manto dell’indifferenza, lapidati dal grave peccato della corruzione», ha fatto notare Francesco: «Comincia a svelare tante situazioni che soffocavano la speranza del suo popolo suscitando una nuova speranza. Chiama i suoi discepoli e li invita ad andare con lui, li invita a percorrere la città, ma cambia loro il ritmo, insegna a guardare ciò a cui fino ad ora passavano sopra, indica nuove urgenze. Convertitevi, dice loro, il Regno dei Cieli è incontrare in Gesù Dio che mescola la sua vita con la vita del suo popolo, si coinvolge e coinvolge altri perché non abbiano paura di fare di questa storia una storia di salvezza».

«Gesù continua a camminare per le nostre strade, come ieri continua a bussare alle porte, a bussare ai cuori per riaccendere la speranza», ha garantito il Papa, che nella parte finale dell’omelia ha auspicato che «il degrado sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia vinta dalla solidarietà e la violenza spenta con le armi della pace». «Gesù continua a chiamare e vuole ungerci col suo Spirito perché anche noi andiamo a ungere con quella unzione capace di guarire la speranza ferita e rinnovare il nostro sguardo», ha proseguito Francesco: «Gesù continua a camminare e risveglia la speranza che ci libera da rapporti vuoti e da analisi impersonali e chiama a coinvolgerci come fermenti lì dove siamo, dove ci è dato di vivere, in quell’angolino di tutti i giorni. Il Regno dei Cieli è in mezzo a voi – ci dice –, è lì dove sappiamo usare un po’ di tenerezza e di compassione, dove non abbiamo paura di creare spazi perché i ciechi vedano, i paralitici camminino, i lebbrosi siano purificati e i sordi odano». «Dio non si stanca e non si stancherà di camminare per raggiungere i suoi figli», ha ribadito il Papa: «Come accenderemo la speranza se mancano profeti? Come affronteremo il futuro se ci manca l’unità? Come arriverà Gesù in tanti posti, se mancano audaci e validi testimoni?». «Oggi il Signore ti chiama a percorrere con lui la città, la tua città», ha concluso Francesco quasi rivolgendosi ad ognuno dei peruviani che hanno affollato l’area della base aerea: «Ti chiama ad essere suo discepolo missionario, e così a diventare partecipe di quel grande sussurro che vuole continuare a risuonare in ogni angolo della nostra vita: Rallegrati, il Signore è con te!».

Al termine della Messa nella base aerea di Las Palmas, durante la processione di ritorno in sagrestia, il Papa ha salutato il presidente della Repubblica, Pedro Pablo Kuczynski, e sette rappresentanti di confessioni cristiane non cattoliche. Alle ore 18 locali (mezzanotte italiana), il trasferimento all’aeroporto di Lima, dove il Papa arriverà alle 18.30 (00.30) per la cerimonia di congedo ufficiale dal Perù, senza discorsi. Francesco viene accolto dal presidente della Repubblica e dalla moglie, alla presenza della Guardia d’Onore. Poi il saluto delle delegazioni. La partenza dell’aereo papale è prevista alle 18.45 (00.45), l’arrivo all’aeroporto di Roma-Ciampino è in programma domani, 22 gennaio, alle ore 14.15. Poi il trasferimento immediato in Vaticano.