Vita Chiesa

Papa in Madagascar: alle carmelitane, piccoli gesti d’amore per imprigionare Dio

«Se tu vuoi ambire non solo a salvare il monastero, non solo la vita religiosa, ma a salvare il mondo con Gesù, incomincia con questi piccoli atti di amore e di rinuncia che imprigionano Dio e lo portano da noi».  È morale non di «una favola», ma di «una storia autentica», svelata alle suore contemplative del Madagascar, al termine della recita dell’ora media nel Monastero di San Giuseppe.

Consegnando il testo scritto per l’occasione, il Papa ha raccontato a braccio la storia di due suore – «una giovanissima, una vecchia» – e solo alla fine ha rivelato il nome della suora giovane: Santa Teresa di Lisieux. «Questa Teresa adesso accompagna un vecchio: lei mi ha accompagnato ad ogni passo, mi accompagna», ha rivelato il Santo Padre: «Mi ha insegnato a fare i passi. È un’amica fedele. Non vi ho parlato di teologia, ho parlato della mia esperienza con una santa. Avanti e coraggiose!».

«Due suore, una giovanissima, una vecchia che non poteva quasi camminare, era quasi paralitica», ha raccontato il Papa: «La giovane cerava di aiutarla, ma la vecchietta si innervosiva. Sembrerebbe che la malattia l’avesse fatta un po’ nevrotica… Ma la giovane sempre col sorriso l’accompagnava. Alla fine arrivavano al refettorio, la giovane cercava di aiutarla a sedersi e la vecchietta: ‘No no, mi fa male…’. Una giovane, davanti a questo, avrebbe avuto voglia di mandarla a passeggio, ma quella giovane le sorrideva, prendeva il pane, lo preparava e glielo dava». «Questa non è una favola! E’ una storia autentica», ha commentato Francesco: «E’ una storia vera, che riflette un pezzetto della vita comunitaria. E fa vedere lo spirito con cui si può vivere la vita comunitaria. La carità, nelle piccole e nelle grandi cose».

La giovane Teresa, «con la forza dell’obbedienza faceva questa carità», ha sottolineato il Papa: «Penso che tutte voi, suore di clausura, siete venute per essere vicine al Signore e cercare la via della perfezione, ma la via della perfezione si trova in questi piccoli passi di carità, sulla strada dell’obbedienza. Piccoli passi, che sembrano niente, ma sono piccoli passi che fanno venire, fanno schiavo Dio. Piccoli fili che imprigionano Dio. Questo pensava la giovane: ai fili con i quali imprigionava Dio, alle corde di amore che sono i piccoli atti di carità di tutti i giorni. Piccoli, piccolissimi, perché la nostra piccola anima non può fare grandi cose». Teresa, quindi, era «una suora coraggiosa», dotata di «un coraggio di fare i piccoli passi, di credere che nella mia piccolezza Dio è felice, e fa la salvezza del mondo».

«Grazie a voi, la Chiesa in Madagascar è ancora più bella agli occhi del Signore e anche agli occhi di tutto il mondo». È l’omaggio del Papa alle 130 suore contemplative provenienti da vari monasteri del Madagascar e radunate nel Monastero delle Carmelitane Scalze per recitare l’Ora media insieme al Santo Padre. «In questo Paese c’è povertà, è vero, ma c’è anche tanta ricchezza!», ha detto Francesco nel testo dell’omelia consegnata riferendosi alle «bellezze naturali, umane e spirituali. Anche voi, sorelle, partecipate a questa bellezza del Madagascar, della sua gente e della Chiesa, perché è la bellezza di Cristo che risplende sui vostri volti e nelle vostre vite».

«Siamo sempre tentati di soddisfare il desiderio di eternità con cose effimere», ha detto il Papa nell’omelia: «Siamo esposti ai mari in tempesta che finiscono solo per annegare la vita e lo spirito». «Siate fari, per i vicini e soprattutto per i lontani», l’invito: «Siate fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del tempo. Siate sentinelle del mattino che annunciano il sorgere del sole».

«Un monastero è sempre un luogo in cui arrivano i dolori del mondo, quelli della vostra gente. Possano i vostri monasteri, nel rispetto del vostro carisma contemplativo e delle vostre costituzioni, essere luoghi di accoglienza e di ascolto, specialmente per persone molto infelici». È la consegna del Papa alle suore contemplative del Madagascar, nel testo consegnato. «Oggi sono con noi due mamme che hanno perso i loro figli e riassumono tutti i dolori dei vostri fratelli isolani», le parole di Francesco nel testo dell’omelia consegnata: «Siate attente al grido e alle miserie degli uomini e delle donne intorno a voi, che vengono a voi consumati dalla sofferenza, dallo sfruttamento e dallo scoraggiamento. Non siate di quelli che ascoltano solo per vincere la noia, soddisfare la curiosità o raccogliere argomenti di conversazione. Ascoltate il cuore del Signore per ascoltarlo anche nei vostri fratelli e sorelle». «Le persone intorno a voi sono spesso molto povere, deboli, aggredite e ferite in mille modi; ma sono piene di fede e riconoscono istintivamente in voi delle testimoni della presenza di Dio, dei preziosi riferimenti per incontrarlo e ottenere il suo aiuto», ha proseguito il Papa: «La fede è il bene più grande dei poveri! È molto importante che questa fede sia annunciata, rafforzata in loro, che li aiuti davvero a vivere e a sperare». «Care sorelle contemplative, senza di voi, che ne sarebbe della Chiesa e di quanti vivono nelle periferie umane del Madagascar?», ha concluso Francesco: «Cosa accadrebbe a tutti coloro che lavorano in prima linea nell’evangelizzazione, e qui in particolare in condizioni molto precarie, difficili e talvolta pericolose? Tutti si appoggiano alla vostra preghiera e al dono sempre rinnovato della vostra vita, un dono molto prezioso agli occhi di Dio che vi fa partecipare al mistero della redenzione di questa terra e delle amate persone che vi abitano».

«Sicuramente da voi la mondanità spirituale arriverà in tante forme nascoste. Sappiate discernere con la priora, con la comunità in capitolo, le voci della mondanità, che non entrino in clausura». È il monito, a braccio, del Papa, che alle suore contemplative del Madagascar ha ricordato che «la mondanità non è una suora di clausura. Quando ti vengono pensieri di mondanità, chiudi la porta e pensa ai piccoli atti di amore: questi salvano il mondo». «Ognuna di voi, per entrare in convento, ha fatto tante cose buone e ha vinto: ha vinto lo spirito mondano, il peccato, il diavolo», ha detto Francesco. «Quando il demonio lascia libera un’anima, se ne va, ma poi dopo un tempo ha voglia di tornare», il monito: «Vede un’anima così sistemata, tanto bella, e ha voglia di entrare». I diavoli, però, «non possono entrare facendo rumore, devono entrare educatamente. E così i diavoli educati fanno suonare il campanello», ha proseguito il Papa: «Il tentatore non vuole essere scoperto, per questo viene travestito da persona educata, tante volte è un padre spirituale…». «Per favore, sorelle», l’appello di Francesco: «Parlate subito, parlate in tempo quando c’è qualche cosa che vi toglie la tranquillità, poi la pace. Questa è la difesa che voi avete in comunità: una aiuta l’altra, fate un fronte unito per difendere la santità, l’amore, il monastero. Né la doppia grata, né la tenda sono sufficienti: sufficiente è la carità – che è chiedere consiglio in tempo, ascoltare le sorelle e la priora – e la preghiera». «Non tutte le priore sono il Premio Nobel per la simpatia», ha scherzato il Papa, ma «quando sentiva qualcosa che non andava Teresa andava dalla priora, anche se le era antipatica. Per una suora, la priora è Gesù».