Benedetto XVI

Papa in Libano, i discorsi

 I testi integrali, in italiano, dei discorsi pronunciati da Benedetto XVI durante la sua visita pastorale in Libano (14-16 settembre 2012) in occasione della firma e della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi.

Il testo integrale dell’Esortazione (pdf)

1. Incontro con i giornalisti durante il volo verso Beirut

P. Lombardi: Santità, benvenuto e grazie per essere qui con noi. I giornalisti al seguito sono poco più di 50, di diverse lingue e nazionalità. Naturalmente ce ne sono molte centinaia, forse migliaia, che ci aspettano invece in Libano e tutti sono molto attenti a questo viaggio sapendone l’impegno e l’importanza. Le siamo grati per essere con noi per rispondere a delle domande impegnative che i giornalisti stessi hanno formulato nei giorni precedenti. Le prime due domande le formulo in francese. Il Santo Padre risponde in francese come lingua più o meno ufficiale del viaggio e le altre tre in italiano.

Domanda: Saint-Père, dans ces jours, il y a des anniversaires terribles, comme le 11 septembre ou le massacre de Sabra et Chatila ; aux frontières du Liban, il y a une sanglante guerre civile, et nous voyons aussi que dans d’autres pays, le risque de la violence est toujours présent. Saint-Père, avec quels sentiments vous affrontez ce voyage ? Est-ce que vous avez été tenté d’y renoncer pour l’insécurité, ou quelqu’un vous a suggéré d’y renoncer ?

[Santo Padre, in questi giorni ricorrono anniversari terribili, come quello dell’11 settembre, o quello del massacro di Sabra e Chatila; ai confini del Libano vi è una sanguinosa guerra civile, e vediamo anche che in altri Paesi il rischio della violenza è sempre attuale. Santo Padre, con quali sentimenti affronta questo viaggio? E’ stato tentato di rinunciarvi a motivo dell’insicurezza, o qualcuno Le ha suggerito di rinunciarvi?]

Santo Padre: Chers amis, je suis très heureux et reconnaissant de cette possibilité de parler avec vous. Je puis dire que personne ne m’a conseillé de renoncer à ce voyage, et de ma part, je n’ai jamais pensé à cette hypothèse parce que je sais que si la situation devient plus compliquée, il est encore plus nécessaire de donner ce signe de fraternité, d’encouragement, de solidarité. Et donc, c’est le sens de mon voyage : inviter au dialogue, inviter à la paix contre la violence, aller ensemble pour trouver les solutions des problèmes. Et donc, mes sentiments dans ce voyage sont surtout des sentiments de reconnaissance pour la possibilité d’aller en ce moment dans ce grand Pays, ce Pays qui est – comme l’a dit le Pape Jean-Paul II – plusieurs messages dans cette Région de la rencontre et de l’origine des trois religions abrahamiques. Je suis reconnaissant surtout au Seigneur qui m’a donné la possibilité ; je suis reconnaissant à toutes les Institutions et aux personnes qui ont collaboré et collaborent encore pour cette possibilité. Et je suis reconnaissant pour tant de personnes qui m’accompagnent avec la prière. Dans cette protection de la prière et de la collaboration, je suis heureux et je suis sûr que nous pouvons faire un réel service pour le bien des hommes et pour la paix.

[Cari amici, sono molto lieto e riconoscente per questa possibilità di parlare con voi. Posso dire che nessuno mi ha mai consigliato di rinunciare a questo viaggio e, da parte mia, non ho mai contemplato questa ipotesi, perché so che se la situazione si fa più complicata, è più necessario offrire questo segno di fraternità, di incoraggiamento e di solidarietà. E’ il significato del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi. Dunque, i miei sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare in questo momento in questo grande Paese, questo Paese che – come ha detto Papa Giovanni Paolo II – è un messaggio molteplice, in questa Regione, dell’incontro e dell’origine delle tre religioni abramitiche. Sono riconoscente soprattutto al Signore che me ne ha dato la possibilità; sono riconoscente a tutte le Istituzioni e alle persone che hanno collaborato e collaborano ancora per questa possibilità. E sono riconoscente alle tante persone che mi accompagnano con la preghiera. In questa protezione della preghiera e della collaborazione, sono felice e sono certo che possiamo fare un servizio reale per il bene dell’uomo e per la pace.]

P. Lombardi: Merci, Saint-Père. Un grand nombre de catholiques manifestent leur inquiétude devant la croissance des fondamentalismes dans différentes régions du monde et devant les agressions dont sont victimes de plusieurs chrétiens. Dans ce contexte difficile et souvent sanglant, comment l’Église peut-elle répondre à l’impératif du dialogue avec l’islam, sur lequel vous avez plusieurs fois insisté ?

[Grazie Santo Padre. Molti cattolici manifestano la loro inquietudine dinanzi alla crescita dei fondamentalismi in diverse regioni del mondo e alle aggressioni di cui sono vittime numerosi cristiani. In questo contesto difficile e sovente sanguinoso, la Chiesa come può rispondere all’imperativo del dialogo con l’islam, su cui Lei ha più volte insistito?]

Santo Padre: Le fondamentalisme est toujours une falsification de la religion. Il va contre l’essence de la religion qui veut réconcilier et créer la paix de Dieu dans le monde. Donc, la tâche de l’Église et des religions est se purifier, une haute purification de la religion de cette tentation est toujours nécessaire. Il est de notre tâche d’illuminer et de purifier les consciences et de rendre clair que chaque homme est une image de Dieu et nous devons respecter dans l’autre, non seulement son altérité mais dans l’altérité la réelle essence commune d’être image de Dieu, et traiter l’autre comme une image de Dieu. Donc, le message fondamental de la religion doit être contre la violence qui en est une falsification – comme le fondamentalisme – et doit être l’éducation, l’illumination et la purification des consciences pour les rendre capables au dialogue, à la réconciliation et à la paix.

[Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. Dunque, il compito della Chiesa e delle religioni è quello di purificarsi; un’alta purificazione della religione da queste tentazioni è sempre necessaria. E’ nostro compito illuminare e purificare le coscienze e rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio; e noi dobbiamo rispettare nell’altro non soltanto la sua alterità, ma, nell’alterità la reale essenza comune di essere immagine di Dio, e trattare l’altro come un’immagine di Dio. Quindi, il messaggio fondamentale della religione dev’essere contro la violenza, che ne è una falsificazione, come il fondamentalismo, e dev’essere l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle capaci di dialogo, di riconciliazione e di pace.]

Padre Lombardi: Continuiamo in italiano. Nel contesto dell’onda di desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti Paesi del Medio Oriente con la cosiddetta “primavera araba”, data la realtà sociale nella maggioranza di questi Paesi, in cui i cristiani sono minoranza, non c’è il rischio di una tensione inevitabile fra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?

Santo Padre: Direi che, di per sé, la primavera araba è una cosa positiva: è un desiderio di maggiore democrazia, maggiore libertà, di maggiore cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà, che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera maggiore partecipazione nella vita politica, nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani. Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni, sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto, una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro; il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme, con determinate regole, può crescere. Questo è sempre il pericolo, così è anche il pericolo in questo caso. Dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione, come parte fondamentale della libertà. Così anche la rinnovata identità araba implica – penso – pure il rinnovamento dell’insieme secolare e millenario di cristiani e arabi, che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso sia importante vedere l’elemento positivo in questi movimenti e fare la nostra parte perché la libertà sia concepita in modo giusto e risponda a maggior dialogo e non al dominio di uno contro gli altri.

Domanda: Santo Padre, in Siria, come tempo fa in Iraq, molti cristiani si sentono costretti a lasciare a malincuore il loro Paese. Che cosa intende fare o dire la Chiesa cattolica per aiutare in questa situazione, per arginare la scomparsa dei cristiani in Siria e in altri Paesi mediorientali?

Santo Padre: Devo dire innanzi tutto che non solo cristiani fuggono, ma anche musulmani. Naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande e noi dobbiamo fare il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra, della violenza: questa crea la fuga. Quindi, il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Che cosa possiamo fare contro la guerra? Diciamo, naturalmente, sempre diffondere il messaggio della pace, chiarire che la violenza non risolve mai un problema e rafforzare le forze della pace. Importante qui è il lavoro dei giornalisti, che possono aiutare molto per mostrare come la violenza distrugge, non costruisce, non è utile per nessuno. Poi direi forse gesti della cristianità, giornate di preghiera per il Medio Oriente, per i cristiani e i musulmani, mostrare possibilità di dialogo e di soluzioni. Direi anche che deve finalmente cessare l’importazione di armi: perché senza l’importazione di armi la guerra non potrebbe continuare. Invece di importare le armi, che è un peccato grave, dovremmo importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni per accettare ognuno nella sua alterità; dobbiamo quindi rendere visibile nel mondo il rispetto delle religioni, le une delle altre, il rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso, con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali, aiutare perché cessi la guerra, la violenza, e tutti possano ricostruire il Paese.

P Lombardi: Santo Padre, Lei porta un’Esortazione apostolica indirizzata a tutti i cristiani del Medio Oriente. Oggi questa è una popolazione sofferente. Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà, Lei vede passi concreti che le Chiese e i cattolici dell’Occidente, soprattutto in Europa e America, possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?

Santo Padre: Direi che dobbiamo influire sull’opinione politica e sui politici per impegnarsi realmente, con tutte le forze, con tutte le possibilità, con vera creatività, per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire. In questo senso, un lavoro di ammonizione, di educazione, di purificazione è molto necessario da parte nostra. Inoltre, le nostre organizzazioni caritative dovrebbero anche aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazioni come i Cavalieri del Santo Sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, ma simili organizzazioni potrebbero aiutare materialmente, politicamente, umanamente anche in questi Paesi. Direi, ancora una volta, gesti visibili di solidarietà, giornate di preghiera pubblica, simili cose possono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, essere fattori reali. Siamo convinti che la preghiera ha un effetto; se fatta con tanta fiducia e fede, avrà il suo effetto.

2. Cerimonia di benvenuto nell’Aeroporto Internazionale Rafiq Hariri di Beirut (14 settembre 2012)

Signor Presidente della Repubblica,Signori Presidenti del Parlamento e del Consiglio dei Ministri,Care Beatitudini,Autorità civili e religiose presenti, cari amici!Ho la gioia, Signor Presidente, di rispondere al cortese invito che Ella mi ha rivolto a recarmi nel vostro Paese, come pure a quello che ho ricevuto dai Patriarchi e dei Vescovi cattolici del Libano. Questo duplice invito manifesta, qualora fosse necessario, il duplice scopo della mia visita al vostro Paese. Essa sottolinea le eccellenti relazioni che da sempre esistono tra il Libano e la Santa Sede, e vorrebbe contribuire a rafforzarle. Questa visita è anche la risposta a quelle che Lei mi ha fatto in Vaticano nel novembre 2008 e, più recentemente, nel febbraio 2011, seguita nove mesi più tardi da quella del Signor Primo Ministro.E’ durante il secondo dei nostri incontri, che la maestosa statua di San Marone è stata benedetta. La sua presenza silenziosa presso la Basilica di San Pietro ricorda il Libano in modo permanente nel luogo stesso in cui fu sepolto l’apostolo Pietro. Essa manifesta un patrimonio spirituale secolare, confermando la venerazione dei libanesi per il primo degli Apostoli e i suoi successori. E’ per evidenziare la loro grande devozione a Simon Pietro, che i Patriarchi maroniti aggiungono al loro nome quello di Boutros. E’ bello vedere che dal santuario petrino, San Marone intercede continuamente per il vostro Paese e per l’intero Medio Oriente. La ringrazio fin d’ora, Signor Presidente, per tutti gli sforzi compiuti in vista della buona riuscita del mio soggiorno tra voi.Un altro motivo della mia visita è la firma e la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, Ecclesia in Medio Oriente. Si tratta di un importante evento ecclesiale. Ringrazio tutti i Patriarchi cattolici che sono qui convenuti, in particolare il Patriarca emerito, il caro Cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, e il suo successore, il Patriarca Bechara Boutros Rai. Saluto fraternamente tutti i Vescovi del Libano, come pure quelli che hanno viaggiato per pregare con me e ricevere dalle mani del Papa questo documento. Attraverso di loro, saluto con affetto paterno tutti i cristiani del Medio Oriente. Destinata al mondo intero, l’Esortazione si propone di essere per loro una tabella di marcia per gli anni a venire. Mi rallegro inoltre di poter incontrare in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche del vostro Paese, di poter celebrare e pregare insieme. La loro presenza, il loro impegno e la loro testimonianza sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del vostro amato Paese.Mi è caro salutare anche con grande deferenza i Patriarchi e Vescovi ortodossi che sono venuti a ricevermi, come pure i rappresentanti delle diverse comunità religiose del Libano. La vostra presenza, cari amici, dimostra la stima e la collaborazione che desiderate promuovere tra tutti nel rispetto reciproco. Vi ringrazio per i vostri sforzi e sono sicuro che continuerete a ricercare vie di unità e di concordia. Non dimentico gli eventi tristi e dolorosi che hanno afflitto il vostro bel Paese per lunghi anni. La felice convivenza tutta libanese, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani, e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni. Voi sapete come me che questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato. Esso rischia a volte di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi. E’ qui che bisogna dar prova di reale moderazione e grande saggezza. E la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti. Il grande Re Salomone, che conosceva Hiram re di Tiro, non riteneva che la saggezza fosse la virtù suprema? Per questo la domandò a Dio insistentemente, e Dio gli diede un cuore saggio e intelligente (1 Re 3, 9-12).Vengo anche per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l’altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli. Il famoso equilibrio libanese che vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all’impegno di tutti i Libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero. Non si tratta di un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione.I legami tra il Libano e il Successore di Pietro sono storici e profondi. Signor Presidente e cari amici, vengo in Libano come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico degli uomini. «سَلامي أُعطيكُم»: «Vi do la mia pace», dice Cristo (Gv 14,27). E al di là del vostro Paese, vengo oggi idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo. Anche a loro Cristo dice: «سَلامي أُعطيكُم». Le vostre gioie e i vostri dolori sono continuamente presenti nella preghiera del Papa e chiedo a Dio di accompagnarvi e di consolarvi. Posso assicurarvi che prego particolarmente per tutti coloro che soffrono in questa regione, e sono molti. La statua di San Marone mi ricorda ciò che vivete e sopportate.Signor Presidente, so che il vostro Paese mi prepara una bella accoglienza, un’accoglienza calorosa, l’accoglienza che si riserva a un fratello amato e rispettato. So che il vostro Paese vuole essere degno dell’ «Ahlan wa Sahlan» libanese. Lo è già e lo sarà ancora di più. Sono felice di essere con tutti voi. Che Dio vi benedica tutti. (ِيُبَارِك الربُّ جميعَكُم). Grazie.

3. Visita alla Basilica di St Paul ad Harissa e Firma dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale (14 settembre 2012)

Signor Presidente della Repubblica,Sua Beatitudine, venerati Patriarchi,cari Fratelli nell’Episcopato e membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente,illustri Rappresentanti delle Confessioni religiose, del mondo della cultura e della società civile,cari fratelli e sorelle in Cristo, cari amici!

Esprimo la mia gratitudine al Patriarca Gregorio Laham per le espressioni d’accoglienza, come pure al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Nikola Eterović, per le sue parole di presentazione. Saluto vivamente i Patriarchi, a tutti i Vescovi orientali e latini riuniti in questa bella Basilica di San Paolo, e i membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Mi rallegro anche della presenza delle delegazioni ortodossa, musulmana e drusa, come anche di quelle del mondo della cultura e della società civile. La felice coabitazione dell’Islam e del Cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a creare grandi culture, costituisce l’originalità della vita sociale, politica e religiosa in Libano. Non si può che gioire per questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Confido questo desiderio ai responsabili religiosi del vostro Paese. Saluto affettuosamente la cara Comunità greco-melchita che mi riceve. La vostra presenza solennizza la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, e testimonia che questo documento, destinato certamente alla Chiesa universale, riveste un’importanza particolare per l’intero Medio Oriente.

È provvidenziale che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo. Fra un mese si celebrerà il 1700o anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: «In questo segno, vincerai!». Più tardi, Costantino firmò l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli. Mi sembra che l’Esortazione post-sinodale possa essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X (chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola Χριστός. Una tale lettura conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla testimonianza nella e mediante la comunione. La comunione e la testimonianza cristiane non sono infatti fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la risurrezione di Cristo? Non trovano in esso il loro pieno compimento? Esiste un legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato dal cristiano. Senza questo legame, esaltare la Croce significherebbe giustificare la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale. Per un cristiano, esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore. È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre un atto di speranza!

Considerando la situazione attuale delle Chiese nel Medio Oriente, i Padri sinodali hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono spesso impediti. Per questo ho desiderato che la Prima Lettera di San Pietro sia la trama del documento. Nello stesso tempo, la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre. Come non rendere grazie a Dio in ogni momento per tutti voi (cfr 1 Ts 1,2; Prima Parte dell’Esortazione post-sinodale), cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella fede? Come non ringraziarlo per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta verso tutti i figli di Dio?

Ecclesia in Medio Oriente permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo. Essa, con i suoi orientamenti biblici e pastorali, con il suo invito a un approfondimento spirituale ed ecclesiologico, con il rinnovamento liturgico e catechistico raccomandato, con i suoi appelli al dialogo, vuole tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa. E’ proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. Alla luce della festa odierna e in vista di una fruttuosa applicazione dell’Esortazione, vi invito tutti a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede. Questo è il linguaggio della Croce gloriosa! Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro (cfr 2 Cor 4,7-18). Non si tratta di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti (cfr At 2,41-47; Seconda parte dell’Esortazione

Ecclesia in Medio Oriente offre elementi che possono aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo. L’Esortazione apre all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore. Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici, che attinge forza dal comandamento del Risorto: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).

In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso il Battesimo: un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la luce (cfr Gv 1,4-5 e 2 Cor 4,1-6). Questo documento vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa. Noi seguiamo e «annunciamo… Cristo crocifisso … potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23-24; cfr Terza Parte dell’Esortazione).

«Non temere, piccolo gregge» (Lc 12,32) e ricordati della promessa fatta a Costantino: «In questo segno, tu vincerai!». Chiese in Medio Oriente, non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale! È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici. «Abbiate coraggio» (Gv 16,33)! Per intercessione della Vergine Maria, la Theotokos, invoco con grande affetto l’abbondanza dei doni divini su voi tutti! Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace, nella fraternità e nella libertà religiosa!لِيُبَارِك الربُّ جميعَكُم [Dio vi benedica tutti!]

4. Incontro con i Membri del Governo, delle Istituzioni della Repubblica, con il Corpo Diplomatico, i Capi religiosi e Rappresentanti del mondo della cultura (Salone 25 maggio del Palazzo Presidenziale di Baabda, 15 settembre 2012)

Signor Presidente della Repubblica,Signore e Signori rappresentanti delle Autorità parlamentari, governative, istituzionali e politiche del Libano,Signore e Signori Capi delle missioni diplomatiche,Beatitudini, Responsabili religiosi,cari fratelli nell’Episcopato, Signore, Signori, cari amici!سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace] (Gv 14,27)! è con questa parola di Cristo Gesù che desidero salutarvi e ringraziarvi della vostra accoglienza e della vostra presenza. La ringrazio, Signor Presidente, non solo per le sue parole cordiali ma anche per aver permesso questo incontro. Assieme a Lei, ho appena piantato un cedro del Libano, simbolo del vostro bel Paese. Vedendo questo alberello e le cure di cui avrà bisogno per fortificarsi fino a stendere i suoi rami maestosi, ho pensato al vostro Paese e al suo destino, ai Libanesi e alle loro speranze, a tutte le persone di questa Regione del mondo che sembra conoscere i dolori di un parto senza fine. Allora ho domandato a Dio di benedirvi, di benedire il Libano e di benedire tutti gli abitanti di questa Regione che ha visto nascere grandi religioni e nobili culture. Perché Dio ha scelto questa Regione ? Perché essa vive nella tormenta? Dio l’ha scelta, mi sembra, affinché sia esemplare, affinché testimoni di fronte al mondo la possibilità che l’uomo ha di vivere concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione! Questa aspirazione è inscritta da sempre nel piano di Dio, che l’ha impressa nel cuore dell’uomo. È sulla pace che desidero intrattenervi perché Gesù ha detto: سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace].Un paese è ricco anzitutto delle persone che vivono al suo interno. Da ciascuna di esse e da tutte insieme dipende il suo futuro e la sua capacità di impegnarsi per la pace. Un tale impegno non sarà possibile che in una società unita. Tuttavia, l’unità non è l’uniformità. La coesione della società è assicurata dal rispetto costante della dignità di ogni persona e dalla partecipazione responsabile di ciascuna secondo le sue capacità, impegnando ciò che di meglio vi è in essa. Al fine di assicurare il dinamismo necessario per costruire e consolidare la pace, occorre instancabilmente tornare ai fondamenti dell’essere umano. La dignità dell’uomo è inseparabile dal carattere sacro della vita donata dal Creatore. Nel disegno di Dio, ogni persona è unica e insostituibile. Essa viene al mondo in una famiglia, che è il suo primo luogo di umanizzazione, e soprattutto la prima educatrice alla pace. Per costruire la pace, la nostra attenzione deve dunque portarsi verso la famiglia, al fine di facilitare il suo compito, per sostenerla così e dunque promuovere dappertutto una cultura di vita. L’efficacia dell’impegno per la pace dipende dalla concezione che il mondo può avere della vita umana. Se vogliamo la pace, difendiamo la vita! Questa logica squalifica non solo la guerra e gli atti terroristici, ma anche ogni attentato alla vita dell’essere umano, creatura voluta da Dio. L’indifferenza o la negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’uomo impediscono il rispetto di questa grammatica che è la legge naturale inscritta nel cuore umano (cfr Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2007, 3). La grandezza e la ragion d’essere di ogni persona non si trovano che in Dio. Così, il riconoscimento incondizionato della dignità di ogni essere umano, di ciascuno di noi, e quella del carattere sacro della vita implicano la responsabilità di tutti davanti a Dio. Dobbiamo dunque unire i nostri sforzi per sviluppare una sana antropologia che comprenda l’unità della persona. Senza di essa, non è possibile costruire l’autentica pace.Benché siano più evidenti nei Paesi che conoscono conflitti armati – queste guerre piene di vanità e di orrori –, gli attentati all’integrità e alla vita delle persone esistono anche in altri Paesi. La disoccupazione, la povertà, la corruzione, le diverse dipendenze, lo sfruttamento, i traffici di ogni sorta e il terrorismo implicano, assieme alla sofferenza inaccettabile di quanti ne sono vittime, un indebolimento del potenziale umano. La logica economica e finanziaria vuole continuamente imporci il suo giogo e far primeggiare l’avere sull’essere! Ma la perdita di ogni vita umana è una perdita per l’umanità intera. Questa è una grande famiglia di cui siamo tutti responsabili. Certe ideologie, mettendo in causa in modo diretto o indiretto, o persino legale, il valore inalienabile di ogni persona e il fondamento naturale della famiglia, minano le basi della società. Dobbiamo essere coscienti di questi attentati all’edificazione e all’armonia del vivere insieme. Solo una solidarietà effettiva costituisce l’antidoto a tutto questo. Solidarietà per respingere ciò che ostacola il rispetto di ogni essere umano, solidarietà per sostenere le politiche e le iniziative volte ad unire i popoli in modo onesto e giusto. È bello vedere le azioni di collaborazione e di vero dialogo che costruiscono una nuova maniera di vivere insieme. Una migliore qualità di vita e di sviluppo integrale non è possibile che nella condivisione delle ricchezze e delle competenze, rispettando la dignità di ciascuno. Ma un tale stile di vita conviviale, sereno e dinamico non può esistere senza la fiducia nell’altro, chiunque sia. Oggi, le differenze culturali, sociali, religiose, devono approdare a vivere un nuovo tipo di fraternità, dove appunto ciò che unisce è il senso comune della grandezza di ogni persona, e il dono che essa è per se stessa, per gli altri e per l’umanità. Qui si trova la via della pace ! Qui è l’impegno che ci è richiesto! Qui è l’orientamento che deve presiedere alle scelte politiche ed economiche, ad ogni livello e su scala planetaria!Per aprire alle generazioni di domani un futuro di pace, il primo compito è dunque quello di educare alla pace per costruire una cultura di pace. L’educazione, nella famiglia o a scuola, dev’essere anzitutto educazione ai valori spirituali che conferiscono alla trasmissione del sapere e delle tradizioni di una cultura il loro senso e la loro forza. Lo spirito umano ha il gusto innato del bello, del bene e del vero. È il sigillo del divino, l’impronta di Dio in esso! Da questa aspirazione universale deriva una concezione morale ferma e giusta, che pone sempre la persona al centro. Ma è solo nella libertà che l’uomo può volgersi verso il bene, perché «la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo una scelta consapevole e libera, cioè mosso e indotto personalmente dal di dentro, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna» (Gaudium et spes, 17). Il compito dell’educazione è di accompagnare la maturazione della capacità di fare scelte libere e giuste, che possano andare contro-corrente rispetto alle opinioni diffuse, alle mode, alle ideologie politiche e religiose. L’affermarsi di una cultura di pace ha questo prezzo! Occorre evidentemente bandire la violenza verbale o fisica. Essa è sempre un oltraggio alla dignità umana, sia dell’autore sia della vittima. D’altronde, valorizzando le opere pacifiche e il loro influsso per il bene comune, si crea anche l’interesse per la pace. Come testimonia la storia, tali gesti di pace hanno un ruolo considerevole nella vita sociale, nazionale e internazionale. L’educazione alla pace formerà così uomini e donne generosi e retti, attenti a tutti, e particolarmente alle persone più deboli. Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità, dove gli sbagli e le offese possono essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Che gli uomini di Stato e i responsabili religiosi vi riflettano!Dobbiamo essere ben coscienti che il male non è una forza anonima che agisce nel mondo in modo impersonale o deterministico. Il male, il demonio, passa attraverso la libertà umana, attraverso l’uso della nostra libertà. Cerca un alleato, l’uomo. Il male ha bisogno di lui per diffondersi. È così che, avendo offeso il primo comandamento, l’amore di Dio, viene a pervertire il secondo, l’amore del prossimo. Con lui, l’amore del prossimo sparisce a vantaggio della menzogna e dell’invidia, dell’odio e della morte. Ma è possibile non lasciarsi vincere dal male e vincere il male con il bene (cfr Rm 12, 21). È a questa conversione del cuore che siamo chiamati. Senza di essa, le «liberazioni» umane tanto desiderate deludono, perché si muovono nello spazio ridotto concesso dalla ristrettezza di spirito dell’uomo, dalla sua durezza, dalle sue intolleranze, dai suoi favoritismi, dai suoi desideri di rivincita e dalle sue pulsioni di morte. La trasformazione in profondità dello spirito e del cuore è necessaria per ritrovare una certa chiaroveggenza e una certa imparzialità, il senso profondo della giustizia e quello del bene comune. Uno sguardo nuovo e più libero renderà capaci di analizzare e di mettere in discussione sistemi umani che conducono a vicoli ciechi, per andare avanti tenendo conto del passato, per non ripeterlo più con i suoi effetti devastanti. Questa conversione richiesta è esaltante perché apre delle possibilità facendo appello alle innumerevoli risorse che abitano il cuore di tanti uomini e donne desiderosi di vivere in pace e pronti ad impegnarsi per la pace. Ora essa è particolarmente esigente: si tratta di dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare. Perché solo il perdono dato e ricevuto pone le fondamenta durevoli della riconciliazione e della pace per tutti (cfr Rm 12,16b.18).Solo allora può crescere la buona intesa tra le culture e le religioni, la stima delle une per le altre senza sensi di superiorità e nel rispetto dei diritti di ciascuna. In Libano, la Cristianità e l’Islam abitano lo stesso spazio da secoli. Non è raro vedere nella stessa famiglia entrambe le religioni. Se in una stessa famiglia questo è possibile, perché non dovrebbe esserlo a livello dell’intera società? La specificità del Medio Oriente consiste nella mescolanza secolare di componenti diverse. Certo, ahimè, esse si sono anche combattute! Una società plurale esiste soltanto per effetto del rispetto reciproco, del desiderio di conoscere l’altro e del dialogo continuo. Questo dialogo tra gli uomini è possibile solamente nella consapevolezza che esistono valori comuni a tutte le grandi culture, perché sono radicate nella natura della persona umana. Questi valori, che sono come un substrato, esprimono i tratti autentici e caratteristici dell’umanità. Essi appartengono ai diritti di ogni essere umano. Nell’affermazione della loro esistenza, le diverse religioni recano un contributo decisivo. Non dimentichiamo che la libertà religiosa è il diritto fondamentale da cui molti altri dipendono. Professare e vivere liberamente la propria religione senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà deve essere possibile a chiunque. La perdita o l’indebolimento di questa libertà priva la persona del sacro diritto ad una vita integra sul piano spirituale. La sedicente tolleranza non elimina le discriminazioni, talvolta invece le rinforza. E senza l’apertura al trascendente, che permette di trovare risposte agli interrogativi del cuore sul senso della vita e sulla maniera di vivere in modo morale, l’uomo diventa incapace di agire secondo giustizia e di impegnarsi per la pace. La libertà religiosa ha una dimensione sociale e politica indispensabile alla pace! Essa promuove una coesistenza ed una vita armoniose attraverso l’impegno comune al servizio di nobili cause e la ricerca della verità, che non si impone con la violenza ma con «la forza stessa della verità» (Dignitatis humanae, 1), quella Verità che è in Dio. Perché la fede vissuta conduce inevitabilmente all’amore. La fede autentica non può condurre alla morte. L’artigiano di pace è umile e giusto. I credenti hanno dunque oggi un ruolo essenziale, quello di testimoniare la pace che viene da Dio e che è un dono fatto a tutti nella vita personale, familiare, sociale, politica ed economica (cfr Mt 5,9; Eb 12,14). L’inoperosità degli uomini dabbene non deve permettere al male di trionfare. E il non far nulla è ancora peggio.Queste brevi riflessioni sulla pace, la società, la dignità della persona, sui valori della famiglia e della vita, sul dialogo e la solidarietà non possono rimanere ideali semplicemente enunciati. Possono e devono essere vissuti. Siamo in Libano ed è qui che devono essere vissuti. Il Libano è chiamato, ora più che mai, ad essere un esempio. Politici, diplomatici, religiosi, uomini e donne del mondo della cultura, vi invito dunque a testimoniare con coraggio intorno a voi, a tempo opportuno e inopportuno, che Dio vuole la pace, che Dio ci affida la pace. سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace], dice Cristo (Gv 14,27)! Dio vi benedica! Grazie!

5. Pranzo con i Patriarchi ed i vescovi del Libano e i membri della Consiglio speciale per il Medio Oriente (Refettorio del Patriarcato Armeno cattolico di Bzommar)

Beatitudine, venerati Patriarchi,cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,cari Membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e del Sinodo armeno-cattolico,cari seminaristi, fratelli e sorelle in Cristo!

Esprimo la mia profonda gratitudine al Patriarca Nersès Bédros per il suo invito e per le parole che mi ha rivolto, come pure al Superiore di questa casa. Saluto cordialmente tutti gli invitati.

La divina Provvidenza ha permesso il nostro incontro in questo convento di Bzommar, così emblematico per la Chiesa armena cattolica. Il monaco Hagop, soprannominato Méghabarde – Peccatore –, è per noi un esempio di preghiera, di distacco dai beni materiali e di fedeltà a Cristo Redentore. 500 anni fa egli promosse la stampa del Libro del Venerdì, stabilendo così un ponte tra l’oriente e l’occidente cristiani. Alla sua scuola, possiamo imparare il senso della missione, il coraggio della verità e il valore della fraternità nell’unità. Nel momento in cui ci accingiamo a rifocillarci con questo pasto preparato con amore e generosamente offerto, il monaco Hagop ci ricorda anche che la sete dello spirituale e la ricerca dell’al di là devono sempre abitare i nostri cuori. Poiché «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).

Cari amici, per intercessione degli Apostoli Bartolomeo e Taddeo, e di San Gregorio l’Illuminatore, domandiamo al Signore di benedire la Comunità armena duramente provata attraverso i tempi e di mandare nella sua messe numerosi e santi operai che, a motivo di Cristo, siano capaci di cambiare il volto delle nostre società, di guarire i cuori straziati e di ridare coraggio, forza e speranza ai disperati. Grazie!

6. Incontro con i giovani nel piazzale antistante il Patriarcato maronita di Bkerké (15 settembre 2012)

Beatitudine,Fratelli nell’Episcopato,Signor Presidente,cari amici! «Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro » (2 Pt 1,2). Il passo della Lettera di San Pietro che abbiamo ascoltato esprime bene il grande desiderio che porto nel cuore da molto tempo. Grazie per la vostra accoglienza calorosa, grazie di cuore per la vostra presenza così numerosa questa sera! Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Béchara Boutros Raï per le sue parole di accoglienza, Mons. Georges Bou Jaoudé, Arcivescovo di Tripoli e Presidente del Consiglio per l’apostolato dei laici del Libano, e Mons. Elie Hadda, Arcivescovo di Sidone dei Greco-melkiti, come pure i due giovani che mi hanno salutato a nome di tutti voi. سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!] (Gv 14,27), ci dice Cristo Gesù.Cari amici, voi vivete oggi in questa parte del mondo che ha visto la nascita di Gesù e lo sviluppo del cristianesimo. È un grande onore! Ed è un appello alla fedeltà, all’amore per la vostra terra e soprattutto ad essere testimoni e messaggeri della gioia di Cristo, perché la fede trasmessa dagli Apostoli conduce alla piena libertà e alla gioia, come hanno mostrato tanti Santi e Beati di questo Paese. Il loro messaggio illumina la Chiesa universale. E può continuare ad illuminare le vostre vite. Fra gli Apostoli e i Santi, molti hanno vissuto periodi agitati e la loro fede è stata la sorgente del loro coraggio e della loro testimonianza. Attingete dal loro esempio e dalla loro intercessione l’ispirazione e il sostegno di cui avete bisogno!Conosco le vostre difficoltà nella vita quotidiana, a causa della mancanza di stabilità e di sicurezza, della difficoltà di trovare un lavoro o ancora del sentimento di solitudine e di emarginazione. In un mondo in continuo movimento, siete messi a confronto con numerose e gravi sfide. Anche la disoccupazione e la precarietà non devono spingervi ad assaggiare il «miele amaro» dell’emigrazione, con lo sradicamento e la separazione in cambio di un futuro incerto. Per voi si tratta di essere protagonisti del futuro del vostro Paese, e di occupare il vostro ruolo nella società e nella Chiesa.Voi avete un posto privilegiato nel mio cuore e nella Chiesa intera perché la Chiesa è sempre giovane! La Chiesa ha fiducia in voi. Conta su di voi. Siate giovani nella Chiesa! Siate giovani con la Chiesa! La Chiesa ha bisogno del vostro entusiasmo e della vostra creatività! La giovinezza è il momento in cui si aspira a grandi ideali e il periodo in cui si studia per prepararsi ad un mestiere ed ad un futuro. Ciò è importante e richiede tempo. Cercate ciò che è bello, e abbiate il gusto di fare ciò che è bene! Testimoniate la grandezza e la dignità del vostro corpo che «è per il Signore» (1 Cor 6,13). Abbiate la delicatezza e la rettitudine dei cuori puri! Nella scia del beato Giovanni Paolo II, anch’io vi ripeto: «Non abbiate paura. Aprite le porte dei vostri spiriti e dei vostri cuori a Cristo!». L’incontro con Lui «dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Enc. Deus caritas est, 1). In Lui, troverete la forza e il coraggio per avanzare sulle strade della vostra vita, superando le difficoltà e la sofferenza. In Lui, troverete la sorgente della gioia. Cristo vi dice: سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!]. Qui è la vera rivoluzione portata da Cristo, quella dell’amore.Le frustrazioni presenti non devono condurvi a rifugiarvi in mondi paralleli come quelli, tra gli altri, delle droghe di ogni tipo, o quello della tristezza della pornografia. Quanto alle reti sociali, esse sono interessanti ma possono facilmente trascinarvi alla dipendenza e alla confusione tra il reale e il virtuale. Cercate e vivete relazioni ricche di amicizia vera e nobile. Abbiate iniziative che diano senso e radici alla vostra esistenza, contrastando la superficialità e il facile consumismo! Voi siete sottoposti ugualmente ad un’altra tentazione, quella del denaro, questo idolo tirannico che acceca al punto da soffocare la persona e il suo cuore. Gli esempi che vi circondano non sono sempre i migliori. Molti dimenticano l’affermazione di Cristo che dice che non si può servire Dio e il denaro (cfr Lc 16,13). Cercate dei buoni maestri, delle guide spirituali che sappiano indicarvi la strada della maturità, lasciando ciò che è illusorio, ciò che è apparenza e menzogna.Siate i portatori dell’amore di Cristo! Come? Volgendovi senza riserve verso Dio, suo Padre, che è la misura di ciò che è giusto, vero e buono. Meditate la Parola di Dio! Scoprite l’interesse e l’attualità del Vangelo. Pregate! La preghiera, i Sacramenti sono i mezzi sicuri ed efficaci per essere cristiani e vivere «radicati e costruiti su di lui [su Cristo], saldi nella fede » (Col 2,7). L’Anno della fede che sta per iniziare sarà l’occasione per scoprire il tesoro della fede ricevuta con il Battesimo. Potete approfondire il suo contenuto grazie allo studio del Catechismo, affinché la vostra fede sia viva e vissuta. Allora diventerete, per gli altri, testimoni dell’amore di Cristo. In Lui, tutti gli uomini sono nostri fratelli. La fraternità universale che Egli ha inaugurato sulla Croce riveste di una luce splendente ed esigente la rivoluzione dell’amore. «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Questo è il testamento di Gesù ed il segno del cristiano. Questa è la vera rivoluzione dell’amore!E dunque, Cristo vi invita a fare come Lui, ad accogliere l’altro senza riserve, anche se appartiene ad una cultura, religione, nazione differente. Fargli posto, rispettarlo, essere buoni verso di lui, rende sempre più ricchi di umanità e forti della pace del Signore. So che molti tra voi partecipano alle diverse attività promosse dalle parrocchie, dalle scuole, dai movimenti, dalle associazioni. È bello impegnarsi con e per gli altri. Vivere insieme momenti di amicizia e di gioia permette di resistere ai germi di divisione, sempre da combattere! La fraternità è un anticipo del Cielo! E la vocazione del discepolo di Cristo è di essere «lievito» nella pasta, come affermava san Paolo: «Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta» (Gal 5,9). Siate i messaggeri del Vangelo della vita e dei valori della vita. Resistete coraggiosamente a tutto ciò che la nega: l’aborto, la violenza, il rifiuto e il disprezzo dell’altro, l’ingiustizia, la guerra. Così facendo diffonderete la pace intorno a voi. Non sono forse gli «operatori di pace» coloro che alla fine ammiriamo di più? Non è forse la pace il bene prezioso che tutta l’umanità ricerca? Non è forse un mondo di pace che vogliamo nel più profondo per noi e per gli altri? سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!] ha detto Gesù. Egli ha vinto il male non mediante un altro male, ma prendendolo su di Sé ed annientandolo sulla croce mediante l’amore vissuto fino alla fine. Scoprire in verità il perdono e la misericordia di Dio, permette sempre di ripartire verso una vita nuova. Non è facile perdonare. Ma il perdono di Dio dà la forza della conversione, e la gioia di perdonare a propria volta. Il perdono e la riconciliazione sono vie di pace, ed aprono un futuro.Cari amici, molti tra voi si chiedono certamente in modo più o meno consapevole: Che cosa Dio si aspetta da me? Qual è il suo progetto per me? Non vorrei annunciare al mondo la grandezza del suo amore mediante il sacerdozio, la vita consacrata o il matrimonio? Forse Cristo mi chiama a seguirlo più da vicino? Accogliete con fiducia queste domande. Trovate il tempo per riflettere su di esse e chiedere luce. Rispondete all’invito, offrendovi ogni giorno a Colui che vi chiama ad essere suoi amici. Cercate di seguire con cuore e generosità Cristo che, per amore, ci ha riscattati e ha dato la vita per ciascuno di noi. Conoscerete una gioia ed una pienezza insospettate! Rispondere alla vocazione di Cristo su di sé: qui sta il segreto della vera pace.Ho firmato ieri l’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente. Questa lettera è destinata anche a voi, cari giovani, come a tutto il popolo di Dio. Leggetela con attenzione e meditatela per metterla in pratica. Per aiutarvi, vi ricordo le parole di San Paolo ai Corinzi: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,2-3). Anche voi, cari amici, potete essere una lettera viva di Cristo. Questa lettera non sarà scritta su carta e con una penna. Sarà la testimonianza della vostra vita e della vostra fede. Così, con coraggio ed entusiasmo, farete comprendere intorno a voi che Dio vuole la felicità di tutti senza distinzioni, e che i cristiani sono i suoi servitori e testimoni fedeli.Giovani libanesi, voi siete la speranza e il futuro del vostro Paese. Voi siete il Libano, terra di accoglienza, di convivenza, con questa capacità inaudita di adattamento. E in questo momento, non possiamo dimenticare i milioni di persone che compongono la diaspora libanese e che mantengono solidi legami con il loro Paese di origine. Giovani del Libano, siate accoglienti e aperti, come Cristo vi chiede e come il vostro Paese vi insegna.Vorrei salutare ora i giovani musulmani che sono con noi stasera. Vi ringrazio per la vostra presenza che è così importante. Voi siete con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio Oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana. Ho saputo inoltre che ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria. Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica. Dite attorno a voi che il Papa è triste a causa delle vostre sofferenze e dei vostri lutti. Egli non dimentica la Siria nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni. Non dimentica i mediorientali che soffrono. E’ tempo che musulmani e cristiani si uniscano per mettere fine alla violenza e alle guerre.

Concludendo, rivolgiamoci verso Maria, la Madre del Signore, Nostra Signora del Libano. Dall’alto della collina di Harissa, Lei vi protegge e vi accompagna, veglia come una madre su tutti i Libanesi e su tanti pellegrini, che vengono da ogni parte per confidarle le loro gioie e le loro pene! Questa sera, affidiamo alla Vergine Maria e al beato Giovanni Paolo II – che mi ha preceduto in questa terra – le vostre vite, quelle di tutti i giovani del Libano e dei Paesi della regione, particolarmente quanti soffrono per la violenza o la solitudine, quanti hanno bisogno di conforto. Dio vi benedica tutti! Ed ora, tutti insieme, la preghiamo: السّلامُ عَلَيكِ يا مَرْيَم… (Ave, Maria,…)..

7. Santa Messa e consegna dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale per il Medio Oriente al Beirut City Center Waterfront (16 settembre 2012)

Cari Fratelli e Sorelle,

«Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo» (Ef 1,3). Sia benedetto in questo giorno, nel quale ho la gioia di essere qui con voi, in Libano, per consegnare ai Vescovi della regione l’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente! Ringrazio cordialmente Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï per le amabili parole di benvenuto. Saluto gli altri Patriarchi e i Vescovi delle Chiese orientali, i Vescovi latini delle regioni contigue, così come i Cardinali e i Vescovi venuti da altri Paesi. Vi saluto tutti con grande affetto, cari fratelli e sorelle del Libano e anche dei Paesi di tutta questa amata regione del Medio Oriente, giunti per celebrare, con il Successore di Pietro, Gesù Cristo crocifisso, morto e risorto. Rivolgo inoltre il mio saluto deferente al Presidente della Repubblica e alle Autorità libanesi, ai Responsabili e ai membri delle altre tradizioni religiose che hanno voluto essere presenti questa mattina.

In questa domenica nella quale il Vangelo ci interroga sulla vera identità di Gesù, eccoci trasportati, insieme con i discepoli, sulla strada che conduce verso i villaggi della regione di Cesarea di Filippo. «E voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29), chiede loro Gesù. Il momento scelto per porre loro questa domanda non è senza significato. Gesù si trova ad una svolta decisiva della propria esistenza. Sale verso Gerusalemme, verso il luogo dove si compirà, mediante la croce e la resurrezione, l’evento centrale della nostra salvezza. E’ ancora a Gerusalemme che, allo sfociare di tutti questi eventi, la Chiesa nascerà. E quando, in questo momento decisivo, Gesù chiede dapprima ai discepoli: «La gente, chi dice che io sia?» (Mc 8,27), le risposte che essi gli riferiscono sono diverse: Giovanni il Battista, Elia, un profeta! Ancora oggi, come lungo i secoli, quanti, nei modi più disparati, hanno trovato Gesù sulla loro strada danno le proprie risposte. Sono approcci che possono permettere di trovare la via della verità. Ma, senza essere necessariamente falsi, rimangono insufficienti, poiché non raggiungono il cuore dell’identità di Gesù. Soltanto chi accetta di seguirlo sulla sua via, di vivere in comunione con lui nella comunità dei discepoli, può averne una conoscenza autentica. E’ allora che Pietro, il quale da un certo tempo è vissuto con Gesù, offre la propria risposta: «Tu sei il Messia» (Mc 8,29). Risposta giusta, senza alcun dubbio, ma ancora insufficiente, poiché Gesù sente il bisogno di precisarla. Egli intravede che la gente potrebbe servirsi di questa risposta per dei disegni che non sono i suoi, per suscitare false speranze temporali su di lui. Non si lascia intrappolare nei soli attributi del liberatore umano che molti attendono.

Annunciando ai suoi discepoli che dovrà soffrire, essere messo a morte prima di risuscitare, Gesù vuol far loro comprendere chi Egli è in verità. Un Messia sofferente, un Messia servo, e non un liberatore politico onnipotente. E’ il Servo obbediente alla volontà del Padre suo fino a perdere la propria vita. E’ ciò che annunciava già il profeta Isaia nella prima lettura. Così Gesù va contro quanto molti si aspettavano da lui. La sua affermazione è shoccante e sconcertante. E si sente la contestazione di Pietro, che lo rimprovera, rifiutando per il suo Maestro la sofferenza e la morte! Gesù è severo verso di lui, e fa capire che chi vuol essere suo discepolo deve accettare di essere servo, come Lui si è fatto Servo.

Porsi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del potere o della gloria terrena, ma quello che conduce necessariamente a rinunciare a se stessi, a perdere la propria vita per Cristo e il Vangelo, al fine di salvarla. Poiché siamo certi che questa via conduce alla risurrezione, alla vita vera e definitiva con Dio. Decidere di accompagnare Gesù Cristo che si è fatto il Servo di tutti esige un’intimità sempre più grande con Lui, ponendosi all’ascolto attento della sua Parola per attingervi l’ispirazione del nostro agire. Nel promulgare l’Anno della fede, che comincerà l’11 ottobre prossimo, ho voluto che ogni fedele possa impegnarsi in maniera rinnovata su questa via della conversione del cuore. Lungo tutto l’arco di questo anno, vi incoraggio dunque vivamente ad approfondire la vostra riflessione sulla fede per renderla più consapevole e per rafforzare la vostra adesione a Cristo Gesù e al suo Vangelo.

Fratelli e sorelle, la via sulla quale Gesù ci vuole condurre è una via di speranza per tutti. La gloria di Gesù si rivela nel momento in cui, nella sua umanità, Egli si mostra più debole, specialmente nell’Incarnazione e sulla croce. E’ in questo modo che Dio manifesta il suo amore, facendosi servo, donandosi a noi. Non è questo un mistero straordinario, talvolta difficile da ammettere? Lo stesso Apostolo Pietro non lo comprenderà che più tardi.

Nella seconda lettura, san Giacomo ci ha ricordato come tale sequela di Gesù, per essere autentica, esiga degli atti concreti. «Io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2,18). E’ un’esigenza imperativa per la Chiesa quella di servire, e per i cristiani di essere veri servitori ad immagine di Gesù. Il servizio è un elemento costitutivo dell’identità dei discepoli di Cristo (cfr Gv 13,15-17). La vocazione della Chiesa e del cristiano è di servire, come il Signore stesso ha fatto, gratuitamente e per tutti, senza distinzione. Così, servire la giustizia e la pace, in un mondo dove la violenza non cessa di estendere il suo corteo di morte e di distruzione, è un’urgenza al fine di impegnarsi per una società fraterna, per costruire la comunione! Cari fratelli e sorelle, prego particolarmente il Signore di dare a questa regione del Medio Oriente dei servitori della pace e della riconciliazione, perché tutti possano vivere pacificamente e con dignità. E’ una testimonianza essenziale che i cristiani debbono dare qui, in collaborazione con tutte le persone di buona volontà. Vi chiamo tutti ad operare per la pace. Ciascuno al proprio livello e là dove si trova.

Il servizio deve ancora essere al cuore della vita della comunità cristiana stessa. Ciascun ministero, qualsiasi incarico nella Chiesa, sono prima di tutto un servizio di Dio e dei fratelli! E’ questo spirito che deve animare tutti i battezzati, gli uni verso gli altri, specialmente con un impegno effettivo accanto ai più poveri, agli emarginati, a quanti soffrono, affinché sia preservata l’inalienabile dignità di ogni persona.

Cari fratelli e sorelle che soffrite nel corpo o nel cuore, la vostra sofferenza non è vana! Cristo Servo si fa vicino a tutti coloro che soffrono. E’ presente accanto a voi. Possiate trovare sulla vostra strada fratelli e sorelle che manifestano concretamente la sua presenza amorevole che non può abbandonarvi! Siate pieni di speranza a causa di Cristo!

E voi tutti, fratelli e sorelle, che siete venuti a partecipare a questa celebrazione, cercate di diventare sempre più conformi al Signore Gesù, Lui che si è fatto Servo di tutti per la vita del mondo. Dio benedica il Libano, benedica tutti i popoli di questa amata regione del Medio Oriente e faccia loro il dono della sua pace. Amen.

8. Consegna dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale per il Medio Oriente al Beirut City Center Waterfront (16 settembre 2012)

Beatitudini, Signori Cardinali,cari Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,cari fratelli e sorelle in Cristo!

La celebrazione liturgica che abbiamo vissuto è stata l’occasione per rendere grazie al Signore per il dono dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, celebrata nell’ottobre 2010 sul tema: «La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32)». Intendo ringraziare tutti i Padri sinodali per il loro contributo. La mia riconoscenza si rivolge anche al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Eterović, per il lavoro compiuto, e per le parole che mi ha indirizzato a nome vostro.

Dopo aver firmato l’Esortazione Apostolica post-sinodale  Ecclesia in Medio Oriente, ho la gioia di consegnarla a tutte le Chiese particolari attraverso di voi, Beatitudini e Vescovi orientali e latini del Medio Oriente. Con la consegna di questo documento, iniziano il suo studio e la sua appropriazione da parte di tutti i protagonisti della Chiesa, Pastori, persone consacrate e laici, affinché ciascuno trovi una gioia nuova nel portare avanti la propria missione, essendo incoraggiato e fortificato per attuare il messaggio di comunione e di testimonianza declinato secondo i diversi aspetti umani, dottrinali, ecclesiologici, spirituali e pastorali di questa Esortazione. Cari fratelli e sorelle del Libano e del Medio Oriente, auspico che questa Esortazione sia una guida per avanzare sulle vie multiformi e complesse dove Cristo vi precede. Possa la comunione nella fede, nella speranza e nella carità essere rafforzata nei vostri Paesi e in ciascuna comunità per rendere credibile la vostra testimonianza resa al solo Santo, Dio Uno e Trino, che si è fatto vicino ad ogni uomo!

Cara Chiesa in Medio Oriente, attingi alla linfa originale della Salvezza che si è realizzata su questa Terra unica e amata tra tutte! Avanza sulle orme dei tuoi padri nella fede, essi che hanno aperto, con la loro costanza e la loro fedeltà, la via della risposta dell’umanità alla Rivelazione di Dio! Trova nella splendida varietà dei santi che sono fioriti presso di te gli esempi e gli intercessori che ispireranno la tua risposta alla chiamata del Signore a camminare verso la Gerusalemme celeste, dove Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi (cfr Ap 21,4)! La comunione fraterna sia un sostegno nella vita quotidiana e il segno della fraternità universale che Gesù, Primogenito di una moltitudine, è venuto ad instaurare! Così, in questa regione che ne ha visto gli atti e raccolto le parole, il Vangelo continui a risuonare come 2000 anni fa e sia vissuto oggi e sempre! Grazie.

9. Recita dell’Angelus Domini (16 settembre 2012)

Cari fratelli e sorelle!

Rivolgiamoci ora a Maria, la Madre di Dio, Nostra Signora del Libano, intorno alla quale si ritrovano i cristiani e i musulmani. A lei domandiamo di intercedere presso il suo Figlio divino per voi e, in modo particolare, per gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando il dono della pace. Voi conoscete bene la tragedia dei conflitti e della violenza che genera tante sofferenze. Purtroppo, il fragore delle armi continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani! La violenza e l’odio invadono la vita, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime. Perché tanti orrori? Perché tanti morti? Faccio appello alla comunità internazionale! Faccio appello ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione! Chi vuole costruire la pace deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare. Non è facile vedere nell’altro una persona da rispettare e da amare, eppure bisogna farlo, se si desidera costruire la pace, se si vuole la fraternità (cfr 1 Gv 2,10-11; 1 Pt 3,8-12). Possa Dio concedere al vostro Paese, alla Siria e al Medio Oriente il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli! Maria, che è nostra Madre, comprende la nostra preoccupazione e le nostre necessità. Con i Patriarchi e i Vescovi presenti, pongo il Medio Oriente sotto la sua materna protezione (cfr Prop. 44). Che possiamo, con l’aiuto di Dio, convertirci per lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa.

Ora preghiamo: Angelus Domini…

10. Incontro ecumenico nel salone del Patriarcato Siro cattolico di Charfet (16 settembre 2012)

Santità, Beatitudine,venerati Patriarchi, cari Fratelli nell’episcopato,cari Rappresentanti delle Chiese e delle Comunità protestanti,cari fratelli!

E’ con gioia che mi trovo tra voi, in questo monastero di Notre Dame de la Délivrance di Charfet, luogo significativo della Chiesa siro-cattolica per il Libano e per tutto il Medio Oriente. Ringrazio Sua Beatitudine Ignace Youssef Younan, Patriarca di Antiochia dei Siro-cattolici, per le sue forti parole di accoglienza. Saluto fraternamente ciascuno di voi che rappresentate la varietà della Chiesa in Oriente, e in particolare Sua Beatitudine Ignatius IV Hazim, Patriarca Greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente e Sua Santità Mar Ignatius I Zakka Iwas, Patriarca della Chiesa Siro-ortodossa di Antiochia e di tutto l’Oriente. La vostra presenza rende solenne questo incontro. Vi ringrazio di cuore per essere tra noi. Il mio pensiero va anche alla Chiesa copta ortodossa d’Egitto e alla Chiesa etiopica ortodossa, che hanno avuto il dolore della perdita dei loro Patriarchi. Li assicuro della mia vicinanza fraterna e della mia preghiera.

Permettetemi di salutare qui la testimonianza di fede resa dalla Chiesa Siriaca di Antiochia nel corso della sua gloriosa storia, testimonianza di amore ardente per Cristo che le ha fatto scrivere, fino ai nostri giorni, pagine eroiche per rimanere fedele alla sua fede fino al martirio. La incoraggio ad essere per i popoli della regione segno della pace che viene da Dio e luce che fa vivere la loro speranza. Estendo questo incoraggiamento a tutte le Chiese e comunità ecclesiali presenti in questa regione.

Cari fratelli, il nostro incontro di questa sera è un segno eloquente del nostro desiderio profondo di rispondere all’appello del Signore Gesù: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). In questi tempi instabili ed inclini alla violenza, che conosce la vostra regione, è sempre più urgente che i discepoli di Cristo diano una testimonianza autentica della loro unità, affinché il mondo creda nel suo messaggio d’amore, di pace e di riconciliazione. E’ questo messaggio che tutti i cristiani e noi in particolare abbiamo ricevuto la missione di trasmettere al mondo, e che acquista un valore inestimabile nell’attuale contesto del Medio Oriente. 

Lavoriamo senza sosta affinché il nostro amore per Cristo ci conduca poco a poco verso la piena comunione tra di noi. Perciò, attraverso la preghiera e l’impegno comune, dobbiamo ritornare continuamente al nostro unico Signore e Salvatore. Poiché, come ho scritto nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, che ho il piacere di offrirvi, «Gesù unisce coloro che credono in Lui e che lo amano donando loro lo Spirito di suo Padre, come pure Maria, sua madre» (n. 15). 

Affido alla Vergine Maria ciascuna delle vostre persone così come i membri delle vostre Chiese e delle vostre comunità. Ella implori per noi il suo Figlio divino affinché siamo liberati da ogni male e da ogni violenza, e questa regione del Medio Oriente conosca infine il tempo della riconciliazione e della pace. La Parola di Gesù che ho citato spesso durante questo viaggio, سَلامي أُعطيكُم  [Vi do la mia pace] (Gv 14,27), sia per noi il segno comune che daremo in nome di Cristo ai popoli di questa amata regione che aspira con impazienza alla realizzazione di questo annuncio! Grazie!

11. Cerimonia di congedo nell’Aeroporto Internazionale Rafiq Hariri di Beirut (16 settembre 2012)

Signor Presidente,Signori Presidenti del Parlamento e del Consiglio dei Ministri,Beatitudini e Fratelli nell’episcopato,Autorità civili e religiose,cari amici!

Giunto il momento della partenza, è con rammarico che lascio il caro Libano. La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue parole e per aver favorito, insieme con il Governo di cui saluto i Rappresentanti, l’organizzazione dei diversi eventi che hanno segnato la mia presenza fra voi, assecondata in modo rimarchevole dall’efficienza dei vari servizi della Repubblica e del settore privato. Ringrazio inoltre il Patriarca Bechara Boutros Rai, e tutti i Patriarchi presenti, come pure i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i fedeli che sono venuti a ricevermi. Nel visitarvi, è come se Pietro fosse venuto da voi, e voi avete ricevuto Pietro con la cordialità che caratterizza le vostre Chiese e la vostra cultura.

I miei ringraziamenti vanno in particolare all’intero popolo libanese che forma un ricco e bel mosaico e che ha saputo manifestare al Successore di Pietro il proprio entusiasmo, con l’apporto multiforme e specifico di ogni comunità. Ringrazio cordialmente le venerabili Chiese sorelle e le comunità protestanti. Ringrazio particolarmente i rappresentanti delle comunità musulmane. Durante tutto il mio soggiorno, ho potuto constatare quanto la vostra presenza ha contribuito alla riuscita del mio Viaggio. Il mondo arabo e il mondo intero avranno visto, in questi tempi agitati, dei cristiani e dei musulmani riuniti per celebrare la pace. E’ tradizionale in Medio Oriente ricevere l’ospite di passaggio con attenzione e rispetto, e voi l’avete fatto. Ne sono grato a tutti voi. Ma all’attenzione e al rispetto avete aggiunto un complemento; lo si può paragonare ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore, che mi hanno dato il desiderio di ritornare. Ve ne ringrazio in modo particolare. Dio vi benedica per questo!

Durante il mio troppo breve soggiorno, motivato principalmente dalla firma e dalla consegna dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, ho potuto incontrare le diverse componenti della vostra società. Vi sono stati momenti più ufficiali, altri più intimi, momenti di alta intensità religiosa e di fervida preghiera e altri ancora, segnati dall’entusiasmo della gioventù. Rendo grazie a Dio per queste occasioni che ha permesso, per gli incontri qualificati che ho potuto avere, e per la preghiera fatta da tutti e per tutti in Libano e in Medio Oriente, qualunque sia l’origine o la confessione religiosa di ciascuno.

Nella sua saggezza, Salomone fece appello a Hiram di Tiro, per la costruzione di una casa al Nome di Dio, un santuario per l’eternità (cfr Sir 47,13). E Hiram, che ho evocato al mio arrivo, inviò del legno proveniente dai cedri del Libano (cfr 1 Re 5,22). Legname di cedro arredavano l’interno del Tempio e recavano ghirlande di fiori scolpiti (cfr 1 Re 6,18). Il Libano era presente nel Santuario di Dio. Possano il Libano di oggi, i suoi abitanti, continuare ad essere presenti nel santuario di Dio! Possa il Libano continuare ad essere uno spazio in cui gli uomini e le donne vivano in armonia e in pace gli uni con gli altri per offrire al mondo non solo la testimonianza dell’esistenza di Dio, primo tema del Sinodo trascorso, ma ugualmente quella  della comunione tra gli uomini, secondo tema dello stesso Sinodo, qualunque sia la loro sensibilità politica, comunitaria e religiosa!

Prego Dio per il Libano, affinché viva in pace e resista con coraggio a tutto ciò che potrebbe distruggerla o minacciarla. Auguro al Libano di continuare a permettere la pluralità delle tradizioni religiose e a non ascoltare la voce di coloro che vogliono impedirla. Auguro al Libano di rafforzare la comunione fra tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro comunità e la loro religione, rifiutando in modo risoluto tutto ciò che potrebbe condurre alla disunione, e scegliendo con determinazione la fraternità. Questi sono fiori graditi a Dio, virtù che sono possibili e che converrebbe consolidare radicandole maggiormente.

La Vergine Maria, venerata con devozione e tenerezza dai fedeli delle confessioni religiose presenti qui, è un modello sicuro per proseguire con speranza sulla via di una fraternità vissuta ed autentica. Il Libano l’ha ben compreso proclamando, qualche tempo fa, il 25 marzo come giorno festivo, permettendo così a tutti i suoi abitanti di poter vivere maggiormente la loro unità nella serenità. Che la Vergine Maria, i cui antichi santuari sono così numerosi nel vostro Paese, continui ad accompagnarvi e ad ispirarvi!

Dio benedica il Libano e tutti i libanesi. Non cessi di attirarli a sé per donare loro la vita eterna! Li colmi della sua gioia, della sua pace e della sua luce! Dio benedica tutto il Medio Oriente! Su ciascuno e ciascuna di voi invoco di tutto cuore l’abbondanza delle Benedizioni divine. لِيُبَارِك الربُّ جميعَكُم  [Dio vi benedica tutti!].

© Copyright 2012 – Libreria Editrice Vaticana