Vita Chiesa
Papa in Egitto. Padre Zaky: il lascito di Francesco è la via dell’unità e del perdono
Una visita che segna uno «spartiacque» per la comunità cattolica egiziana. Per padre Toma Adly Zaky, rettore del seminario maggiore copto di al-Maadi, Papa Francesco lascia una grande eredità ai cattolici dell’Egitto: proseguire sulla strada dell’unità, della cooperazione non solo con le Chiese ma anche con le Istituzioni, ma soprattutto dell’umiltà e del perdono. Passi quasi obbligati per i cattolici locali se vogliono davvero essere «seminatori di speranza e operatori di dialogo» nella società egiziana. A padre Zaky, che ha dato il benvenuto a Papa Francesco, il 29 aprile pomeriggio al seminario copto durante l’incontro con il clero e i consacrati, il Sir ha chiesto un bilancio del viaggio apostolico.
Qual è il suo bilancio della visita in Egitto e quali frutti potrebbe donare alla comunità cristiana e a tutto il Paese?
«È stata una grande visita che ha confermato, davanti al mondo, che malgrado gli attentati terroristici siamo un Paese sicuro. Questo viaggio ci ha dato consapevolezza che possiamo fare molto in Egitto se restiamo tutti uniti, popolo, Governo, organizzazioni sociali, esercito. Un viaggio che ci dona un modello di collaborazione da seguire anche in futuro e che spero lasci frutti importanti per la comunità cristiana e cattolica».
C’è un frutto in particolare che emerge sin da ora?
«L’incoraggiamento del Papa ai cattolici egiziani. La sua presenza ci ha dato l’opportunità di vivere uniti, copti, caldei, maroniti, latini, armeni, melkiti, questa visita. Ci ha donato un nuovo spirito per andare avanti sulla strada dell’unità e la pace. Una visita storica anche per le chiare implicazioni ecumeniche e interreligiose».
Uno dei momenti più belli del viaggio – trasmesso in diretta televisiva – è stata la messa nello stadio dell’Aeronautica, davanti a oltre 25mila fedeli da tutto l’Egitto…
«Per questa celebrazione dobbiamo ringraziare l’esercito che si è prodigato per permettere ai tanti fedeli di arrivare al Cairo in sicurezza. Moltissimi egiziani, non solo quelli di fede cristiana, hanno seguito i momenti della visita papale grazie alla diretta televisiva e sono rimasti colpiti dalle parole e dai gesti del Pontefice che hanno espresso amore, pace, concordia, carità. Tanti opinionisti hanno commentato positivamente questo viaggio che farà molto bene alla nostra Nazione».
In un Paese colpito dal terrorismo hanno fatto riflettere le parole di Papa Francesco: «L’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità». Che valore hanno queste parole per i cristiani e per i cattolici egiziani?
«Il Pontefice ha ribadito che non esistono limiti alla carità, che è l’unica via da praticare e testimoniare. E si testimonia anche attraverso il perdono, atto essenziale nella vita di tutti i cristiani, non solo quelli egiziani o mediorientali. Per praticare l’amore dobbiamo anche saper perdonare. La risposta più bella alla violenza e al terrorismo».
Crede che con questo viaggio potranno anche migliorare le condizioni di vita dei cristiani in termini di cittadinanza e, quindi, un riconoscimento della loro presenza operosa nella società egiziana?
«Non ne faccio una questione di diritti e doveri. La nostra nazione ha potuto vedere ciò che i cristiani possono dare per la crescita pacifica e tollerante del Paese e mostrarne il volto più bello».
Papa Francesco ha incontrato oltre 1.500 tra seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose. Nel suo discorso ha posto l’attenzione su sette tentazioni da rifuggire per essere «seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia»…
Il Papa ci ha indicato la via da percorrere per rinnovare la nostra vita di consacrati. Avremo molto su cui meditare e riflettere in vista di un impegno di vita sempre più coerente con il Vangelo. Dobbiamo rinnovarci se vogliamo essere, come dice il Pontefice, il «locomotore» dell’Egitto sui binari della carità e del perdono».
Non crede che l’immagine del locomotore applicata all’esigua minoranza cattolica – circa 300mila fedeli su oltre 90 milioni di egiziani – possa apparire un paradosso?
«Considero quest’immagine del locomotore una grande iniezione di fiducia per la nostra comunità cattolica che vuole dare il suo contributo anche alla crescita umana della società egiziana. Contributo che già diamo con le nostre attività nel campo dell’istruzione, dell’accoglienza dei migranti da Sudan, Eritrea, Siria, e Iraq, e del sostegno dei più bisognosi, malati, anziani, disabili, i cosiddetti scartati. Impegni che dovremo alimentare per il futuro».
Salutando il Pontefice, prima della Liturgia della Parola nel seminario, lei non ha nascosto la difficoltà delle sfide insite nella vita consacrata dove, cito testuale, «gli scontri non sono tra bene e male ma spesso un bene e un altro bene…». Come vincere questa sfida tra due beni?
«Difficile trovare una sintesi tra due beni. Ognuno vede il bene comune dal suo punto di vista. Spesso i conflitti nella vita consacrata nascono da qui. Il Pontefice ci ha indicato la via per superare le divergenze: l’umiltà. Questa è un’altra grande lezione che ci lascia il Papa. E credo fortemente che questa indicazione sia valida per tutti i cristiani mediorientali».
Da rettore del Seminario, crede che questo viaggio donerà nuove vocazioni alla comunità cristiana dell’Egitto?
«Lo spero. Nel mio cuore resterà indelebile la benedizione del Papa degli abiti sacerdotali di tre seminaristi. Papa Francesco aiuterà molto i giovani a riflettere su una possibile vocazione alla vita sacerdotale e consacrata. Questa visita è un grande dono per tutto l’Egitto».