Vita Chiesa

Papa in Armenia, Messa a Gyumri: «c’è bisogno di cristiani disponibili e aperti, pronti a servire»

Siamo nella regione Nord-occidentale della Armenia, a pochi chilometri dal confine chiuso con la Turchia. Il Papa è venuto in terra armena per rendere grazie e incoraggiare il popolo armeno per la sua fede e per la sua storia. Rivolgendosi nell’omelia alla comunità cattolica di Armenia, il Papa ha indicato «tre basi stabili su cui possiamo edificare e riedificare la vita cristiana, senza stancarci».

Il primo fondamento è la memoria. «La memoria del vostro popolo – dice Francesco – è molto antica e preziosa. Nelle vostre voci risuonano quelle dei sapienti santi del passato; nelle vostre parole c’è l’eco di chi ha creato il vostro alfabeto allo scopo di annunciare la Parola di Dio; nei vostri canti si fondono i gemiti e le gioie della vostra storia. Pensando a tutto questo potete riconoscere certamente la presenza di Dio: Egli non vi ha lasciati soli».

La fede è la seconda indicazione perché c’è «sempre un pericolo, che può far sbiadire la luce della fede: è la tentazione di ridurla a qualcosa del passato, a qualcosa di importante ma che appartiene ad altri tempi, come se la fede fosse un bel libro di miniature da conservare in un museo». La fede è «la speranza per il vostro avvenire, la luce nel cammino della vita».

Il terzo fondamento è l’amore misericordioso. È qui che il Papa chiama il popolo armeno alla «comunione», alla «carità», al prendersi cura «con coraggio e compassione, dei deboli e dei poveri». «C’è tanto bisogno di questo – aggiunge Francesco -: c’è bisogno di cristiani che non si lascino abbattere dalle fatiche e non si scoraggino per le avversità, ma siano disponibili e aperti, pronti a servire; c’è bisogno di uomini di buona volontà, che di fatto e non solo a parole aiutino i fratelli e le sorelle in difficoltà; c’è bisogno di società più giuste, nelle quali ciascuno possa avere una vita dignitosa e in primo luogo un lavoro equamente retribuito».

Il saluto del vescovo cattolico. «A nome del nostro popolo armeno, che durante i secoli passati ha dato alla Chiesa milioni di martiri e che ancora oggi continua a subire sofferenze e persecuzioni per la sua fede e per la sua appartenenza identitaria, non posso che dirle un sincero grazie». Lo ha detto monsignor Raphael Minassian, ordinario per gli armeni cattolici dell’Europa orientale, nel saluto al Papa al termine della Santa Messa votiva della Misericordia di Dio, celebrata secondo il rito latino, a Gyumri in piazza Vartanants. «Grazie Santo Padre. Grazie Papa Francesco – ha detto il vescovo – per questi momenti così spiritualmente preziosi offertici. Questo grazie sorge dai cuori dei figli di questa terra martoriata, figli di un popolo che crede ancora nella Resurrezione e che ha testimoniato e testimonia ancora la sua fedeltà al Vangelo anche con il suo sangue, popolo che ha messo tutta la sua speranza nella Croce». «C’è tutto un popolo, una Nazione cristiana che la ringrazia di cuore, Santità, un popolo che testimonia la sua appartenenza al popolo di Dio non solo nel martirio ma anche nella vita quotidiana, nella famiglia, nella società, nella politica e nella vita vissuta anche se non sono pochi i problemi da affrontare». «Grazie Santità per questa sua visita provvidenziale che auspico possa essere seme di una vera unità ecclesiale, nazionale, e di un cammino verso l’unica meta che è quella del Risorto e della sua preghiera: ut unum sint».

«Santità – ha quindi concluso mons. Minassian – mi permetta di chiederle una grazia speciale mentre varie regioni del mondo sono bagnate nel sangue di tanti innocenti, mentre i cristiani soffrono il martirio, mentre sono perseguitati deportati e costretti ad abbandonare terre e averi alla ricerca di un angolo pacifico e tra questi ci sono tante famiglie armene. Mentre il mondo vive spesso tutto questo nella indifferenza, vorrei che tramite la sua preghiera e la benedizione, benedica questa nostra nazione, questo nostro popolo armeno, in questo anno della misericordia, sia consacrato alla Misericordia divina e al sacro cuore di Maria».