Vita Chiesa
Papa in Armenia: dal 24 al 26 giugno sui luoghi dello «Medz Yeghern»
Il viaggio in Armenia è stato presentato questa mattina ai giornalisti dal direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi che ha ricordato come questa visita apostolica vada inserita nel più ampio quadro di un viaggio a due tappe nel Caucaso: in Armenia a fine giugno e poi a settembre in Georgia e Azerbaigian.
Alla domanda dei giornalisti sul perché il Papa non abbia unito i due viaggi, Lombardi ha risposto: «Onestamente non sono membro della organizzazione e non so. Una cosa che però ho sentito. In questo periodo in Georgia non si sarebbe trovato il patriarca georgiano e questo è un elemento oggettivo».
Diversi sono i motivi che hanno spinto Papa Francesco in Armenia. Il Catholicos della Chiesa apostolica armena Karekin II era venuto a Roma per la elezione del papa e quindi Francesco aveva il desiderio di ricambiare la visita. In Armenia, poi, il Papa visiterà la comunità cattolica e «manifesterà a tutto il popolo armeno la sua vicinanza, il sostegno e la sua amicizia».
Per tutta la durata del suo soggiorno, il Papa sarà ospite insieme al suo seguito del Catholicos Karekin II nella sede di Etchmiadzin e sarà sempre accompagnato dal Patriarca in tutte le tappe del viaggio. Se la giornata del venerdì sarà dedicata a salutare le autorità politiche e religiose del Paese, il giorno dopo, sabato 25 giugno, ci sarà la visita al memoriale dello Medz Yeghern, la «Fortezza delle rondini» come la chiamano in Armenia, luogo in cui si fa memoria del «Grande Male».
Il Papa e il Catholicos saranno accolti dal presidente dell’Armenia e deporranno una corona di fiori. E’ previsto in questa occasione l’incontro con una decina di discendenti di perseguitati che furono ospitati a Castel Gandolfo da Papa Benedetto XV. Dopo un trasferimento in aereo a Gymur, nel nord dell’Armenia, il Papa celebrerà per la comunità cattolica del Paese una messa in piazza all’aperto.
Di ritorno a Yerevan nello stesso giorno, alle 19 in piazza della Repubblica è previsto l’incontro ecumenico con la preghiera per la pace. Sarà «l’evento più importante come rilevanza pubblica» cui sono attese decine di migliaia di persone. Domenica 26 giugno il Papa parteciperà alla Divina Liturgia presieduta dal Catholicos e prima di ripartire per Roma, si recherà nel pomeriggio a Khor Virap, «monastero molto amato» dal popolo armeno dove secondo la tradizione san Gregorio l’illuminatore fu tenuto prigioniero: qui davanti al monte Ararat libererà due colombe come «desiderio di pace in un paese che ne ha bisogno».
La parola armena «Medz Yeghern» è addirittura «più forte» del termine genocidio, ha risposto padre Federico Lombardi alla domanda sul perché in Vaticano c’è ancora una certa ritrosia ad usare il termine genocidio per indicare la persecuzione ed eliminazione che il popolo armeno subì nel 1915. «Perché – ha chiesto Lombardi – c’è tutta questa ossessione nel fare le domande su questo?». Ed ha aggiunto: «Sappiamo cosa è successo. Nessuno nega che ci siano stati massacri orribili e lo riconosciamo. Però non vogliamo fare di questo una trappola di discussioni politiche perché andiamo alla sostanza. E’ una tragedia enorme».
Alla presentazione questa mattina del viaggio apostolico di papa Francesco in Armenia era presente anche monsignor Antranig Ayvazian, professore della Università di Yerevan, che ha ricordato che anche la sua famiglia fu sterminata nel corso del genocidio e ha sottolineato come il termine armeno «Medz Yeghern» significa letteralmente: «sradicamento ed eliminazione di tutto il popolo nel sangue». «La Santa Sede – ha poi aggiunto – deve avere neutralità in problemi che possono avere un risvolto politico. Ha il diritto di esserlo e deve essere neutrale verso tutte le popolazioni anche se nemiche tra loro perché solo così potrà essere portatore di pace e favorire la convivenza tra i popoli. Questa è la missione del Santo Padre». A questo punto, padre Lombardi ha letto un brano del messaggio che lo scorso anno papa Francesco inviò al popolo armeno: «Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh. Si tratta di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace». Significativo quindi in questo senso per la pace in Nagorno Karabakh e tra l’Armenia e la Turchia sarà la liberazione delle due colombe al monastero di Khor Virap, che si trova molto vicino al confine turco e ai piedi del Monte Ararat.
Tutto il popolo armeno attende Papa Francesco. Lo ha detto monsignor Antranig Ayvazian. «Il popolo armeno è un popolo sentimentale e non dimentica il bene ricevuto». «Da Papa Francesco aspettiamo tutto il bene. La sua presenza è per noi una benedizione. Il popolo lo aspetta – ha detto mons. Ayvazian -. Fateci vedere il Santo Padre, dice la gente, anche se da lontano. C’è nei suoi confronti un sentimento filiale verso un padre universale della Chiesa e nonostante il 90% della popolazione non è cattolico, per tutti il nome di Francesco è una chiave di gioia, di serenità e di speranza di un futuro per l’Armenia migliore di quello che è oggi».
Il professore ha ripercorso la storia del popolo «circondata di avvenimenti dolorosi» che portarono poi al grande Genocidio che ha avuto luogo dal 1909 fino al 1922. Oggi gli armeni che vivono in Armenia sono appena 3 milioni 300 mila abitanti: in diaspora vivono 10 milioni 500 mila persone sparse nel mondo in particolare con comunità molto numerose in California negli Stati Uniti e in Russia: solo a Mosca si conta una popolazione armena di 1 milione e 500 mila persone.