Lettere in redazione
Papa in Africa, viaggio oscurato da una frase
Lucio Skola
Loris Bianchi
Kenny Fabbri
Altro discorso per la Nigeria cattolica, dove grazie ai richiami della Chiesa alla castità e alla monogamia, i malati della peste del secolo sono quasi inesistenti. Se la sessualità si esercita sganciata dalla responsabilità, il moloch Aids si farà beffe di lascivi e incontinenti. Tanto nei paesi indigenti, quanto nel crapulone Occidente.
L’affermazione del Papa, convalidata del resto da illustri studiosi, secondo cui il solo uso del preservativo non può risolvere il fenomeno dell’Aids, che per l’Africa è un autentico fenomeno di massa, perché al contrario favorisce i rapporti a rischio e la promiscuità tesi questa contestata da molte Istituzioni internazionali e ovviamente dai produttori di preservativi, mentre al contempo le Case farmaceutiche, nonostante la generosa battaglia di qualche anno fa portata avanti dal Sudafrica, non vogliono produrre a prezzi accessibili quelle cure che potrebbe alleviare il male ha in molti giornali offuscato la ricchezza e la passione degli interventi di Benedetto XVI che in questo suo primo viaggio in terra d’Africa ha simbolicamente consegnato lo strumento di lavoro della loro seconda Assemblea speciale.
I due paesi visitati sono, in qualche misura, paradigmatici della situazione del Continente. Il primo, l’Angola, già colonia portoghese a forte maggioranza cattolica, esce da una devastante guerra civile, resa ancor più disumana dall’uso delle bombe a grappolo che hanno lasciato moltissimi, soprattutto giovani, privi di arti e quindi invalidi.
Il secondo, il Camerum, a maggioranza animista e quindi di per sé aperta al trascendente, conosce una comunità cattolica, attiva e preparata e una musulmana moderata, aperta e desiderosa del dialogo.
L’appello del Papa è chiaro e diretto, soprattutto carico di affetto. Si rivolge direttamente agli africani «come artefici del proprio sviluppo» e li «invita a mettersi in cammino», superando le troppe guerre e guerriglie che la dilaniano e che la privano di uomini e di risorse.
L’Africa ce la può fare, soprattutto se l’Europa e l’America la aiuteranno, senza strumentalizzazioni e senza ricercare il proprio interesse come è avvenuto nel passato e purtroppo avviene ancora. Possiamo affermare che il Papa riconsegna l’Africa agli africani in un invito-appello sincero e appassionato. Ne è prova la bella preghiera pronunciata nella spianata di Luanda rivolta soprattutto ai giovani che sono la maggioranza in questo Continente cioè il futuro.