Vita Chiesa
Papa Francesco: udienza, “si ascoltano più le grandi compagnie farmaceutiche che gli operatori sanitari”
“Sembra che il tempo non è tanto buono, ma vi dico buongiorno lo stesso”. Con queste parole, pronunciate a braccio mentre la pioggia cominciava a cadere su piazza San Pietro e gli ombrelli ad aprirsi, il Papa ha cominciato l’udienza di oggi, nel Cortile di San Damaso, davanti a circa 500 persone. “Per uscire migliori da una crisi come quella attuale, che è una crisi sanitaria e al tempo stesso sociale, politica ed economica, ognuno di noi è chiamato ad assumersi la sua parte di responsabilità, cioè condividere le responsabilità”, ha ribadito Francesco a proposito dell’emergenza sanitaria in corso. “Dobbiamo rispondere non solo come persone singole, ma anche a partire dal nostro gruppo di appartenenza, dal ruolo che abbiamo nella società, dai nostri principi e, se siamo credenti, dalla fede in Dio”, la rotta indicata da Francesco, che subito dopo ha denunciato: “Spesso, però, molte persone non possono partecipare alla ricostruzione del bene comune perché sono emarginate, sono escluse, sono ignorate; certi gruppi sociali non riescono a contribuirvi perché soffocati economicamente o politicamente. In alcune società, tante persone non sono libere di esprimere la propria fede e i propri valori, le proprie idee: se le esprimono con libertà, vanno in carcere. Altrove, specialmente nel mondo occidentale, molti auto-reprimono le proprie convinzioni etiche o religiose”. “Ma così non si può uscire dalla crisi, o comunque non si può uscirne migliori, usciremo in peggio”, il monito del Papa, secondo il quale “affinché tutti possiamo partecipare alla cura e alla rigenerazione dei nostri popoli, è giusto che ognuno abbia le risorse adeguate per farlo”.
Applicare il “principio di sussidiarietà”, che ha “un doppio dinamismo: dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto”. È questa, per il Papa, la ricetta per uscire dalla crisi causata dalla pandemia in corso. “Forse non capiamo che cosa significa questo, ma è un principio sociale che ci fa più uniti”, ha aggiunto a braccio. L’esempio citato è quello di Pio XI, che “dopo la grande depressione economica del 1929 spiegò quanto fosse importante per una vera ricostruzione il principio di sussidiarietà”. “Da un lato, e soprattutto in tempi di cambiamento, quando i singoli individui, le famiglie, le piccole associazioni o le comunità locali non sono in grado di raggiungere gli obiettivi primari, allora è giusto che intervengano i livelli più alti del corpo sociale, come lo Stato, per fornire le risorse necessarie ad andare avanti”, ha spiegato Francesco: “Ad esempio, a causa del lockdown per il coronavirus, molte persone, famiglie e attività economiche si sono trovate e ancora si trovano in grave difficoltà. Perciò le istituzioni pubbliche cercano di aiutare con appropriati interventi, sociali, economici, di salute”. Dall’altro lato, però, “i vertici della società devono rispettare e promuovere i livelli intermedi o minori. Infatti, il contributo degli individui, delle famiglie, delle associazioni, delle imprese, di tutti i corpi intermedi e anche delle Chiese è decisivo”.
“Oggi, questa mancanza di rispetto del principio di sussidiarietà si è diffusa come un virus”. È l’analisi del Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, pronunciata nel Cortile di San Damaso davanti a circa 500 fedeli. “Pensiamo alle grandi misure di aiuti finanziari attuate dagli Stati”, l’invito di Francesco: “Si ascoltano di più le grandi compagnie finanziarie anziché la gente o coloro che muovono l’economia reale. Si ascoltano di più le compagnie multinazionali che i movimenti sociali. Parlando in dialetto quotidiano, si ascoltano più i potenti che i deboli”. “E questo non è il cammino, non è il cammino umano, non è il cammino che ci ha insegnato Gesù, non è attuare il principio di sussidiarietà”, ha aggiunto a braccio: “Nel sottocosciente collettivo di alcuni politici, o di alcuni lavoratori sociali, c’è questo motto: tutto per il popolo, niente con il popolo. Dall’alto in basso, ma senza ascoltare la saggezza del popolo, senza far attuare questa saggezza nel risolvere questi problemi o nell’uscire da questa crisi”. “Pensiamo anche al modo di curare il virus”, l’altro esempio scelto dal Papa: “Si ascoltano più le grandi compagnie farmaceutiche che gli operatori sanitari, impegnati in prima linea negli ospedali o nei campi-profughi”. “Questa non è la strada buona, tutti vanno ascoltati, quelli che sono in alto e quelli che sono in basso”, la denuncia di Francesco, secondo il quale “per uscire migliori da un a crisi, il principio di sussidiarietà dev’essere attuato, rispettando l’autonomia e la capacità di iniziativa di tutti, specialmente degli ultimi”.
I “contributi dal basso vanno incentivati”. Ne è convinto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, nel Cortile di San Damaso davanti a circa 500 fedeli, ha esclamato a braccio: “Ma quanto è bello vedere il lavoro dei volontari nella crisi! Volontari che vengono da tutte le parti sociali: dalle famiglie più benestanti, dalle famiglie più povere…Ma tutti insieme, per uscire dalla crisi. Questo è solidarietà, e questo è il principio di sussidiarietà”. “Durante il lockdown è nato spontaneo il gesto dell’applauso per i medici, gli infermieri e le infermiere, come segno di incoraggiamento e di speranza”, ha ricordato Francesco: “Tanti hanno rischiato la vita e tanti hanno dato la vita”. “Estendiamo questo applauso ad ogni membro del corpo sociale, per il suo prezioso contributo, per quanto piccolo”, l’invito: “Applaudiamo gli scartati, quelli che questa cultura dello scarto qualifica scartati. Applaudiamo gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, applaudiamo i lavoratori, tutti quelli che si mettono al servizio. Tutti collaborano per uscire dalla crisi”. “Ma non fermiamoci solo all’applauso!”, la seconda esortazione: “Impariamo a sognare in grande, non abbiamo paura di sognare in grande. Non proviamo a ricostruire il passato: il passato è passato, ci aspettano cose nuove. La promessa del Signore è: ‘Io farò nuove tutte le cose’. Non proviamo a ricostruire il passato, soprattutto quello che era iniquo e già malato. Costruiamo un futuro dove la dimensione locale e quella globale si arricchiscano mutualmente”. “Ognuno può fare del suo, ognuno deve dare del suo, della sua cultura, della sua filosofia, del suo modo di pensare, dove la bellezza e la ricchezza dei gruppi minori , anche dei gruppi scartati, possa fiorire, perché c’è bellezza lì pure”, ha concluso a braccio: “Dove chi ha di più si impegni a servire e a dare di più a chi ha di meno”.