Vita Chiesa
Papa Francesco, udienza, «non è cristiano camminare con lo sguardo rivolto verso il basso»
«Il nostro Dio è un Dio che crea novità, perché è il Dio delle sorprese», ha aggiunto a braccio, «novità e sorprese». Francesco ha stigmatizzato alcuni atteggiamenti: «Come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo, e noi fossimo costretti ad un eterno girovagare, senza alcuna ragione per tante nostre fatiche». La pagine finali della Bibbia, invece, «ci mostrano l’orizzonte ultimo del cammino del credente: la Gerusalemme celeste», immaginata «come una immensa tenda, dove Dio accoglierà tutti gli uomini per abitare definitivamente con loro», ha spiegato il Papa citando l’Apocalisse: «E cosa farà Dio, quando finalmente saremo con Lui? Userà una tenerezza infinita nei nostri confronti, come un padre che accoglie i suoi figli che hanno a lungo faticato e sofferto. Ecco io faccio nuove tutte le cose!». «Il Dio della novità», il commento a braccio di Francesco.
Le notizie tristi alla luce dell’Apocalisse. Nella «cronaca dei nostri giorni» si riportano «notizie tristi a cui tutti quanti rischiamo di assuefarci». Papa Francesco ha esortato i 7mila fedeli presenti in Aula Paolo VI a leggere il brano dell’Apocalisse sulla speranza cristiana – «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» – alla luce dell’attualità. «Provate a meditare questo brano della Sacra Scrittura non in maniera astratta, ma dopo aver letto una cronaca dei nostri giorni, dove si riportano notizie tristi – nelle copertine dei giornali, dove ci sono tante disgrazie – a cui tutti quanti rischiamo di assuefarci». Poi il riferimento, a braccio, ai recenti attentati terroristici: «Ho salutato alcuni da Barcellona, quante notizie tristi di là! Ho salutato alcuni dal Congo, quante notizie tristi di là! E tante altre». «Provate a pensare ai volti dei bambini impauriti dalla guerra, al pianto delle madri, ai sogni infranti di tanti giovani, ai profughi che affrontano viaggi terribili, che sono sfruttati tante volte», ha proseguito Francesco: «La vita purtroppo è anche questo. Qualche volta verrebbe da dire che è soprattutto questo. Può darsi». «Ma c’è un padre che piange lacrime di infinta pietà nei confronti dei suoi figli», ha assicurato il Papa: «Noi abbiamo un padre che sa piangere, che piange con noi, che ci aspetta per consolarci, perché conosce le nostre sofferenze e ha preparato per noi un futuro diverso. Questa è la grande visione della speranza cristiana, che si dilata su tutti i giorni della nostra esistenza, e ci vuole risollevare». « Dio non ha voluto le nostre vite per sbaglio, costringendo se stesso e noi a dure notti di angoscia», ha spiegato Francesco: «Ci ha invece creati perché ci vuole felici. È il nostro Padre, e se noi qui, ora, sperimentiamo una vita che non è quella che egli ha voluto per noi, Gesù ci garantisce che Dio stesso sta operando il suo riscatto. Lui lavora per riscattarci». «Noi crediamo e sappiamo che la morte e l’odio non sono le ultime parole pronunciate sulla parabola dell’esistenza umana», ha sintetizzato il Papa.
La mia anima è in primavera o in autunno? «Io sono un uomo, una donna, una ragazza, un ragazzo, di primavera o di autunno? La mia anima è in primavera o è in autunno?», ha chiesto, a braccio, il Papa, ai 7mila fedeli presenti oggi in Aula Paolo VI per l’udienza generale. «Sono una persona che aspetta il sole, Gesù, o di autunno, con la faccia verso il basso, amareggiato, con la faccia dei peperoncini all’aceto?», ha proseguito Francesco ancora fuori testo: «Ognuno risponda nel suo cuore». «Essere cristiani implica una nuova prospettiva: uno sguardo pieno di speranza», ha spiegato il Papa: «Qualcuno crede che la vita trattenga tutte le sue felicità nella giovinezza e nel passato, e che il vivere sia un lento decadimento. Altri ancora ritengono che le nostre gioie siano solo episodiche e passeggere, e nella vita degli uomini sia iscritto il non senso. Ma noi cristiani non crediamo questo. Crediamo invece che nell’orizzonte dell’uomo c’è un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli devono ancora venire. Siamo gente più di primavera che d’autunno: scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie ingiallite sui rami. Non ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti: sappiamo che Dio ci vuole eredi di una promessa e instancabili coltivatori di sogni».
Una parola di speranza. «Il cristiano sa che il Regno di Dio, la sua signoria d’amore sta crescendo come un grande campo di grano, anche se in mezzo c’è la zizzania». È la parola di speranza con cui il Papa ha concluso l’udienza di oggi dedicata proprio a questo tema. «Sempre ci sono problemi, ci sono le chiacchiere, le guerre, le malattie – ha proseguito a braccio – e alla fine il male non vincerà, alla fine il male sarà eliminato». «Il futuro non ci appartiene, ma sappiamo che Gesù Cristo è la più grande grazia della vita», ha assicurato Francesco: «È l’abbraccio di Dio che ci attende alla fine, ma che già ora ci accompagna e ci consola nel cammino. Lui ci conduce alla grande tenda di Dio con gli uomini, con tanti altri fratelli e sorelle, e porteremo a Dio il ricordo dei giorni vissuti quaggiù. E sarà bello scoprire in quell’istante che niente è andato perduto, nessun sorriso e nessuna lacrima. Per quanto la nostra vita sia stata lunga, ci sembrerà di aver vissuto in un soffio. E che la creazione non si è arrestata al sesto giorno della Genesi, ma ha proseguito instancabile, perché Dio si è sempre preoccupato di noi. Fino al giorno in cui tutto si compirà, nel mattino in cui si estingueranno le lacrime, nell’istante stesso in cui Dio pronuncerà la sua ultima parola di benedizione: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose!’». «Sì, il nostro Padre è il Dio delle novità e delle sorprese», ha ribadito il Papa tornando sull’affermazione iniziale della catechesi: « E quel giorno noi saremo davvero felici. Piangeremo sì, ma piangeremo di gioia».
Vicinanza ai terremotati. «Rivolgo il mio pensiero ed esprimo affettuosa vicinanza a quanti soffrono a causa del terremoto che lunedì sera ha colpito l’Isola di Ischia». Così il Papa ha concluso l’udienza. Salutando, come di consueto al termine dell’udienza del mercoledì, i fedeli italiani, Francesco si è riferito alla tragedia che ha colpito la popolazione ischitana, e ha terminato: «Preghiamo per i morti, per i feriti, per i rispettivi familiari e per le persone che hanno perso la casa».