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Papa Francesco: “non dimentichiamo Palestina, Israele, Ucraina”
Papa Francesco ha poi dedicato la catechesi dell’udienza generale di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI, agli ottocento anni del presepe realizzato a Greccio da San Francesco, nel Natale 1223
“Saluto il gruppo Mediterranea Saving Humans che è qui presente e che va in mare a salvare i poveretti che fuggono dalla schiavitù dell’Africa”. Lo ha detto il Papa, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì, svoltasi in Aula Paolo VI. “Fanno un bel lavoro questi, salvano tanta gente!”, l’omaggio di Francesco: “E non dimentichiamo la gente, i popoli che soffrono in mare e per la guerra.
La guerra è sempre e solo una sconfitta, non dimentichiamo questo, soltanto arricchisce quelli che fabbricano le armi. Pensiamo alla Palestina, a Israele, pensiamo all’Ucraina. C’è presente il signor ambasciatore. L’Ucraina martoriata, che soffre tanto. E pensiamo ai bambini in guerra, alle cose che si vedono”.
“Andiamo al presepe e chiediamo a Gesù la pace”, l’invito finale: “Lui è il principe della pace”.
“Se noi cristiani guardiamo il presepe come una cosa bella, storica, anche religiosa e preghiamo, non è sufficiente: davanti al mistero dell’incarnazione del Verbo, alla nascita di Gesù, ci vuole questo atteggiamento religioso dello stupore: se io davanti ai misteri non arrivo a questo stupore, la mia fede è semplicemente superficiale, una fede da informatica”. È il monito, a braccio, del Papa, che ha dedicato la catechesi dell’udienza generale di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI, agli ottocento anni del presepe realizzato a Greccio da San Francesco, nel Natale 1223.
“Come è nato il presepe? Qual è stata l’intenzione di San Francesco?”, si è chiesto il Santo Padre, citando le parole del santo di Assisi: “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.
“Francesco non vuole realizzare una bella opera d’arte, ma suscitare, attraverso il presepe, lo stupore per l’estrema umiltà del Signore, per i disagi che ha patito, per amore nostro, nella povera grotta di Betlemme”, ha commentato il Papa: “Io ho sottolineato una parola: lo stupore. Questo è importante”, ha aggiunto a braccio.
“Il presepe nasce come scuola di sobrietà. E questo ha molto da dire anche a noi”. Ne è convinto il Papa, che ha fatto notare che “oggi il rischio di smarrire ciò che conta nella vita è grande e paradossalmente aumenta proprio sotto Natale, immersi in un consumismo che ne corrode il significato”. “Io voglio fare dei regali”, ha proseguito Francesco a braccio: “È bene, ma quella frenesia di andare a fare le spese, questo attira l’attenzione da un’altra parte e non c’è spazio per quella sobrietà del Natale: non c’è spazio interiore per lo stupore, soltanto per organizzare le feste”.
Il presepe, invece, “nasce per riportarci a ciò che conta: a Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, ma anche alle altre relazioni essenziali, come la famiglia, presente in Gesù, Giuseppe e Maria, e le persone care, i pastori”.
“Le persone prima delle cose”, il monito del Papa: “Tante volte noi mettiamo le cose prima delle persone, e questo non funziona”.
“Il presepe di Greccio, oltre che di sobrietà, parla anche di gioia, perché la gioia è una cosa differente dal divertimento”. Ha spiegato il Papa nella catechesi. “Divertirsi non è una cosa cattiva, è una cosa umana, ma la gioia è più profonda ancora, più umana”, ha detto Francesco a braccio: “E alle volte c’è la tentazione di divertirsi senza gioia: divertirsi facendo rumore, ma la gioia non c’è. È un po’ la figura del pagliaccio, che ride, fa ridere ma il cuore è triste. La gioia è la radice di un buon divertimento per Natale”.
“La sobrietà, lo stupore ti porta alla gioia, alla vera gioia, non quella artificiale”, ha detto il Papa ancora fuori testo: “Ma da cosa derivava quella straordinaria gioia natalizia? Non certo dall’avere portato a casa dei regali o dall’aver vissuto celebrazioni fastose. No, era la gioia che trabocca dal cuore quando si tocca con mano la vicinanza di Gesù, la tenerezza di Dio, che non lascia soli, ma consola”. “Vicinanza, tenerezza e compassione: così sono i tre atteggiamenti di Dio”, ha ribadito a braccio: “E guardando il presepe, pregando davanti al presepe, noi vediamo questi tre atteggiamenti di Dio”.
“Il presepe è come un piccolo pozzo dal quale attingere la vicinanza di Dio, sorgente della speranza e della gioia”,
l’esempio scelto dal Papa: “È come un Vangelo vivo, è un Vangelo domestico. È come il pozzo nella Bibbia, è il luogo dell’incontro, dove portare a Gesù, come hanno fatto i pastori di Betlemme e la gente di Greccio, le attese e le preoccupazioni della vita”.
“Portare a Gesù le attese e le preoccupazioni della vita”, la consegna finale: “Se davanti al presepe affidiamo a Gesù quanto abbiamo a cuore, proveremo anche noi una gioia grandissima. Una gioia che viene proprio dalla contemplazione dello spirito di stupore con il quale vado a contemplare questi misteri. Andiamo davanti al presepe! Ognuno guardi e si lasci sentire qualcosa nel cuore”.