Papa Francesco

Papa Francesco: “la tortura dei prigionieri non è umana”

“Il nostro pensiero, in questo momento, è alle popolazioni in guerra”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, al termine dell’udienza di oggi

“Il nostro pensiero, in questo momento, è alle popolazioni in guerra”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, al termine dell’udienza di oggi, dopo i saluti ai fedeli di lingua italiana. “Pensiamo alla Terra Santa, Palestina, Israele”, ha proseguito Francesco: “Pensiamo all’Ucraina, alla martoriata Ucraina. Pensiamo ai prigionieri di guerra: che il Signore muova la volontà per liberarli tutti”. “E parlando di prigionieri- ha proseguito il Santo Padre sempre fuori testo – mi vengono in mente coloro che sono torturati. La tortura dei prigionieri è una cosa bruttissima, non è umana. Pensiamo a tante torture che feriscono la dignità della persona e a tanti torturati. Il Signore aiuti tutti e benedica tutti”.

“Le persone senza temperanza sono inaffidabili, sempre”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata alla temperanza, “la virtù della giusta misura”, che “in ogni situazione, si comporta con saggezza, perché le persone che agiscono mosse sempre dall’impeto o dall’esuberanza alla fine sono inaffidabili”. In greco, ha ricordato Francesco citando Aristotele, la temperanza è “enkráteia”, che letteralmente significa “potere su se stessi”: “è la capacità di autodominio, l’arte di non farsi travolgere da passioni ribelli, di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”. “In un mondo dove tanta gente si vanta di dire quello che pensa, la persona temperante preferisce invece pensare quello che dice”, ha spiegato Francesco: “Non dire quello che mi viene in mente, pensare quello che devo dire. Non fa promesse a vanvera, ma assume impegni nella misura in cui li può soddisfare”. “La persona temperante sa pesare e dosare bene le parole”, ha proseguito il Papa: “Pensa quello che dice. Non permette che un momento di rabbia rovini relazioni e amicizie che poi solo con fatica potranno essere ricostruite. Specialmente nella vita famigliare, dove le inibizioni si abbassano, tutti corriamo il rischio di non tenere a freno tensioni, irritazioni, arrabbiature. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere, ma entrambi richiedono la giusta misura. E questo vale per tante cose, ad esempio lo stare con gli altri e lo stare da soli”.